Il Tirreno

Montecatini

La sentenza

Morte di Michael Antonelli, condannati gli organizzatori della gara di ciclismo: chi sono e i risarcimenti

di Lorenzo Carducci

	Il momento dei soccorsi al ciclista, a dx Michael Antonelli durante una gara
Il momento dei soccorsi al ciclista, a dx Michael Antonelli durante una gara

Il ciclista 21enne della Mastromarco Sensi Nibali di Lamporecchio, rimase vittima di una tragica caduta durante la Firenze-Viareggio e morì dopo 841 giorni di agonia

4 MINUTI DI LETTURA





LAMPORECCHIO. Due anni di reclusione per Gian Paolo Ristori (83 anni, di Firenze) e un anno e otto mesi per Rodolfo Gambacciani (72 anni, di Prato), rispettivamente presidente della società organizzatrice della competizione e direttore di gara della Firenze-Viareggio del 15 agosto 2018, in cui il giovane ciclista sammarinese allora diciottenne Michael Antonelli, talento della Mastromarco Sensi Nibali di Lamporecchio, rimase vittima di una tragica caduta in corrispondenza di una curva sulla via Modenese a San Marcello, per poi perdere la vita il 3 dicembre 2020 a soli 21 anni dopo due anni e mezzo di agonia.

Ieri il giudice monocratico del tribunale di Pistoia Pasquale Cerrone ha condannato i due imputati per il reato di omicidio colposo, riconoscendo a Gambacciani le attenuanti generiche e a entrambi la sospensione condizionale della pena. Gli imputati sono stati condannati anche al risarcimento del danno in via provvisionale di 300mila euro nei confronti della madre di Michael Antonelli, Marina Mularoni, di 170 mila euro per il padre Luca e di 140 mila euro per il fratello Mattia, parti civili ieri rappresentate dall’avvocato di Marina, Fiorenzo Alessi. Sempre presenti nel corso del doloroso processo, alla lettura della sentenza sono apparsi visibilmente commossi, pur senza mai perdere il contegno. «Mi dispiace che ci siano due persone accusate – premette la madre di Michael – ma mio figlio non c’è più, quello che volevo è che fosse accertato che non ha avuto colpe, a parte trovarsi lì in quel momento. Il mio Michael ha dato tutto al ciclismo ma di lui si sono dimenticati tutti. Abbiamo provato e proviamo tanto dolore, però dovevamo capire cos’era successo quel giorno. Questa sentenza ci dà giustizia e chiude un cerchio. Adesso porterò avanti ciò che Michael voleva fare». Quel terribile giorno di Ferragosto di 6 anni e mezzo fa, il giovane ciclista di San Marino uscì di strada su una curva e cadde in una scarpata non protetta, al chilometro 87 della 72ª edizione della classica per juniores. Dopo aver lottato per 841 giorni in stato vegetativo per il trauma encefalico riportato nella caduta, a spezzare il filo che lo teneva appeso Michael alla vita è arrivato il Covid, che lo ha portato alla morte pochi giorni dopo il suo 21° compleanno.

La responsabilità attribuita agli imputati è quella di non aver segnalato adeguatamente la pericolosità della curva, ripida e caratterizzata da un angolo di 111 gradi oltre che da una visuale limitata, e di non aver fatto in modo che fosse protetta con barriere di sicurezza o strumenti di contenimento. Questo avrebbe causato la caduta e poi la morte di Michael. Sono due infatti i nessi causali su cui si è concentrata l’attività dell’accusa e delle parti civili in aula e che il giudice ha ritenuto provati, applicando quasi integralmente in sede di condanna la pena richiesta dal pm, che era di due anni per entrambi gli imputati. Prima il nesso tra la mancata segnalazione e protezione della curva e la caduta, poi quello tra la caduta e la morte, rispetto alla quale, in base anche a quanto asserito dal consulente tecnico incaricato dalla procura, il Covid sarebbe stato l’ultimo anello di una catena causale mai interrotta. In sostanza, per portare Michael al decesso sarebbe bastato probabilmente qualsiasi altro virus.

«Una sentenza inaspettata, leggeremo le motivazioni (entro 90 giorni, nda) e faremo sicuramente appello» il commento dell’avvocato della difesa Nuri Venturelli, che ha ribadito la tesi in base alla quale l’incidente sarebbe stato dovuto all’eccessiva velocità tenuta da Antonelli in quel tratto, circa 70 chilometri orari. Stante la condanna immediatamente esecutiva degli imputati al risarcimento delle parti civili, restano da capire i possibili sviluppi anche in relazione al ruolo dell’assicurazione Unipol Sai, responsabile civile la cui chiamata in giudizio da parte degli imputati è stata respinta. «Se dovremo agire in sede civile lo faremo, ma auspichiamo che dopo questa pronuncia ci sia un ripensamento da parte del responsabile civile che nell’arco di due anni di agonia di Michael non ha mai proposto un risarcimento alla famiglia», le parole dell’avvocato Alessi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Primo piano
L’incidente mortale

Capannori, scontro tra un pick-up e una bicicletta: muore ciclista – Chi è la vittima