«Salviamo l’Eremo della Sambuca»: il convento millenario dimenticato nei boschi di Livorno
Sos di cittadini e associazioni per il tesoro della Valle Benedetta: è della Regione. «Oggi è il degrado totale: potrebbe diventare un centro dedicato alle scienze»
LIVORNO. Salviamo il millenario Eremo della Sambuca. È un grido che unisce tanti cittadini attivi innamorati dei nostri tesori in abbandono. Per tornare ad accendere i riflettori e una nuova vita su quel patrimonio storico e artistico nel cuore del bosco che sta alle spalle di Livorno, alla Valle Benedetta (eppure nel Comune di Collesalvetti) che ospitava gli eremiti di Sant'Agostino sin dal 1237. E che per diversi secoli, fino al 1600, fu la casa spirituale dei frati Gesuati. Un romitorio oggi dimenticato, tra progetti mai realizzati, vecchi interventi di ristrutturazione e messa in sicurezza comunque, nel tempo, effettuati. E l’interessamento, le iniziative e il cuore di associazioni (con la parrocchia della Valle Benedetta e i volontari del borgo in primis) che per un periodo se ne sono presi cura. «La Regione non è stata certo indifferente al tema del recupero dell’Eremo della Sambuca: è proprio grazie alla Regione stessa che sono stati fatti interventi importanti come il ripristino della strada che porta all’Eremo e alla messa in sicurezza dell’area idrogeologica accanto al monumento», sottolinea il consigliere regionale Francesco Gazzetti che fa il punto sulla situazione. Tanto più che dal 1912 l’Eremo è stato dichiarato monumento nazionale.
Tra storia e leggende
Nella storia dei trafugamenti si racconta come si siano perse le tracce di un calice dalla forma originalissima di “mezzo guscio d’uovo” tipica dei calici medievali. Ma i testi parlano pure di inquietanti apparizioni intorno all’ Eremo: niente meno che Satana in persona che avrebbe molestato i frati per indurli in tentazione sino ad arrivare al famoso diavolo “Romitone”, con le spire da anaconda, che aveva scelto come vittima tale frate Bianco da l’Ancolina. Peraltro la figura del Romitone ha ispirato pure il celebre romanzo “Partita a Senet contro il Romitone” che vede protagonista il capitano Leale Martelli e lo stesso demone. Il complesso, di forma quadrangolare, ha una chiostra aperta che si affaccia sul torrente. La parte centrale della chiesa, risalente all'XI secolo, è incorporata nell'edificio. Svetta un campanile a vela, mentre l'abside semicircolare e le mura portanti dell'eremo risalgono al secolo successivo. Negli anni ’50 l’Eremo è divenuto proprietà del Demanio, a più riprese è stato oggetto di saccheggi. Per fortuna gli affreschi che decoravano la chiesetta (i più importanti sono L’Annunciazione e I due Santi del 1300) si sono salvati perché staccati e asportati nel 1953, nel corso della ristrutturazione, e oggi conservati al Museo della Città.
L’ Eremo oggi
L’immagine oggi della Sambuca è diversa da quella che regalò a suo tempo Giovanni Targioni Tozzetti: “Il convento dei padri gesuiti è in fondo a un’angusta valle sul torrente Ugione. La fabbrica (il convento, ndr) esiste tutta intera ma è molto meschina (bruttina, ndr). Sulla porta d’ingresso è dipinta una veduta della città di Siena. La chiesa è piccola ma sufficientemente ornata: nell’altare maggiore vi è un ottimo quadro e una pila per l’acqua santa con bassorilievi”.
La “fotografia” dello scienziato, datata 1700, combacia con l’abbandono della struttura storica, oggi dal futuro incerto. Ovviamente più passa il tempo e più il gioiello dimenticato mostra segni di cedimento. Interviene Leonardo Lepori, valligiano doc e attivo nell’associazione “Valle Benedetta” impegnata oggi nel restauro degli antichi lavatoi all’inizio del paese: «Alla chiesa di San Giovanni Gualberto (quella della frazione ndr) fu concesso il comodato d’uso nel 2018. La chiesa, in primis col parroco don Cristian Leonardelli, si impegnò a fondo e facemmo alcuni lavori come la ricostruzione del solaio. Poi grazie al sostegno della Provincia rialzammo alcuni muri. Però ci rendemmo conto che non avevamo spalle così larghe per gestire tutto ciò che sarebbe stato necessario per dare nuova vita alla Sambuca e tutto tornò in mano alla Regione». Tornando alla storia recente del rapporto tra la Sambuca e la pubblica amministrazione. «Lo stanziamento più rilevante fu effettuato nel 1983 da parte della Regione Toscana, ente proprietario del monumento:110 milioni di lire – puntualizza Antonio Picchianti, già dirigente del Comune di Livorno, membro attivo nel Club alpino italiano -per ricostruire il tetto e un’ala dell’edificio. Dai documenti ricavati all’Archivio di Stato risulterebbe che in questo intervento si sia trascurato qualsiasi criterio storico e che si siano perse le tracce dei tegoli antichi. Poi altri parziali interventi sono da aggiungere alla situazione attuale, ovvero di degrado totale». Lui da tempo è in lotta per la causa della restituzione ai livornesi e ai turisti del monumento collinare.
Futuro e proposte
Picchianti guarda al futuro. «Dopo il passaggio in mani di vari privati e il riconoscimento di monumento nazionale nel 1912, nel 1950 la Sambuca è rilevata dal Demanio. Ma questo non ha salvato l’eremo dai saccheggi. Si sono salvati alcuni affreschi, ospitati ai Bottini dell’Olio, il contraltare in un deposito della Soprintendenza e la campana che costituirebbe oggi ornamento della storica caserma della Guardia Forestale al Parco dell’Orecchiella». Le idee della cittadinanza attiva non mancano. Picchianti non si limita a fotografare le rovine: «Sarebbe importante se Regione e i tre Comuni sui cui confini l’eremo insiste (Livorno, Rosignano e Collesalvetti) potessero offrire la gestione della struttura all’Unione delle Colline Metallifere». Per farne che cosa? «Per esempio un centro dedicato alle scienze geomineralogiche, botaniche o zoologiche con laboratori attrezzati o comunque attività di ricerca di studio», scandisce Picchianti. E ancora: «O in ultima analisi restituirla alla chiesa e quindi al culto. I latini dicevano “etiam ruinae perierunt” ovvero anche le rovine periscono. Vogliamo far sì che venga per sempre meno una bellezza della nostra cultura religiosa e architettonica ?».
Ed è proprio su quel che sarà dell’Eremo della Sambuca che chiude Gazzetti. «Certo ad oggi è difficile poter pensare a un progetto risolutivo per l’eremo ma il tema è sempre comunque nella nostra agenda».