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Pisa, morta dopo un’infezione: risarcimento di 1,2 milioni di euro ai familiari

Uno degli ingressi dell’ospedale di Cisanello
Uno degli ingressi dell’ospedale di Cisanello

La donna era entrata in ospedale per problemi con una protesi: il trattamento con antibiotici le ha causato una grave insufficienza renale

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PISA. Era entrata in ospedale in buona salute, a 59 anni, con l’unico problema di un’infezione alla protesi al ginocchio. Quaranta giorni dopo è morta: secondo i giudici del tribunale civile di Pisa, per una serie di errori e di valutazione sbagliate da parte dei medici. Per questo l’Azienda ospedaliero universitaria è stata condannata – in primo grado – a risarcire i familiari della donna con oltre un milione e 200mila euro.

Le tappe

I fatti risalgono alla primavera di ben 17 anni fa, quando (il 15 maggio) la signora viene ricoverata nell’unità operativa di Ortopedia 1 per la comparsa dell’infezione alla protesi. I medici la sottopongono a vari trattamenti farmacologici e a lavaggi antibiotici. Meno di un mese dopo, però, la situazione precipita a causa di una grave insufficienza renale, che il 10 giugno porta al ricovero in Nefrologia per essere sottoposta a dialisi. È in questo frangente che le cose si complicano a causa di un’infezione da Klebsiella e di una micosi da Candida. Il 24 giugno i fatti precipitano. La signora comincia ad accusare mal di testa e nausea, con episodi di vomito e pressione arteriosa molto alta. La Tac, eseguita nella notte, rivela un’emorragia cerebrale incurabile, che porta alla morte nella giornata del 25 giugno.

La difesa dell’Aoup

L’azienda ospedaliera si è costituita nel procedimento civile, instaurato a inizio 2020, rigettando le accuse e spiegando che la signora (arrivata in ospedale con un «quadro setticemico») avrebbe avuto una serie di altre problematiche, dall’obesità all’ipertensione, a una cardiopatia ipertrofica diagnosticata nel corso del ricovero. Nel merito, l’Aoup ha asserito che l’operato dei sanitari è stato corretto, sia nella scelta degli antibiotici che nel controllo dei valori di creatininemia, indicatori dell’insufficienza renale. In sostanza, secondo i documenti dell’Aoup, l’evento fatale dell’emorragia cerebrale fu imprevedibile e imprevenibile e «non riconducibile all’operato dei medici».

La perizia

Per fare luce sulla vicenda è stata affidata una perizia a due professionisti, che hanno «riscontrato criticità nella gestione della paziente». In particolare sono due i punti messi in luce. Da un lato la «condotta negligente» nella terapia con antibiotico: perché è vero che sono stati eseguite le analisi per valutare la funzione renale, ma i risultati sono stati sottovalutati, portando così a un grave danno renale. In secondo luogo, viene censurato il comportamento di fronte ai possibili sintomi di un problema cerebrale: è stata ritardata «la richiesta di una consulenza neurologica» e, in presenza di emorragia cerebrale, si è effettuata una dialisi somministrando eparina, cioè un anticoagulante che ha peggiorato la situazione.

Il risarcimento

Il giudice ha aderito alla ricostruzione dei periti, condannando l’Aoup al risarcimento in favore dei parenti della signora (i figli e quattro nipoti): complessivamente la cifra indicata in sentenza è di 1.251.944 euro, oltre al rimborso delle spese legali del procedimento.

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