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Prato, operai pestati dai “caporali”: sotto accusa l’inerzia di chi non ha indagato

di Paolo Nencioni
Prato, operai pestati dai “caporali”: sotto accusa l’inerzia di chi non ha indagato

In Procura non sarebbero arrivate tutte le segnalazioni delle aggressioni, si allarga la frattura coi carabinieri

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PRATO. L’inchiesta che ha portato all’emissione di quattro misure cautelari nei confronti di altrettanti presunti “caporali” al servizio della proprietà della società di logistica Acca di Seano ha fatto emergere un problema forse ancora più preoccupante: la presunta inerzia di chi doveva indagare sui pestaggi degli operai e invece non lo ha fatto. In particolare di alcuni carabinieri della stazione di Carmignano.

Agli occhi più attenti non è sfuggita l’assenza, nel comunicato di martedì della Procura, dei reparti territoriali dell’Arma tra coloro che hanno condotto le indagini sulle condizioni di lavoro nel magazzino di Seano e sulle aggressioni ai lavoratori che si erano iscritti al sindacato Sudd Cobas e reclamavano il rispetto dei loro diritti.

Non è un’assenza casuale. Le indagini sono state affidate alla Digos della polizia e al Nucleo dei carabinieri dell’Ispettorato del lavoro perché la Procura a un certo punto si è convinta che di qualcuno non ci si poteva fidare. Su questo aspetto della vicenda continuano gli accertamenti, anche se non è dato sapere se ci siano militari indagati. C’è però un fatto. Non risulta che in Procura siano arrivate le segnalazioni di tutte le aggressioni (che pure venivano raccontate sui giornali) e non c’è traccia di significativi accertamenti investigativi su quei pestaggi (sei, dal 23 aprile 2023 al 9 marzo 2024, non tutte a Carmignano).

Su questi fatti è stato sentito il sindacalista del Sudd Cobas Luca Toscano, che nei mesi scorsi ha raccontato quanto riferito dai lavoratori della Acca, e cioè che il presunto caporale pachistano Sultan Babar, lo stesso accusato di aver messo un rilevatore Gps sotto l’auto di almeno uno degli operai, si vantava di avere amicizie tra i carabinieri. Potrebbe essere una semplice millanteria, tutta da verificare. Ma i lavoratori hanno raccontato anche un episodio specifico. Un giorno, dicono, si rifiutarono di movimentare alcuni pacchi particolarmente pesanti nel magazzino di via Copernico e poco dopo sarebbero arrivati in azienda i carabinieri per “consigliare” loro di riprendere il lavoro, altrimenti sarebbero stati licenziati. Un intervento, se confermato, quantomeno irrituale in una controversia tra operai e datore di lavoro in cui è difficile vedere la necessità di una mediazione affidata alle forze dell’ordine.

Ma il caso della Acca è solo l’ultimo di una lunga serie che racconta di un rapporto difficile tra i carabinieri del Comando provinciale e la Procura. Alla fine di maggio dell’anno scorso è scoppiato il caso Turini, l’arresto dell’allora comandante della Compagnia di Prato accusato di aver fatto favori illeciti all’imprenditore Riccardo Matteini Bresci e all’investigatore privato torinese Riccardo Moretti. In una costola di quell’inchiesta risulta indagato un luogotenente dei carabinieri accusato di aver falsificato alcuni atti per far risultare la sua partecipazione alle riunioni dell’organo di rappresentanza sindaca Co.Bar. Un’altra indagine, non ancora chiusa, riguarda invece una presunta fuga di notizie addebitata a un altro luogotenente. E sono numerose le segnalazioni inviate dalla Procura al Comando provinciale per comportamenti di militari ritenuti inopportuni. La frattura, insomma, è ormai conclamata. 

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