Banda delle ville in Toscana, truffe per milioni e finte società: nove richieste di condanna (per oltre 50 anni di carcere). I nomi, il sistema e le accuse
Livorno, il pm ha chiesto 12 anni per Nicola Calderini, 10 per Beppe Doveri e Mike Berni e 3 anni per il notaio Valerio Vignoli
LIVORNO. Nove richieste di condanna, per un totale di oltre 50 anni, fra le quali spiccano i 12 di reclusione per Nicola Calderini, considerato dalla procura l’artefice della presunta associazione per delinquere finalizzata alle truffe, e tre anni e quattro mesi per l’ex presidente del Consiglio notarile livornese, Valerio Vignoli. È quanto messo nero su bianco dal pm Massimo Mannucci, il titolare dell’inchiesta sulla cosiddetta “Banda delle ville”, la contestata organizzazione che fra il 2017 e il 2020 avrebbe messo a segno (o solo tentato) decine di raggiri immobiliari in varie parti d’Italia. Sono 43 – secondo l’ipotesi – le persone truffate.
Le richieste
Secondo l’accusa l’associazione sarebbe stata finalizzata «a commettere un numero indeterminato di truffe, aggregandosi di volta in volta in varie formazioni, sempre presentandosi con fittizie qualifiche e manifestando false intenzioni ai loro interlocutori». Cinque le persone imputate per questo più grave reato, mentre gli altri sono accusati della truffa, ma senza il sodalizio. Al vertice dell’organizzazione – stando alla ricostruzione della procura – il quarantaquattrenne Nicola Calderini, nato a Piombino e residente a San Vincenzo, per il quale sono stati chiesti 12 anni di reclusione e 14mila euro di multa. Con lui Mike Berni, sessantenne di Follonica, considerato un supporto determinate perché «capace di presentarsi come magnate estero o rappresentate di un gruppo imprenditoriale». Per lui una richiesta di dieci anni di reclusione e 3.500 euro di multa. Poi Bilbil Muca, 49, anche lui residente nel Grossetano, che avrebbe avuto il ruolo di “tuttofare”, garantendo il supporto nel ruolo di soggetto incaricato delle ristrutturazioni. Per lui, la procura, ha chiesto tre anni e mezzo di reclusione, con 2.500 euro di multa. Per Giuseppe “Beppe” Doveri, 76 anni, richiesta di dieci anni e 3.500 euro di multa: secondo l’accusa avrebbe messo a disposizione una lussuosa villa di via Montebello, a Livorno, «in modo da dare un’immagine di solidità finanziaria a Calderini», oltre a partecipare alle trattative. Infine Valerio Vignoli avrebbe rassicurato gli acquirenti circa «la fattibilità e abitualità delle operazioni proposte»: per il notaio settantatreenne una richiesta di tre anni e quattro mesi di reclusione, con duemila euro di multa. Il professionista è chiamato in causa per sei delle 42 presunte truffe.
La ricostruzione
Secondo gli investigatori – l’inchiesta è stata delegata alla guardia di finanza – gli indagati avrebbero messo di volta in volta in scena la stessa sceneggiatura che aveva la regia a Livorno e che nel corso degli anni – i reati contestati vanno dal 2017 al 2020 – si sarebbe poi perfezionata. Si sarebbero presentati ai proprietari, che spesso avevano «estremo bisogno di liquidità», come mediatori di grossi costruttori o magnati, banche estere o società internazionali, tutti disposti – dicevano – a pagare milioni di euro per avere quel bene. Unica condizione per la buona riuscita dell’affare: costituire una società “Limited”, a carico dei proprietari, dove far confluire il bene (ruderi, hotel, ville per esempio) per agevolare l’affare. Operazione che poteva variare tra gli otto e i trentamila euro. Ma che però, invece di essere propedeutica al perfezionamento della compravendita, sarebbe servita a rimpinguare il conto degli ideatori del raggiro che intascavano il denaro (oltre un milione di euro in tutto) e poi sparivano. Con i soldi, ovviamente.
Uno dei presunti truffati, un sessantacinquenne di Cecina, nel corso del processo ha perfino dichiarato di aver viaggiato fino in Egitto, a Sharm el-Sheikh, per consegnare un assegno da 6.800 euro e aprire un conto corrente nel Paese africano. Il suo obiettivo era vendere un terreno e, nell’occasione, si è pagato pure il biglietto aereo: «Quei soldi non li ho più riavuti – le sue parole quando venne ascoltato in aula dal presidente del collegio del tribunale, Luciano Costantini – nonostante ripetute rassicurazioni sul fatto che Nicola (Calderini, ndr) fosse un imprenditore serio. A Sharm el-Sheikh ci sono stato due giorni, oltre a Calderini lì c’era anche Nigiotti, e almeno mi hanno pagato l’alloggio in un resort, per consegnare l’assegno e aprire un conto corrente. Un altro conto me lo hanno fatto aprire in Italia, dicevano per versarmi i soldi, collegandolo alla società inglese. Il problema è che il giorno dopo il direttore di banca mi ha detto che la cosa non gli piaceva e lo ha chiuso. L’ultima volta che sono stato in Egitto nel giugno del 2019, poi non ho più saputo niente da queste persone, salvo scoprire dal Tirreno che Calderini era stato arrestato». Fra le ville oggetto di trattative pure una dimora a Casciana Terme, nel Pisano.
Le altre richieste
Gli altri imputati, solamente per truffa e senza l’accusa di associazione per delinquere, sono il livornese di 77 anni Roberto Cascavilla (per lui una richiesta di tre anni e mezzo di reclusione e duemila euro di multa), il trentenne Alberto Nigiotti (tre anni, un mese e 1.500 euro di multa), l’avvocato fiorentino Riccardo Corsini (57, tre anni e due mesi di reclusione, oltre a duemila euro di multa), e Ratko Ragutinovic, 66 anni, sei anni di reclusione e tremila euro di multa. Nel corso dell’ultima udienza è stato chiesto il riconoscimento delle attenuanti generiche nei confronti di Vignoli, Muca, Nigiotti e Corsini. Oggi, in tribunale, si terrà una nuova udienza: parleranno gli avvocati Paolo Bassano (che insieme al professor Tullio Padovani difende Vignoli), Davide Lera (per Doveri) e Alberto Marchesi (per Calderini). Si concluderanno così le arringhe difensive e nelle prossime settimane è attesa la sentenza.