I fratelli Buonfiglio chiedono di essere messi fuori dal carcere
I loro legali di fiducia hanno presentato l’istanza al Tribunale del Riesame Cruciali i rapporti di lavoro con l’imprenditore Barba
PONSACCO. I fratelli Walter e Giorgio Buonfiglio, residenti a Ponsacco e titolari dell’Italian Food di San Miniato, restano in carcere. Nel corso dell’udienza di convalida davanti al Gip Giulio Cesare Cipolletta si sono avvalsi della facoltà di non rispondere e i loro difensori dello studio Fasolino di Nocera Inferiore hanno presentato istanza al tribunale del Riesame per chiederne la scarcerazione. Il loro arresto è scattato in seguito ad una complessa indagine per i reati di frode in commercio ma anche per autoriciclaggio. Secondo la ricostruzione degli inquirenti, i due fratelli Buonfiglio avrebbero avuto rapporti commerciali con Ciro Barba, imprenditore di Nocera Inferiore, anche lui arrestato, che avrebbe fornito loro prodotti alimentari. Prodotti non corrispondenti a quanto dichiarato in etichetta. Sugli alimenti biologici, in particolare il concentrato di succo di mela, i prodotti descritti non erano tali oppure risultavano di materie non provenienti dall’Unione europea. Ciro Barba è stato assessore della Dc e poi vicino al Psi e su di lui la Finanza aveva avviato indagini da tempo sequestrandogli l’ingente patrimonio di sua proprietà poi dissequestrato a metà giugno. Secondo la Procura di Nocera Barba aveva studiato un meccanismo per evitare di incorrere nelle misure interdittive antimafia. E una volta indagato, avrebbe cercato di dissimulare la guida di alcune società a lui riconducibili, impegnate nell’agroalimentare sia in Campania che in Toscana. E i rapporti tra la provincia pisana e la Campania sono al centro anche delle indagini aperte dalla Procura di Pisa su una presunta maxi frode alimentare costruita sul concentrato di succo di mela che di biologico, anche se veniva venduto con queste caratteristiche, aveva ben poco.
Nell’indagine, che ha portato 8 persone in carcere mentre un imprenditore serbo resta indagato in stato di libertà, sono rimasti coinvolti anche quattro dipendenti dell’Italian Food. Intercettazioni telefoniche e ambientali li hanno però collegati al giro. Secondo la Finanza, il prodotto sofisticato era ottenuto da aziende formalmente localizzate in Serbia e in Croazia, ma di fatto gestite direttamente dall’Italia dai due fratelli di Ponsacco, collocati al vertice di un’associazione a delinquere che poteva contare sulla collaborazione attiva dei propri dipendenti e altri soggetti esteri compiacenti, aderendo ciascuno ad un ruolo specifico nell’intera filiera della frode. Intanto, in carcere sono stati interrogati dal pm i due dipendenti Antonino Lo Vullo e Michele Giustimiani. Entrambi stanno collaborando con gli inquirenti, cercando di chiarire le loro posizioni, esattamente come le due impiegate Maria Policastro e Beatrice Caponi alle quali viene riconosciuto un ruolo marginale nella vicenda. —
S.C.
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