L’incidente
Livorno, sparite le auto usate come ostacoli per i camion diretti alla discarica
Si riaccende l’eterna battaglia tra residenti e azienda che gestisce il sito «Le due macchine rimosse portate a La Spezia, pronti a nuove denunce»
LIVORNO. Di quel cartello all’imbocco della strada accanto al quale si fece fotografare Rosaria Scaffidi, la pasionaria della guerra alla discarica, non vi è ormai traccia. «Qualcuno l’ha portato via» dicono alcuni militanti ambientalisti. La strada era stata dichiarata privata, con divieto di accesso ai non autorizzati come da sentenza 790/2013 del tribunale di Livorno. Scaffidi da quasi tre anni non è più con noi, ma sarebbe di nuovo in guerra contro la discarica di Monte la Poggia e il passaggio dei grossi camion diretti verso il sito. Un’opposizione infinita, fatta a suon di carte bollate tra proprietari e frontisti, la società di Bellabarba proprietaria dell’impianto e la Livrea che è subentrata.
La storia
Ricorsi e contro ricorsi. Fra imprese e residenti, del Comune verso la Regione. Tutto era nato dall’ok dato dalla Provincia per il sito di conferimento nel settembre 2009, autorizzazione integrata con un successivo atto nel 2014 per una durata di 5 anni, poi prorogata a 10, anche se l’impianto non è mai decollato a pieno regime fra battaglie legali, indagini e un sequestro che non ha visto, alla fine, nessun colpevole fra le figure messe sotto la lente. Già in epoca Salvetti, l’Arpat aveva eseguito approfondimenti sulla permeabilità dei teli posati sul fondo. Sotto ci sono falde acquifere, ci passa uno dei vecchi acquedotti, «e in caso di smottamenti – dicono in tanti – sarebbe una catastrofe ambientale per la città».
Una sospensione dell’attività che portò Livrea a ricorrere al tribunale amministrativo che a fine 2020 parzialmente accolse, dando semaforo verde all’arrivo dei rifiuti da destinarsi al cosiddetto “Lotto 1”, dove possono andare gli inerti. Il ricorso del Comune venne giudicato dal Tar inammissibile, perché avrebbero dovuto muoversi Regione o Arpat, unici titolati a farlo.
Il nodo cruciale
Sulla questione della proprietà della strada è ruotata un po’tutta la strategia dei residenti: «È privata, i camion Livrea quindi non possono passare». L’azienda ha poi deciso di diventarne comproprietaria e qualcuno gli ha venduto la sua parte. L’ultimo tentativo di fermare i rifiuti, per guardare ancora al passato, ancora una volta andato a vuoto, risale all’ottobre 2023 con una delibera di giunta che dava il via ad un ricorso del Comune al Tar Toscana contro il decreto del 5 luglio dello stesso anno che confermava l’esercizio delle attività di gestione rifiuti nella discarica del Limoncino, limitatamente al Lotto 1. I documenti di palazzo civico, sono chiari.
«Nell’ambito del procedimento, il Comune di Livorno ha espresso parere negativo al rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale, in quanto non risultavano approfondite le tematiche indotte dalle sentenze del Tribunale di Livorno e della Corte d’Appello di Firenze circa la definizione di natura privata dell’unica via di accesso all’impianto, la via del Limoncino, disponendo anche il divieto di transito sulla strada a carico dei mezzi della società che gestisce la discarica. La tematica, non sarebbe stata nemmeno oggetto di nuovo approfondimento da parte del competente ufficio Via (Valutazione impatto ambientale) della Regione Toscana, che si è semplicemente limitato ad affermare che non sussistono differenze di impatti, in contrasto palese con quanto avvenuto in sede di rilascio della Via nel 2008, ove si imponevano prescrizioni rispetto alla viabilità di accesso, nel presupposto che si trattasse di una strada pubblica o soggetta all’uso pubblico». Una situazione di incoerenza, manifestata col rinnovo, che per il comune poteva significare ripercussioni sulla pacifica convivenza. Che non c’è mai stata.
Le auto portate via
A raccontare l’episodio, è Cristina Fagnani, presidente della Associazione vedette per l’ambiente, presente sul posto mercoledì sera, assieme ad una trentina di persone. Due auto, una Panda e una Punto, parcheggiate una sul lato destro appena comincia la strada, e l’altra dalla parte opposta, a pochi metri di distanza. Quella giusta per impedire il passaggio dei “Pellicani” di Livrea.
«Diamo una mano agli abitanti; rimasti soli, ora tornano determinati e tutti uniti. Abbiamo messo due auto, intestate all’Associazione, che evitassero di fare presidi all’arrivo dei camion ed evitare altri problemi. Mezzi così grossi, sono pericolosi anche per la tenuta della strada stessa che va su per un paio di chilometri. Ce le hanno portate via, si trovano adesso in un deposito in provincia di Spezia. Già in settembre e novembre scorso, avevano fatto la solita cosa. Agganciandole, con un carro attrezzi, portandole dentro il sito, in cima alla Poggia. Per Livrea, la legittimità ad usare comunque la strada essendone ormai diventata proprietaria per un sesto».
Il contenzioso si basava infatti sulla proprietà della strada, sui diritti dei frontisti. «Ma vantando adesso una parte di proprietà – spiega Fagnani – acquisirebbe pari diritti. Per noi, si tratta un accatastamento sul quale vorremmo vederci più chiaro. A settembre hanno lasciato un bigliettino per avvisare dove erano e poi restituite. A novembre, portate nuovamente via, senza lasciare bigliettini. Feci denuncia per furto e, con i carabinieri abbiamo visto che erano nuovamente all’interno del sito. Attualmente c’è una denuncia a carico del responsabile: le auto furono riprese e le abbiamo rimesse successivamente al solito posto. Ma, alla prima occasione in cui c’era necessità di far passare un altro grosso mezzo, cioè all’inizio di questa settimana, le macchine impedivano il passaggio. Hanno chiamato i carro attrezzi e le hanno portare così vicino a La Spezia. Intanto, ho una denuncia pendente per violenza privata, sporta dalla controparte, per aver piazzato i miei mezzi lì dove a loro davano fastidio».
Fagnani viene informata dai legali che non si configurerebbe il reato di furto da parte dell’azienda, ma semmai (ed è da verificare), esercizio arbitrario delle proprie ragioni. «Rivogliamo le macchine, altrimenti parte un’altra denuncia».
L’avvocato Erica Vivaldi, si occupa del presente e comprende che la sentenza che metteva in una botte di ferro proprietari e frontisti è stata cassata. «Vanno studiate bene le carte con i colleghi che hanno seguito il pregresso e porre all’attenzione delle istituzioni che esiste una relazione di un consulente tecnico di ufficio sulla sicurezza della strada che non può sopportare certi carichi. E anche verificare il diritto servitù tramite accertamento da parte del tribunale. Vediamo come questore e sindaco, possano reagire. Una cosa che riguarda l’intera collettività».
Il sindaco risponde
Si inalbera Salvetti: «I residenti devono fare, se lo ritengono opportuno, i loro passi. Il Comune, ha già fatto quel che doveva. Con ricorso al Tar e anche al Consiglio di Stato. La toponomastica che definisce come privata la via di accesso alla discarica è un problema. È come voler entrare in un palazzo e dirimere litigi fra i condomini. Abbiamo sempre sostenuto che per noi la discarica lì non ci dovrebbe essere, facendo tutti i passi possibili. Non ero ancora sindaco, e ricordo che allora fecero di tutto per farla dichiarare strada privata. Ed è ciò che impedisce al Comune di poter intervenire. Non posso far entrare nemmeno la Municipale».
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