Il Tirreno

Livorno

L’intervista

L’arciere toscano non vedente e il messaggio per Babbo Natale: «Ho vinto tutto, ma avrei un sogno...»

di Francesca Bandinelli
Matteo Panariello
Matteo Panariello

Dal titolo iridato alla battaglia per sostenersi: «Sarebbe un ulteriore passo verso la mia indipendenza»

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LIVORNO. Ha vinto il campionato Mondiale di tiro con l’arco 2023 nella categoria “Visually Impaired” per non vedenti, dedicando il successo al fratello Alessio, scomparso prematuramente, e, qualche mese fa, ha conquistato pure il bronzo ai Campionati Europei. Matteo Panariello (nella foto, scattata da Ilaria Cariello), domani – 14 dicembre – a Pescia, riceverà la medaglia d’oro al valore atletico da parte del Comitato paralimpico italiano, mentre la sezione toscana lo insignirà del Pegaso Paralimpico 2024. Il sogno più grande di Matteo, però, è un altro. Lo ha scritto sul suo profilo Facebook, un po’ scherzando e un po’ no: «Caro Babbo Natale, so che la mia letterina è un po’ fuori età. Sai cosa vorrei sotto l’albero? Un lavoro. È difficile da trovare, ma con i tuoi potenti mezzi magari puoi...».

Matteo i suoi successi sportivi, dunque, in questo momento vengono dietro?

«Ho una mensola piena di trofei e medaglie, ma messi insieme non portano soldi. Tanta soddisfazione personale sì, ma in questo momento quella che sto cercando me la potrebbe dare soltanto un lavoro. Sarebbe un ulteriore passo verso la mia indipendenza. Faccio tutto in autonomia, aiutato anche dal cane guida Bacco, ma sento che mi manca qualcosa e questo tassello da aggiungere al mosaico è un lavoro».

Lei ha frequentato il liceo Cecioni. E poi?

«Poi ho pensato che la musica potesse essere una strada, ho suonato e cantato, oltre a fare alcune esperienze in web radio. Erano piccole collaborazioni. Poi, ho cercato di formarmi e ho conseguito un’abilitazione per lavorare come centralinista o in un call center. La tecnologia, oggi, fortunatamente ci aiuta tanto: serve solo l’occasione giusta. Non temo le sfide, amo mettermi in gioco e sono sempre a caccia di nuovi stimoli».

Livorno, per lei che la vive ogni giorno, è a misura di disabile?

«È una città abbastanza vivibile, ma si può sempre fare di più. Per esempio, aggiungere semafori sonori nei punti dove ci sono attraversamenti critici, o anche installare nuovi “loges”, i percorsi tattili per non vedenti. Perché a noi servono riferimenti tangibili, anche per permettere ai cani guida di individuarli con maggiore facilità».

Questi sono alcuni degli aspetti su cui lavora anche la neonata associazione “Protagonisti per la città”.

«Sì, siamo molto attivi e cerchiamo di dare suggerimenti, pur consapevoli che per ogni cambiamento serve tempo e pazienza».

E invece l’amore per il tiro con l’arco come è scoccato?

«Per caso. Avevo la possibilità di scegliere quale sport provare: avevo cominciato col ballo, ma avevo la sensazione di essere troppo nei panni della persona che si faceva “portare”, di fatto seguendo l’istruttore. E non mi piaceva. Ho pensato di sciare, ma qui la neve non c’è (ride, ndr) e, provando il tiro con l’arco, tattile, è stato subito amore. Paolo Del Nista è sempre stato il mio allenatore: lui non aveva mai allenato un non vedente e io non avevo mai fatto scoccare una freccia. Ci siamo trovati subito. Con lui sono salito sul tetto del mondo e ho preso il bronzo europeo».

Lei che ha vinto praticamente tutto, ha ancora un sogno sportivo da provare a realizzare?

«Mi piacerebbe partecipare alle Paralimpiadi, ma come arcieri non vedenti non abbiamo raggiunto ancora un numero importante e I gruppi sportivi non hanno aperto a questa disciplina. Però, sì sarebbe bellissimo. Arrivarci e, perché no, anche provare a lasciare un segno».

A renderla orgoglioso è anche il far parte di “Strabilianti”, l’esperienza dove lo sport abbraccia tutte le abilità.

«Strabilianti è un sogno dedicato a tutte quelle persone che hanno saputo raccogliere una sfida e, comunque, vincerla vivendo la propria vita in maniera libera e piena. Sapere che Livorno, da sempre città vocata allo sport, si è fatta centro propulsore per lo sport paralimpico è motivo di totale soddisfazione. Sentire l’entusiasmo dei bambini che vengono misurarsi coi grandi campioni per promuovere lo sport come mezzo di inclusione è qualcosa che non ha prezzo. Percepire la meraviglia è straordinario».

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