Il Tirreno

Livorno

Il caso

Livorno, non c’è posto in porto per il maxi bacino arrivato dall’Ucraina per Montano


	Il bacino di carenaggio sulla banchina di Ltm
Il bacino di carenaggio sulla banchina di Ltm

Pagato cinque milioni, con un contributo della Regione Toscana, ha attraversato mar Nero e Mediterraneo ed è parcheggiato su una banchina di Ltm. Nessuno sa dove piazzarlo e l’Authority propone di spostarlo a Piombino

5 MINUTI DI LETTURA





LIVORNO. Il porto di Livorno non può ospitare il bacino di carenaggio acquistato, con i contributi regionali, dal cantiere navale Montano. Che fra l’altro, avendo perso la sua concessione sulla Darsena Pisa, dal primo ottobre scorso deve abbandonare le banchine a favore di Gestione Bacini e del Gruppo Neri, l’associazione temporanea di imprese che si è aggiudicata i preziosi spazi marittimi fino al giugno del 2026, una scadenza molto ravvicinata perché l’idea dell’Autorità di sistema portuale del mar Tirreno settentrionale è poi quella di bandire una nuova gara per destinare le intere Darsene Pisa e Calafati a un unico concessionario (o a una cordata di aziende) per creare un secondo polo della cantieristica dopo quello a Porta a Mare di Azimut Benetti.

La concessione persa

L’Authority ha deciso di puntare in questa direzione perché uno studio del 2021 del Rina, il Registro navale italiano, la reputa ideale per la creazione di nuovi posti di lavoro. Per la comprensibile rabbia degli storici concessionari che, da tempo, lavorano in quelle zone. Aree che, fino all’estate scorsa, erano divise in cinque “spicchi”, con altrettanti aggiudicatari a gestirle: i cantieri Lorenzoni, Montano, Romoli, Gestione Bacini e il Gruppo Neri. Le ultime quattro sono scadute nell’agosto scorso, quando c’è stata la “gara ponte” e se le sono aggiudicate insieme Neri e Gestioni Bacini, che hanno quindi quasi raddoppiato gli spazi, con la conseguenza che Montano e Romoli (che nel frattempo hanno proposto ricorso al Tar) sono rimasti fuori e hanno ricevuto vari solleciti per abbandonarle e restituirle all’Authority (la data per il rilascio era il primo ottobre ndr). La gara prevedeva una gestione di poco meno di due anni, fino al giugno del 2026, quando appunto ce ne sarà una nuova. E nella futura verrà inserita anche la concessione di Lorenzoni, stessa data di scadenza: l’obiettivo, infatti, è assegnarle tutte insieme a un unico gestore o un’associazione temporanea di imprese, proprio perché l’obiettivo è creare un grande polo della cantieristica, secondo il Rina in grado di generare un alto numero di posti di lavoro.

Il grande investimento

In questa cornice complicata, e in un clima senz’altro incandescente, si colloca l’investimento di Aldo Montano, campione olimpico di scherma e ora alla guida della storica azienda di famiglia “Tommaso Montano & Figli”, fondata nel lontano 1908 ed eccellenza della cantieristica italiana e internazionale, che nell’ultimo bilancio – quello relativo al 2023 – come spiegato dal Tirreno ha totalizzato un utile di 480.415 euro (in crescita del 1.792% rispetto al 2022) su un fatturato di 2.856.479 (+47%), risultati che valgono per la società di piazza Orlando il centunesimo posto fra quelle più ricche di Livorno, Collesalvetti e Capraia. Parliamo del bacino di carenaggio acquistato nell’autunno del 2023 in Ucraina, a Izmail, per 5.310.225 di euro, cofinanziato dalla Regione per il 35% dell’importo, fermo dal novembre scorso, quando è finalmente giunto in Italia, alla banchina 21 in concessione a Livorno Terminal Marittimo. La capitaneria di porto e la stessa Authority hanno dato l’ok per un ormeggio temporaneo in loco, indicando questo spazio che però normalmente è destinato allo scarico delle merci e cercando anche altre zone idonee per una collocazione definitiva, che però a Livorno non c’è. La guardia costiera, fra l’altro, già all’atto dell’acquisto aveva risposto ufficialmente a Montano che non c’erano banchine idonee per ospitarlo, dato che essendo lungo 101 metri, largo 31 e con un pescaggio di 11 metri è difficilmente piazzabile a Livorno, dove comunque le uniche aree individuate dal piano regolatore portuale per la cantieristica, oltre a quella di Azimut Benetti, restano le Darsene Pisa e Calafati, dove Montano è ancora presente, ma ha perso la concessione. In ogni caso, anche se gli fosse stata confermata, lì il bacino di carenaggio non avrebbe potuto posizionarlo proprio per la guardia costiera lo reputa troppo grande per quello spazio.

L’opzione Piombino

Nel frattempo l’Autorità di sistema ha proposto a Montano di spostarsi a Piombino, dove invece gli spazi ci sono. Il cantiere della Darsena Pisa, che ha tutte le sue professionalità a Livorno, certo non immaginava questa possibilità, nonostante da tempo – secondo la ricostruzione delle autorità – erano già stati comunicati i limiti, in tal senso, del nostro porto. A rivelarlo è lo stesso Montano in una lettera inviata al sito specializzato Shippingitaly.it. «L’Authority, per offrire una soluzione, propone di trasferire il bacino nel porto di Piombino, ancorché non sia stata individuata una soluzione certa – scrive il campione olimpionico, oro nella sciabola ad Atene 2004, dove ha conquistato anche il terzo posto con il team italiano, argento a squadre a Tokyo 2020 e bronzo a Pechino 2008 e Londra 2012 –. Ci sono in campo ipotesi, di cui una potrebbe dipendere dall’assenso di una società partecipata da chi a Livorno si è visto assegnare le aree già in concessione al Cantiere Montano. Trasferire il bacino vuol dire però trasferire l’azienda, con i suoi dipendenti e i suoi appaltatori, i magazzini, le officine e le attrezzature e quant’altro necessario».

La situazione attuale

Il bacino Montano, se avesse trovato posto in porto per la sua operatività, sarebbe stato il terzo attivo di Livorno dopo il “Mediterraneo” (180 metri per 42 di lunghezza, all’accosto 78) e l’Ercolino, 100 metri per 22 in Darsena Calafati, entrambi di Gestione Bacini, la società che insieme a Neri ha ottenuto la concessione temporanea proprio per le aree Montano e Romoli. «Potrà carenare navi fino a 110 metri – era l’auspicio di Montano, nei mesi scorsi, al Tirreno dopo l’arrivo a Livorno dall’Ucraina – come ad esempio i traghetti. Per noi è stato un investimento importante che ci consentirà di programmare ancora meglio ogni tipo di intervento anche sotto la linea di galleggiamento. Ne potrà beneficiare l’indotto, anche le altre ditte. Ce ne sono già altri in porto, ma ritengo che vi sia lavoro per tutti, visto che molti armatori si rivolgono altrove: il naviglio locale è costretto a ricorrere ad altre realtà, fuori da Livorno». Posto, però, ameno di clamorose sorprese ad oggi non c’è. Ma resta in piedi l’opzione Piombino. 

Primo piano
Il giorno dopo la tragedia

Rosario Evalto, chi era il 17enne morto nello schianto a Capannori: la dinamica, gli amici e un paese sconvolto