Il Tirreno

Montecatini

Fabrizio Del Rosso vola in Cina alla corte di Lippi

Roberto Grazzini
L’allenatore sulle gradinate dello stadio Mariotti di Montecatini (Foto Nucci)
L’allenatore sulle gradinate dello stadio Mariotti di Montecatini (Foto Nucci)

L’ex calciatore e poi allenatore montecatinese richiesto dall’ex Ct azzurro nello staff della Nazionale asiatica

08 febbraio 2017
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MONTECATINI. La valigia sul letto è quella del lungo viaggio, sentenzierebbe con ugola malinconica Julio Iglesias. Troppo forte il richiamo dell’Oriente per Fabrizio Del Rosso, il Marco Polo valdinievolino, che torna ad insegnare calcio alla nazione più grande del mondo, ancora acerba della pratica pedatoria ma avida e pronta a recepire i messaggi di culture diverse.

Mercoledì 8 febbraio Del Rosso è partito alla volta di Guanzhou, o come diciamo noi Canton, dove si trova il quartiere generale dello staff tecnico della nazionale cinese. L’interprete è superfluo. È gente proveniente dall’italico suolo, a cominciare da Marcello Lippi, novello condottiero dell’Armata Rossa dagli occhi a mandorla A dirla tutta, si tratta del medesimo team, Fabrizio compreso, che nel 2013 ha vinto tutto quello che c’era da vincere nella sterminata Asia a livello di club col Guanzhou. Poi Fabrizio aveva provato a rimettere radici calcistiche nella penisola, come secondo di Baroni prima al Novara e quindi, stagione attuale, a Benevento. Però l’offerta di fare nuovamente il collaboratore tecnico di Lippi era di quelle che non si possono rifiutare.

Classe 1963, residente a Pieve a Nievole, è un bagnaiolo doc per nascita e crescita nella nordista via Puglia. I primi calci con “Pozzo” Innocenti e il “Penia” in maglietta (di cotone duro) biancoceleste. Ma l’approdo al calcio che conta lo fa dal Monsummano dove giocava assieme al fratello più grande Andrea, mentre Claudio (oggi apprezzato avvocato) preferiva lo studio.

«I piedi buoni in casa mia li avevo e li ho solo io» sentenzia il “mezzano”. Dall’amaranto al viola della Fiorentina. Tre anni in riva all’Arno, la trafila nel settore giovanile. A seguire tanto Sud. Messina, Cosenza, Cavese, Catania… Non ama gli atteggiamenti guasconi ma diventa un beniamino delle folle perché ci mette l’anima, non molla mai e segna gol importanti. «Come caratteristiche – ricorda – ero simile, col dovuto rispetto, al mio allievo Matri che ho avuto la fortuna di allenare al Prato».

Chiusa la carriera da professionista e quindi quella calcistica al Pescia, nella città dei fiori inizia ad allenare. È bravo a mettere la sua esperienza a servizio dei giovani. Dieci anni al Prato, due all’Empoli, la Juventus e l’esperienza all’Accademy del Milan in Australia. «Un paese straordinario a misura d’uomo – dice – mi piacerebbe viverci. Chissà. Un domani …».

E l’amicizia con Lippi? «Ero alla Juventus con Baroni, persona eccezionale, alla Primavera. Roberto Tolomei, osservatore dell’Empoli, mi disse che Pezzotti, storico secondo di Lippi, cercava un tecnico con esperienza di settore giovanile, che conoscesse l’ inglese ed avesse esperienze all’estero. Nello staff c’era Massimiliano Maddaloni, mio grande amico con cui ho giocato due anni a Catania. Ho inviato il curriculum. Lippi mi ha fatto venire una settimana in Cina e da lì è nato tutto. Adesso per questa nuova avventura ha voluto gli stessi compagni di viaggio di allora perché si fida di noi, sa come lavoriamo, conosciamo l’ambiente anche se l’impegno è ancor più difficile e stimolante». Ma questa Cina com’è? «Calcisticamente è in grande crescita. Hanno “fame” di football. C’è entusiasmo e voglia di investire specie sul prodotto interno considerato il bacino enorme. Gli stranieri in campionato possono essere al massimo tre. E si tende a non prendere più gente a fine carriera ma piuttosto atleti in prospettiva e non assolutamente portieri, che devono essere cinesi, oltre a schierare obbligatoriamente un Under 20 cinese fra gli undici. Il discorso cambia riguardo la guida tecnica dei club perché solo grazie all’allenatore straniero il movimento può progredire. Sono certo che a livello di Nazionale i passi avanti saranno importanti. Per vedere invece i risultati in merito al settore giovanile occorrerà più tempo».

In Italia questo sistema sembrerebbe utopico. «Non è vero. La corsa allo straniero sta regredendo. C’è la tendenza a rischiare anche per un discorso economico sui giovani fatti in casa. E così deve essere». E la famiglia? «Mia moglie è già “allenata” e sa che è il mio lavoro, Il figlio è a Londra e la figlia abita a Treviso. Eppoi tornerò di frequente». Buon viaggio.

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