Prato, lavoratori pestati perché chiedevano il rispetto dei diritti: scattano quattro misure cautelari
Arrestato il presunto “caporale”, divieto di dimora per un pachistano e due cinesi, anche loro accusati di aver gestito la manodopera irregolare
PRATO. E’ arrivata l’ora della giustizia per i lavoratori sfruttati della Acca, l’azienda di logistica cinese di Seano (Carmignano) che da un paio di anni erano sottoposti a vessazioni e pestaggi per aver reclamato il rispetto del contratto di lavoro. Il procuratore Luca Tescaroli ha reso noto che sono state applicate quattro misure cautelari nei confronti di due pachistani e di due cinesi.
Un pachistano di 45 anni, il presunto “caporale” al servizio della proprietà cinese, è finito agli arresti domiciliari; un altro pachistano di 56 anni è stato sottoposto al divieto di dimora in provincia di Prato; stessa misura per due cinesi di 49 e 50 anni. Sostanzialmente si tratta di quattro presunti “caporali”. I quattro infatti sono accusati a vario titolo di concorso nell’intermediazione illecita del lavoro (il caporalato), sfruttamento del lavoro aggravato dall’uso di violenza e minaccia, rapina aggravata e lesioni personali plurime per i pestaggi ai lavoratori.
Lavoratori che, spiega una nota della Procura, «per sopravvivere sono stati costretti a subire condizioni incompatibili con la dignità umana».
Era da un paio di anni che il sindacato Sudd Cobas, al quale sono iscritti alcuni lavoratori sfruttati, denunciava il pestaggio sistematico degli operai con la complicità di un “caporale” pachistano ma finora nulla si era mosso. Con l’arrivo del procuratore Tescaroli, e grazie alle indagini del Nucleo carabinieri presso l’Ispettorato del lavoro, della Digos e del Dipartimento di prevenzione dell’Asl, c’è stata la svolta.
La Acca di Seano è una delle tre aziende di logistica cinese che lo scorso 16 febbraio sono state destinatarie di altrettanti pacchi incendiari (insieme alla Xsd di via dei Confini a Prato e alla Elt Express di via di Maiano a Campi Bisenzio). E la stessa Acca è stata coinvolta in un’indagine della Finanza su una maxi-frode fiscale.
Minimizzare i costi per massimizzare i profitti: questo il principio guida alla Acca, secondo quanto hanno raccontato i lavoratori, costretti a turni di 12 ore, sette giorni su sette, pausa pranzo di un quarto d’ora, assunzioni in nero e licenziamenti arbitrari. Insomma, il solito Far West.
Centrale è la figura del presunto “caporale” pachistano. A un certo punto i lavoratori che protestavano contro lo sfruttamento e venivano picchiati al ritorno a casa hanno scoperto che in almeno un’occasione sarebbe stato piazzato un gps sotto una delle loro auto per controllare i loro spostamenti e forse per pianificare un agguato.
Mentre la Digos indagava su questo aspetto, sono scattati i controlli dell’Asl sulle condizioni di sicurezza nel magazzino di via Copernico, ma anche dopo le prescrizioni impartite dall’azienda sanitaria tutto è continuato come se nulla fosse nelle stesse condizioni.
Quando una parte dei lavoratori ha deciso di affidarsi al Sudd Cobas per reclamare il rispetto dei diritti sono iniziati i pestaggi. La Procura ne conta sei, dal 23 aprile 2023 al 9 marzo 2024. Alcuni lavoratori hanno collaborato alle indagini, altri hanno preferito tacere, e questo secondo la Procura conferma il clima di intimidazione all’interno dell’azienda.