Suicidio assistito, il tribunale impone il processo a Marco Cappato per il caso del toscano Massimiliano Scalas
Respinta la richiesta di archiviazione: gli esponenti dell’Associazione Luca Coscioni dovranno affrontare il processo per aver accompagnato in Svizzera l’uomo di San Vincenzo affetto da sclerosi multipla.
SAN VINCENZO. La giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Firenze, Agnese Di Girolamo, ha rigettato la richiesta di archiviazione presentata dalla procura fiorentina e dalle difese degli indagati nel caso riguardante il toscano Massimiliano Scalas, 44enne di San Vincenzo (Livorno), affetto da sclerosi multipla, e ha disposto che il pubblico ministero, entro dieci giorni, formuli l'imputazione coatta di aiuto al suicidio a carico degli indagati Marco Cappato, Chiara Lalli e Felicetta Maltese, esponenti dell'Associazione Luca Coscioni, che dovranno quindi affrontare un processo per averlo accompagnato in Svizzera. Il reato di aiuto al suicidio è punito con una pena da 5 a 12 anni di carcere.
La decisione della gip stabilisce che, nonostante la Corte Costituzionale abbia ampliato l'interpretazione del concetto di "trattamento di sostegno vitale", Massimiliano Scalas non poteva essere considerato mantenuto in vita da un trattamento di sostegno vitale in quanto, come si legge nell'ordinanza, occorre la "necessità dello stretto collegamento con la natura vitale dei trattamenti di sostegno, al punto che la loro omissione o interruzione determinerebbe prevedibilmente la morte in un breve lasso di tempo". Inoltre, la giudice ha rilevato che, come stabilito nella sentenza 135 del 2024, la Corte costituzionale ha sottolineato la necessità di una valutazione da parte di una struttura pubblica del sistema sanitario nazionale. In altre parole, ai fini di stabilire se Massimiliano Scalas rientrasse nei requisiti previsti dalla legge italiana, si nega l'equivalenza della verifica delle condizioni del paziente fatta in Svizzera rispetto a una verifica fatta in Italia.
Cappato: «La nostra azione è di disobbedienza civile»
«La nostra è stata un'azione di disobbedienza civile. Con Chiara Lalli e Felicetta Maltese ci eravamo autodenunciati perché eravamo, e siamo, pronti ad assumerci le nostre responsabilità, nel pieno rispetto delle decisioni della magistratura, e nella totale inerzia del Parlamento. Continueremo la nostra azione fino a quando non sarà pienamente garantito il diritto alla libertà di scelta fino alla fine della vita, superando anche le discriminazioni oggi in atto tra malati in situazioni diverse». Così Marco Cappato, tesoriere dell'Associazione Luca Coscioni, dopo la richiesta di imputazione coatta da parte della gip.
«La Gip di Firenze ha disposto l'imputazione coatta in quanto a suo avviso non risulta che Massimiliano fosse dipendente da un trattamento di sostegno vitale, nemmeno secondo l'interpretazione estensiva della Corte con la sentenza 135 del 2024 - spiega l'avvocata Filomena Gallo, segretaria nazionale dell'Associazione Luca Coscioni - Affronteremo il processo per difendere il diritto ad autodeterminarsi di Massimiliano e di tutte le persone nelle sue condizioni, la cui vita è totalmente dipendente da altri».