Livorno, Naemi e la laurea dedicata a Christian: «Con i suoi organi ha salvato tante vite, è il simbolo di una città dal cuore d’oro»
Neodottoressa in Scienze infermieristiche con una tesi sulle donazioni di organi. Il padre del giovane presente alla discussione a Pisa: «Non avrei mai immaginato l’importanza di quel gesto»
LIVORNO. Quando Naemi è nata, nel 2002, Mario Bartoli, il babbo di Christian, il bimbo di Livorno strappato alla vita all’età di 17 anni da un’emorragia celebrale, aveva già conosciuto l’inferno. Quella sera, non appena saputo che per suo figlio non c’era più niente da fare, non ebbe dubbi e scelse di intraprendere la strada dell’altruismo, donando gli organi del suo bambino, diventato un simbolo della città di Livorno.
Naemi ha conosciuto questa storia grazie al racconto di sua madre e non l’ha mai dimenticata. Fino a quando ha deciso che il suo percorso di studi, infermieristica, si sarebbe intrecciato per sempre al nome di Christian, Mario Bartoli e pure Kyra, la cagnolina che ha regalato amore a tanti con la pet therapy di cui si è sempre fatta interprete, dai bambini agli anziani. Martedì Naemi Vivaldi si è laureata all’Università di Pisa, in scienze infermieristiche, ed ha discusso una tesi sulla gestione infermieristica nella donazione degli organi e dei tessuti. E si è soffermata proprio su quello che la storia di Christian ha insegnato, la cultura della condivisione e della donazione. «Livorno è la seconda città in Italia per numero di donazioni di organi - ci racconta Naemi -: il lavoro di sensibilizzazione che deve essere portato avanti è ancora tanto. Basti pensare, per esempio, che i giovanissimi che si muovono su Tik-Tok temono che una precaria situazione di salute possa spingere addirittura a staccare i macchinari o a anticipare i tempi del fine vita, ma non è assolutamente così. Le leggi in materia, in Italia, sono molto stringenti. A dire il vero, è già stato fatto un passo in avanti, a livello normativo, dando la possibilità di aderire alla donazione di organi in sede di realizzazione del documento d’identità, ma non è certo questo ciò che basta. Servono le testimonianze dirette».
È per questo che Naemi ha raccontato nella sua produzione di tesi la storia di Mario Bartoli, la sua scelta consapevole di donare gli organi nel suo bimbo e regalare così nuove opportunità di vita a chi, in quel momento, era in attesa di un organo. «Sentire dalla sua voce questa storia d’amore è stato pazzesco. Ho percepito subito il cuore immenso di quest’uomo a cui è stato strappato un pezzo di sé nella maniera peggiore. Da questo momento drammatico, a cascata, è nato qualcosa di straordinariamente bello: oggi c’è uno spiazzo, a Livorno, che porta il suo nome e che ricorda tutti i donatori. C’è stata la cagnolina Kyra che ha lasciato dietro di sé una traccia visibile d’affetto dappertutto e c’è anche la bellezza del Mare dei ricordi, dove chiunque voglia ricordare una persona cara deposita in mare una pietra realizzata da Mario per rendere imperituro il suo ricordo e affidarlo alla vastità del mare».
Mario martedì era a Pisa, ad assistere alla discussione di tesi di Naemi. È stato tra i primi a congratularsi con la dottoressa Vivaldi, con gli occhi gonfi di commozione. «Quella sera - ha scritto Mario Bartoli nel suo ultimo post - sentendo parlare di donazione del cuore di Christian non avrei mai potuto immaginare che quella scelta mi avrebbe aiutato a dare un senso alla sua assenza e che, nel prosieguo, quel gesto di altruismo avrebbe trasformato mio figlio in un simbolo d’amore. Grazie Naemi, con la tua dedica a Christian mi hai donato uno dei momenti più belli vissuti nella sua assenza». Naemi, ancora emozionata, aggiunge: «Sono orgogliosa di essere livornese: questa è una città dal cuore d’oro. Lo sono stata non appena saputo che qui le donazioni di organi sono numerose, nonostante il trand al ribasso a livello nazionale. E io, con questo mio lavoro di tesi, voglio continuare a portare avanti questo messaggio. La storia di Christian deve essere conosciuta: mi auguro di poter dare un contributo anche io, perché l’amore genera amore. E regala frutti importantissimi, gli stessi che Mario continua a testimoniare mettendosi a disposizione della comunità, come accaduto anche con la realizzazione dell’area giochi inclusiva al Parco Lenci».
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