Omicidio della guardia giurata, il massacro registrato dalla “dash cam” nell’auto. Il presunto killer un ex campione di arti marziali
Federico Perissi è stato colpito prima con la scacciacani e poi finito con una pietra: da capire come mai abbia accettato di dare il passaggio
FIRENZE. Sarebbe stato registrato dalla telecamera di sicurezza installata sul parabrezza della sua Yaris rossa l’omicidio di Federico Perissi. Gli inquirenti mantengono il massimo riserbo, ma le immagini avrebbero immortalato il momento in cui, domenica notte, con il calcio di una pistola scacciacani, l’assassino colpisce ripetutamente sulla testa la 45enne guardia giurata fiorentina. Non si sa se quei colpi siano stati o meno la causa della morte o se l’uomo sia stato finito a colpi di pietra, talmente violenti da sfondare la scatola cranica, una volta scaricato dall’abitacolo sotto un cavalcavia nei pressi del lago di Bilancino, nel comune di Barberino del Mugello. A stabilirlo dovrà essere l’autopsia disposta dalla procura di Firenze.
Fatto sta che per quell’omicidio si trova da lunedì 14 aprile in carcere Mor N’Diaye, 41enne di origini senegalesi nato a Genova e residente a Campi Bisenzio, ex campione di arti marziali conosciuto nel mondo della Mma col nome di Jamie Mike Stewart. L’uomo, che ultimamente lavorava come addetto alla sicurezza in un negozio di lusso nel centro storico di Firenze, è stato arrestato lunedì mattina a Ferrara, dopo una rocambolesca fuga a piedi dopo un incidente in autostrada con l’auto della vittima, il furto di alcuni vestiti nello spogliatoio di una piscina e il tentativo di rapinare un’altra auto a una donna. Interrogato dalla polizia, che lo aveva trovato ancora sporco di sangue (nonostante si fosse liberato degli abiti che indossava durante l’aggressione) e in possesso di due carte di credito della guardia giurata, avrebbe alla fine confessato di aver commesso l’omicidio.
I punti da chiarire
Comunque sono ancora molti i particolari della vicenda che gli investigatori della squadra mobile di Firenze, diretti dalla pm Laura Serranti, dovranno ancora chiarire. Tra questi, il tipo di legame tra Federico Perissi e Mor N’Diaye. È probabile che i due si siano conosciuti per questioni legate al lavoro, visto che anche l’indagato ultimamente lavorava nel settore della sicurezza. Dal 6 aprile l’ex campione di Mma si trovava agli arresti domiciliari nella sua abitazione di Campi Bisenzio, dove vive con la compagna incinta e una figlia. La sera del 4 era finito in manette con le accuse di sequestro di persona, detenzioni di stupefacenti e resistenza e lesioni a pubblico ufficiale. Dopo essere entrato in un locale di Novoli e aver trascinato fuori per il collo un suo giovane conoscente accusandolo di avergli rubato una torcia elettrica, all’interno della quale erano nascoste 18 dosi di cocaina. E poi averlo costretto a salire in auto minacciandolo con una scacciacani per portarlo a fare un prelievo di 200 euro a un bancomat.
Il viaggio in macchina
È in seguito a quell’arresto che Mor N’Diaye si è trovato in auto con Federico Perissi. Sembra che infatti, saputo che la guardia giurata sarebbe andata in ferie per qualche giorno in Austria, gli abbia chiesto un passaggio per fuggire dall’Italia, approfittando del fatto che il braccialetto elettronico impostogli dal gip del tribunale non era ancora funzionante. Ed è stato durante il viaggio insieme che è accaduto qualcosa che ha scatenato la sua furia omicida. Non si sa se i due – dopo che Perissi, domenica sera, aveva salutato genitori e fratello con cui viveva in una villetta a Porta Romana – stessero percorrendo l’autostrada oppure la normale viabilità. Certo è che dopo aver colpito la guardia giurata alla testa, N’Diaye si è messo alla guida della Yaris rossa e ha raggiunto un luogo isolato tra il lago di Bilancino e Barberino di Mugello. E lì, sotto un cavalcavia, ha scaricato Perissi dall’abitacolo per poi colpirlo ancora, questa volta con una pietra. Per poi nascondere il cadavere sotto alcuni sacchi pieni di detriti che si trovavano sul posto.
Il tamponamento
Dopo ciò, alcune ore di vuoto. N’Diaye ricompare alle 6,50 di lunedì sull’autostrada A-13, dove rimane coinvolto in un tamponamento. Si è già liberato dei vestiti sporchi di sangue e, in mutande, scappa peri campi. Per raggiungere, dopo un paio di chilometri, una piscina, dove ruba dei vestiti dagli spogliatoi. Dopodiché trova rifugio in una tenda montata all’esterno del Decathol di Ferrara. Si riposa un po’, esce, e, nel parcheggio, cerca di rubare l’auto a una donna, che però riesce a chiedere aiuto al 112. Arriva la polizia e l’uomo viene portato in questura, a Ferrara. Addosso gli trovano due carte di credito di Federico Perissi e, dopo un lungo interrogatorio, confessa l’omicidio. Il cadavere viene ritrovato a tarda sera, dopo che i poliziotti della squadra mobile di Firenze, informati dai colleghi emiliani, hanno dato il via alle ricerche, tracciando il segnale del cellulare della vittima, ancora in funzione.