Il manager massese e quell’incontro con Papa Francesco: «A mia insaputa gli donai un coltello di 30 centimetri»
Massimo Santucci (Aivv) rivela: «E il pontefice disse: qui vogliono farmi fuori...»
MASSA. Un legame speciale quello con Papa Francesco, quello di Massimo Santucci, cavaliere e manager della ristorazione, massese trapiantato in Svizzera ma spesso anche nella città apuana. Ben sei volte lo ha incontrato. E in un’occasione, un aneddoto curioso: «Da italiano e cattolico - racconta - ritengo che uno dei più grandi privilegi sia incontrare papa Francesco. La prima udienza, alla quale ho partecipato per l’associazione Aivv (Associazione vittime di violenza, ndr) risale all’11 gennaio del 2020. L’ultima risale il 27 novembre del 2024. Le sensazioni che ho provato al cospetto del Santo Padre sono indescrivibili e penso che anche lui si ricorderà per sempre di me e… del coltello che gli ho portato!»
L’aneddoto
«È stato un episodio involontario - aggiunge - che alla fine ha strappato una battuta e un sorriso al Papa. Tutto è nato dalla richiesta del presidente di un’associazione di Milano di portargli in dono una scatola, di cui ignoravo il contenuto. Come al solito, il metal detector sotto il quale ci hanno fatto passare per i controlli precedenti l’udienza, al mio passaggio si è messo a suonare per via della protesi al braccio (ha perso parte del braccio destro da bambino per un incidente nella macelleria dei genitori, ndr). Nella confusione, prima mi sono ritrovato con in mano la scatola, poi mi hanno fatto segno di passare». Ed eccoci al momento clou: «Quando abbiamo aperto il dono davanti a Francesco, abbiamo scoperto che dentro c’erano un salame, un tagliere e un coltello di oltre trenta centimetri... Allora il Papa ha quindi esclamato: “Qui vogliono farmi fuori!”, riferendosi ai controlli non proprio scrupolosi della security. Episodi particolari a parte, tra un’udienza e l’altra, come richiesto da papa Francesco, ci siamo tenuti in contatto, aggiornandolo sulle nostre iniziative contro le violenze e per il sostegno delle persone in difficoltà, temi verso i quali si è sempre dimostrato estremamente sensibile. È stato grazie al contributo della Cei (Conferenza dei vescovi italiani, ndr) se siamo riusciti a partire con il progetto dell’Aivv e dato a me la forza e il coraggio per fondare Aevv (L’associazione europea vittime di violenza) e scrivere il libro “Il coraggio da cui tutto ha inizio”». A breve Santucci sarà di nuovo a Massa. Esiste anche la nazionale di calcio dell’Aivv, nella quale gioca lo stesso Santucci, in difesa.
L’associazione italiana Vittime della violenza è un’organizzazione onlus nata a Milano nel 2006 su iniziativa dei genitori di cinque ragazze vittime di femminicidi, attiva nel promuovere progetti mirati a fornire assistenza in relazione al recupero delle persone coinvolte in casi di abuso e di violenza. Tra i suoi principali animatori e organizzatori proprio Massimo Santucci; per vicissitudini della vita abita in Svizzera nel comune di Oensingen (vicino Berna), cove è stato anche assessore al sociale. Ha 55 anni, e, aveva raccontato al Tirreno, «I miei avevano una macelleria al Mirteto, a un anno e mezzo ebbi un incidente con conseguente amputazione della mano destra. Mio padre era dedito all’alcol, possessivo e maltrattava mia madre al punto da costringerla “all’abbandono del tetto coniugale” quando avevo 11 anni. Lei venne ospitata da una sorella in Svizzera, mentre io, per la legge vigente, non potei seguirla e venni portato a Bergamo da una zia fino a quando, a 14 anni, riuscii a ricongiungermi con mia madre».