Livorno, un colpo di tosse salvò il porto: così fallirono gli “uomini gamma” nell'autunno del 1944
La X Mas organizzò l’incursione: l’obiettivo era far saltare la nave Patrol. Malacarne, Bertoccin e Sorgetti furono arrestati alla Diga del Marzocco
Un colpo di tosse salvò il porto di Livorno. Sì, un nodo di tosse subito ricacciato in gola, neanche troppo forte, consentì ai marinai inglesi che stavano facendo il turno di guardia alla Diga del Marzocco di individuare e fermare i tre “uomini gamma” che erano penetrati nello scalo marittimo per far saltare la Patrol ed altre navi.
Era la notte tra il 17 e il 18 novembre 1944, ottant’anni fa, e la mezzanotte era passata da poco più di un’ora. Il marinaio della Royal Navy, R. P. Thompson, stava camminando lungo la Diga quando in acqua scorse una forma umana e udì un debole colpo di tosse. Allarmato, chiamò due suoi commilitoni, F. R. Henry e A. R. Ball, i quali spararono dove era stata intravista la sagoma. Tre uomini con tute blu sopra completi subacquei di gomma verdi, respiratori, pinne e copricapo con reti mimetiche, mine acquatiche, comparvero sul molo con le mani alte in segno di resa.
Livorno era stata liberata il 19 luglio 1944 dai partigiani della Terza brigata Garibaldi del comandante Bruno Bernini e dalle truppe angloamericane della Quinta armata del generale Mark Clark. Il 1° settembre Clark, che aveva ribattezzato la città Leghorn, aveva classificato lo scalo come Decimo porto e vi aveva istituito un distaccamento del Genio marittimo degli Stati Uniti. Il porto di Livorno, prima preso di mira dai bombardamenti alleati e poi minato dai tedeschi in ritirata, era ritenuto essenziale per i rifornimenti della Quinta armata. Moltissime banchine erano distrutte, ma molte funzionavano e il Genio statunitense stava ripristinando quelle fuori uso.
La Decima flottiglia Mas, dopo l’armistizio dell’8 settembre ‘43, aveva giurato fedeltà alla Repubblica di Salò, ma al Sud la Mariassalto costituita con uomini della flottiglia sotto l’ammiraglio Carlo Forza, già comandante della Decima, era al fianco di inglesi ed americani. A capo della flottiglia c’era adesso Junio Valerio Borghese. Il quale, dopo aver incassato il sostegno degli ufficiali, aveva radunato a La Spezia i marinai spiegando la situazione e dando il permesso di congedarsi a chi non se la sentiva di continuare. Molti si erano congedati. Coloro che erano rimasti, però, erano fortemente motivati ad infliggere anche la minima perdita alle forze alleate.
Il servizio informazioni della Decima fece sapere a Borghese e ai suoi massimi collaboratori, Mario Arillo ed Eugenio Wolk, quali aree erano utilizzate e quali navi vi si trovavano. Fu così che fu organizzata un’incursione che doveva riguardare il porto ma non la città di Livorno.
Il guardiamarina Osvaldo Malacarne, il sottocapo Marcello Bertoncin e il marò Edmondo Sorgetti si imbarcarono a La Spezia su uno speciale Sma (silurante modificato allungato, ndr) pilotato dal tenente di vascello Gustavo Fracassini. Il mare era agitato, ma la navigazione fu tranquilla. A circa tre chilometri dal molo foraneo di Livorno, i tre “gamma” scesero in acqua ed iniziarono a pinneggiare verso terra, orientati dalle luci del porto, trasportando ciascuno tre nasse a tenuta stagna contenenti esplosivo, mentre in un’altra nassa, spinta a turno, erano contenuti vestiti asciutti, cibo, documenti falsi e denaro per corrompere, se necessario, qualche inglese od americano di guardia.
Secondo i piani, a terra, il guardiamarina Francesco Pavone, già in zona, doveva introdursi in porto e, a nuoto, recuperare le dieci nasse e trasportarle al canale del Calambrone, dove i quattro si sarebbero poi dovuti ritrovare. Lì avrebbero indossato abiti civili e con i documenti falsi avrebbero raggiunto la città, da dove nei giorni a seguire avrebbero dovuto organizzare nuove azioni di sabotaggio contro alleati e partigiani.
In porto, quella notte, vi erano ventisette navi alla fonda, tutte piene di armi, più tredici petroliere, tra cui la Patrol da dieci mila tonnellate, anch’essa carica di munizioni. I tre “gamma” dovevano far saltare in aria quella nave e qualsiasi altra nave che capitava loro a tiro.
Malacarne, Bertoccin e Sorgetti, in prossimità della Diga, passarono all’attacco mimetizzandosi con l’ambiente circostante. Visti dall’alto dovevano sembrare tre piccoli cespugli galleggianti trascinati dalla corrente. In quel modo entrarono in porto, anche se l’inaspettata illuminazione a giorno dello scalo creò fin da subito dei problemi.
Costrinse i tre a nuotare più lentamente e non distanti dagli scogli, nelle zone maggiormente in ombra, esponendosi a tagli e ferite. Pur tuttavia, l’azione si stava avviando alla conclusione quando accadde l’imprevisto che fece fallire tutto, salvando dalla distruzione la Patrol e le navi che le erano ormeggiate accanto, ma più in generale il porto di Livorno, dato che, anche se l’obiettivo era militare, far saltare delle navi alla fonda avrebbe prodotto una concatenazione di esplosioni capace di fare danni incalcolabili.
Durante la nuotata Malacarne si procurò una piccola lacerazione nella tuta di gomma. L’acqua gelida impregnò la muta di lana. Era dunque in stato di sofferenza fisica, Malacarne, quando giunse sotto la Diga. Per questo gli “sfuggì” il colpo di tosse.
Nel frattempo anche Pavone fu individuato ed arrestato. Dopo aver nuotato con l’enorme carico di nasse, era approdato al Calambrone, dove aveva indossato gli abiti civili. Aveva quindi imboccato una strada che però si rivelò presidiata da soldati alleati. Delle sentinelle inglesi notarono che ai piedi aveva delle inusuali scarpe di gomma e lo fermarono.
La notizia del fallimento della missione degli “uomini gamma” rimbalzò velocemente nel Regno del Sud. L’ammiraglio Forza raggiunse subito Livorno e qui volle incontrare anche i suoi ex commilitoni Malacarne e Pavone, destando lo stupore degli angloamericani. Poi offrì agli alleati l’aiuto della Marina del Sud liberato per controllare lo scalo marittimo. Ma alla lettera del 30 novembre il contrammiraglio americano Hazzersey Johnston, comandante della zona di Livorno, rispose in modo netto il 7 gennaio 1945: il controllo rimaneva saldamente nelle mani degli alleati.
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