Costa apuana
Don Raffaello: ho chiesto di essere sostituito. Non metto fretta, ma il peso è insostenibile
Il parroco del Duomo, 84 anni: «Mi piacerebbe restare solo sacerdote, e non avere più lo “scafandro” insopportabile della responsabilità pastorale e amministrativa»
Carrara «A 84 anni, dopo aver festeggiato il 60° anniversario della prima messa, 36 anni da parroco del Duomo di Carrara: ecco penso seriamente di togliermi un peso che non sono più in grado di sostenere. Una decisione che prendo con correttezza e onestà intellettuale e morale, quella di chiedere di essere solo un sacerdote senza lo “scafandro” insopportabile della responsabilità pastorale e amministrativa». Don Raffaello Piagentini è appena tornato dal solito periodo di vacanze sulle Dolomiti: e spiega, in un ragionamento complessivo, le motivazioni per cui in sostanza al nuovo vescovo avrebbe posto il problema di cercare un sostituto: «Non voglio mettere fretta al vescovo, una persona eccezionale, umile, appena all’inizio del suo mandato, però credo che debba rendersi conto della realtà e concedermi la possibilità, nei tempi che riterrà opportuni, come dicevo, di essere sollevato del peso della responsabilità dell’amministrazione e della pastorale. Poi, questo non significa che don Raffaello va via. Mi piacerebbe anzi restare a Carrara, a fare il sacerdote, magari in un pool di parroci che si prenda cura delle varie realtà cittadine e dei paesi a monte». Don Raffaello enumera: «Fontia, Sorgnano, Gragnana, Castelpoggio, Noceto, Colonnata, Miseglia, Codena, Bedizzano, Bergiola: in dieci paesi, è rimasto solo un parroco, a Bergiola; don Carpena, che ha 94 anni e ha festeggiato il 70° della prima messa, la domenica lo portano a Colonnata a celebrare. Io credo sia arrivato il momento di una riflessione: Carrara centro è divisa in tre parrocchie, ma se considerate gli abitanti, non credo che ad oggi sia una scelta condivisibile; Marina ne ha due, Avenza idem. È venuto a mancare don Bacci, di Nazzano, e la parrocchia è gestita da Avenza. In modi da valutare, e senza che si dica che io voglio cancellare le parrocchie esistenti in città, per carità, credo che servirebbe un coordinatore che poi gestisca un pool di sacerdoti per coprire tutte le necessità. Sacerdoti che lavorano insieme, in modi da studiare. Io la penso così. E quando sarà il momento che davvero il vescovo riterrà che io possa farmi da parte, mi auguro che questo cambiamento accada. In 36 anni - aggiunge - questo straordinario Duomo ha assorbito energie e impegno, tanti lavori da seguire, e tutto ricade sul sacerdote, che ha tanti aiuti per fortuna ma poi la responsabilità è sua. Soffro nel dover lasciare, ma non vedo altra soluzione».
Cambiamo argomento: che ne pensa dell’elezione della sindaca? «Non la conosco, le posso solo augurare buon lavoro, con l’auspicio che possa risolvere certo non tutti, ma almeno alcuni dei grossi problemi che assillano la nostra bella città, a partire dal rapporto con l’escavazione del marmo che martirizza le nostre straordinarie montagne, e la denatalità, problema nazionale ma qui particolarmente grave»
E le vacanze come sono andate? «Da quarant’anni vado al Passo del Pordoi, il giorno della tragedia della Marmolada ero sulla montagna di fronte, sono andato via un’ora prima altrimenti avrei assistito a quell’immane tragedia. Di quell’unico ghiacciao delle Alpi Orientali ormai non c’è quasi più niente. In 40 anni è cambiato il mondo, mi viene da piangere al ricordo di come era splendida, immacolata, piena di neve la Marmolada. Adesso, la paragono alla descrizione che fa Manzoni del bubbone di peste che spunta sotto l’ascella di don Rodrigo, al quale dopo una notte insonne dà uno sguardo rapido e vede un sozzo bubbone livido. Così si è trasformata la Marmolada».l
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