Il Tirreno

Lucca

Il caso: l’intervista

Omicidio in cartiera a Capannori, parla l’ex datore di lavoro di Marjan Pepa: «Non l’ho licenziato»

di Pietro Barghigiani
I rilievi dei carabinieri (foto Nucci) e la vittima 52enne
I rilievi dei carabinieri (foto Nucci) e la vittima 52enne

Il racconto dell’imprenditore sul 52enne in carcere per l’omicidio di Tony: «Come camionista era il top»

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LUCCA. «Non l’ho licenziato. Ha dato le dimissioni dicendomi che si era stancato di fare il camionista. Era con me da almeno dieci anni, come autista posso solo dire che era il top. Sul resto non sapevo niente di lui come vita privata». L’imprenditore Andrea Agostini è l’ex datore di lavoro di Marjan Pepa, 52 anni, il camionista albanese in carcere con l’accusa di omicidio volontario aggravato dalla premeditazione per la morte di Artan Kaja, per tutti Tony, vittima nel tardo pomeriggio del 7 gennaio di quella che per modalità – un colpo di pistola in testa – somiglia a un’esecuzione. Un delitto avvenuto all’interno della Smurfit Kappa di Lunata dove Tony lavorava con il suo muletto come padroncino esterno nella movimentazione dei pallets. Agostini è titolare di una ditta di autotrasporti di Lunata, un’attività portata avanti dopo l’impegno del padre.

Agostini chi è Marjan Pepa?

«Guardi, le posso dire che ha lavorato con noi dal 2014 al 30 settembre scorso. Sul lavoro era un ottimo autista. Mai dato problemi. Il suo privato non lo conosco. Così come non entro nella vita degli altri dipendenti. Ci vuole un sano distacco e un sano rispetto».

Mai un gesto o comportamenti violenti?

«Assolutamente no. Per quella che è la mia esperienza con Marjan non ci sono episodi del genere».

Conosceva anche Tony?

«Certo. Eravamo in ottimi rapporti, facevamo lunghi discorsi. Proprio la settimana prima che venisse ucciso avevamo fatto una bellissima chiacchierata. Il tema era sempre il lavoro perché anche per lui come per me viene prima di tutto. E avere la responsabilità di un’impresa ti porta a pensare solo a quello o quasi».

Una delle ipotesi sul possibile movente è che Pepa avesse litigato pesantemente con Tony e che avesse chiesto suo allontanamento dalla cartiera.

«Non so di queste cose. Si è dimesso volontariamente, nessun licenziamento. Succede spesso nel nostro settore. Il lavoro è pesante. Gli chiesi se sarebbe andato da un’altra parte come aziende di trasporti e lui mi rispose: “Penso di no, poi si vedrà”. Da allora non l’ho più sentito».

Nessun riferimento a liti con Tony?

«No. È una voce che ho sentito dopo l’omicidio, ma non posso dire che sia all’origine della fine del rapporto di lavoro con me. Se parliamo di screzi in un posto di lavoro è fisiologico che ci siano. Non si può andare d’accordo con tutti. Si sentono tante versioni e non è giusto alimentarle senza avere una conoscenza diretta».

Uno era stato suo dipendente, l’altro un riferimento quotidiano con cui era in amicizia. Come vive questa situazione?

«A livello umano per me è molto pesante. Anche perché non si capiscono i motivi di un delitto del genere. Litigare fino al punto di uccidere è fuori da ogni logica. So solo che prima andavano d’accordo e poi hanno rotto. Solo Pepa può dire perché è arrivato a quel punto. Forse c’è da aspettare ancora un po’. Al momento qualsiasi pensiero è bene che ognuno lo tenga per sé».

È tornato alla cartiera?

«Sì, è il mio lavoro. Sento gli effetti di una storia orrenda che rivivo ogni volta che entro là dentro e penso a quello che è accaduto. Vedere la postazione di Tony fa male, è un peso sullo stomaco che non passa».

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