Livorno, sequestrati in porto 217 chili di cocaina: quanto avrebbe fruttato sul mercato e dove era diretta – Video
Purissima, era sbarcata in Darsena Toscana da una nave partita dal Sudamerica. Operazione congiunta finanza-dogane: «Sul mercato avrebbe fruttato oltre 50 milioni di euro»
LIVORNO. Ancora un maxi-sequestro di cocaina sul porto di Livorno. La guardia di finanza, in collaborazione con l'Agenzia delle dogane e dei monopoli, ha infatti bloccato un carico milionario di "polvere bianca" pari a 217 chili sbarcato nei giorni scorsi in Darsena Toscana dal Cile, in Sudamerica. Era diretto in Calabria e diviso in 193 panetti.
L'ennesimo sequestro da parte dei militari e dei funzionari dell'ente di piazza dell’Arsenale, che vedono ancora una volta Livorno fra gli scali prediletti della malavita organizzata. L'operazione è stata illustrata nella mattinata del 21 gennaio dal comandante provinciale delle fiamme gialle labroniche, Cesare Antuofermo, e dal direttore dell'Agenzia delle dogane e dei monopoli, Giovanni Parisi.
Cinquanta milioni di euro
«Un carico di altissimo livello di purezza che, dalla criminalità organizzata, sarebbe stato “tagliato” in più partite – spiega il tenente colonnello Luigi Mennella, a capo del gruppo di Livorno delle fiamme gialle provinciali – circa 600 chili sulla piazza di spaccio, 600.000 dosi che grazie al contributo dei colleghi della dogane e di noi finanzieri è stato tolto dalla strada. Abbiamo stroncato un’economia illegale: attualmente un grammo di cocaina costa 80 euro, 600.000 per 80 immaginiamo quindi quanto dà: oltre 50 milioni di euro, tutti soldi che vengono garantiti alle diverse consorterie criminali e ai diversi livelli, perché il guadagno è suddiviso sull’ingresso, sulla ripartizione e sul piccolo spaccio. Il lavoro di analisi congiunto con i doganieri ci permette, una fluidità ai flussi commerciali del porto, di raggiungere questi livelli di sequestri. Il Cile? Lì ci sono depositi di stoccaggio, la sostanza viene prodotta in Colombia, Bolivia e Perù, lì in Cile c’è logistica», conclude Mennella.
«Andava fuori Livorno»
«Livorno, di questa droga, non avrebbe visto un grammo – prosegue il colonnello Antuofermo – perché era solo in transito. Mi piace chiamarla “modello Livorno” la sinergia che abbiamo instaurato con le dogane, perché il protocollo di intesa stipulato fra di noi due anni fa ha formalizzato ciò che esisteva già, uno scambio di conoscenze che va avanti già da prima, un contatto quotidiano oltre il mero turno di servizio: abbiamo una grande conoscenza del porto, che è un’altra città, con una viabilità a parte e insieme abbiamo la possibilità di mettere insieme i supporti tecnici. Penso ai nostri cinofili, i nostri finanzieri che stanno ai varchi portuali e i doganieri che nel frattempo fanno i riscontri contabili. Tante consapevolezze nello scambiare le informazioni».
Secondo porto per droga
La guardia di finanza, durante la conferenza, ha inoltre spiegato che «l’anno scorso il porto di Livorno è stato il secondo porto per sequestri di cocaina, dopo Gioia Tauro», le parole di Mennella.
Clonato il sigillo del container
Il sigillo del container «era stato clonato», spiegano i doganieri. Il sigillo è l’arnese, di fatto, che chiude il container. Stampato sopra c’è, inoltre, il codice univoco della spedizione ed è riportato anche nella bolla di accompagnamento della merce. «Un sigillo – spiega Francesco Rapisarda, responsabile del reparto antifrode delle dogane – è una sorta di cilindro d’acciaio, rivestito di plastica, e nel momento in cui si innesta sul container poi dopo va rotto, altrimenti il contenitore non si apre. Fare un sigillo clone in un mondo in cui tutto viene clonato è abbastanza semplice, basta avere l’originale e riprodurlo. C’è poi il mondo dei sigilli rubati: nel caso concreto, però, non può essere stato rubato perché quello sequestrato era identico a ciò che a noi risultava nella bolla».