Il Tirreno

Livorno

Il processo

Presunta violenza sessuale in discoteca all'Elba, l'imputato: «Lei era assicurata contro gli stupri»

di Stefano Taglione
Tre carabinieri al lavoro, di cui uno deputato alle investigazioni scientifiche (foto d'archivio)
Tre carabinieri al lavoro, di cui uno deputato alle investigazioni scientifiche (foto d'archivio)

Gelo in tribunale dopo la testimonianza del pr accusato di aver violentato una barista del locale isolano nella notte di San Silvestro del 2022: «Di questa polizza me lo ha detto la mia avvocata». Ma la controparte lo smentisce

09 novembre 2024
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PORTOFERRAIO. «Lei mi ha cominciato a baccagliare, a stuzzicare, veniva… se lei era dentro e io fuori, veniva fuori. Dopo 40 minuti che l’avevo conosciuta mi era già addosso. All’inizio, essendo un uomo, l’ho scansata, alla fine però mi sono fatto trascinare in bagno. Mi ha preso per un braccio e mi ha portato nel bagno degli uomini, quello pubblico. Poi siamo saliti su insieme, anzi lei forse è salita un secondo dopo. La mia seconda avvocata, Lucia Mannu, mi ha accennato che lei aveva un’assicurazione contro lo stupro».

La presunta polizza

A parlare nell’ambito del processo che lo vede imputato a Livorno è il trentanovenne Alessandro Canovaro, il pr elbano accusato di violenza sessuale e lesioni personali per aver, secondo la procura, stuprato e picchiato nel bagno di una discoteca isolana nella notte di San Silvestro che separava il 2022 dal 2023 una barista di 23 anni che stava lavorando lì durante quella serata, poi dimessa dal pronto soccorso di Portoferraio con 25 giorni di prognosi. All’epoca dei fatti il giovane era stato arrestato dai carabinieri e ora, come misura cautelare, ha l’obbligo di permanenza in casa la notte, quello di restare sempre nel comune di Marciana (dove vive) e il divieto di avvicinamento per 300 metri alla persona offesa con il controllo attraverso il braccialetto elettronico. Sulla presunta assicurazione in caso di stupro, di cui ha parlato riferendosi alla vittima in risposta alla domanda di una delle sue legali, Cesarina Barghini, Canovaro ha poi rimarcato al presidente del collegio, il giudice Ottavio Mosti, che «me lo ha accennato l’altra mia legale, Lucia Mannu, che sapeva di questa...», le sue parole in aula. «Quando me l’hanno riferita – ha invece poi proseguito in aula Barghini – anche io pensavo che non fosse possibile, però pare che esista quindi ci sta, questo non lo so, appureremo. È un’assicurazione in caso di stupro, come un omicidio stradale è un reato, uno si assicura, cioè per l’incidente stradale è assicurato, una roba del genere – ha continua Barghini – l’ho voluta chiarire per mettere nell’insieme anche una circostanza del genere se fosse vera, poi appureremo perché insomma potrebbe avere le sue rilevanze». Sul punto, Mosti, ha poi chiosato sottolineando che chiederà della questione alla stessa Mannu. Aggiungendo, tuttavia, di non «pensare che sia possibile che l’oggetto di un contratto di assicurazione sia questo». L’esistenza della polizza, in ogni caso, viene comunque smentita con forza dalla controparte: la vittima, insomma, non aveva nessuna assicurazione contro gli stupri.

La testimonianza

Canovaro, nel corso della sua testimonianza, ha risposto alle domande dell’avvocata di parte civile Monica Lottini, a quelle della sua legale Barghini (la collega, Mannu, era impossibilitata a essere presente in aula) e alla pubblico ministero titolare dell’inchiesta, Antonella Tenerani. Nella parte finale dell’esame, invece, ha fornito alcuni chiarimenti al presidente del collegio. Il trentanovenne ha spiegato alla corte – presidente Mosti, a latere i magistrati Andrea Guarini e Tiziana Pasquali – che nel bagno della discoteca con la ventitreenne, che Il Tirreno non rende identificabile in quanto presunta vittima di violenza, ci sarebbe stato un rapporto orale, a suo dire consenziente. «Poi siamo saliti su insieme, lei forse è salita un secondo dopo – le parole del trentanovenne –. Dopo ho fumato una sigaretta, mi ricordo saranno state due e mezzo, un quarto alle tre, ho fatto ancora un paio di giri dentro e poi me ne sono andato perché non c’era tanta attività, non c’era il mondo di gente come si pensava quella sera. La serata è andata così». Mosti ha poi chiesto a Canovaro, che continua con forza a reputarsi innocente, come si spieghi la denuncia sporta dalla ragazza nei suoi confronti. «Che il fatto è successo quello non lo… – ha poi proseguito – però non sono stato io, che discorsi, che qualcuno ha messo eh… però non c’entro… mi ha fatto un rapporto orale e basta». L’imputato ha poi parlato di «una ripicca perché non mi sono drogato insieme a lei», riferendosi a una presunta offerta di cocaina da parte della vittima, di cui comunque nel corso del processo ha parlato solo lui. «Non lo so, o perché dopo il fatto non l’ho più considerata, l’ho lasciata lì sulla sedia c’è rimasta male, boh non lo so», ha poi concluso cercando di spiegarsi la querela per la presunta violenza sessuale.

Gli orari

Secondo gli inquirenti la presunta violenza sessuale sarebbe avvenuta attorno alle cinque di mattina di Capodanno, anche se nella sua testimonianza Canovaro – che comunque nega lo stupro e si reputa innocente – ha spiegato che il rapporto orale nel bagno degli uomini della discoteca, consenziente a suo dire, risalirebbe a qualche ora prima, fra «le due e mezzo e un quarto alle tre» della stessa notte. La sua permanenza all’interno del locale elbano a è stata al centro della testimonianza di uno dei carabinieri che nei giorni successivi ha partecipato alle indagini, che rispondendo a Barghini ha spiegato che «dalle 23,28 alle 5,58 non si è spostato», in base alla cella agganciata dal suo cellulare.

La misura cautelare

Nel corso nell’ultima udienza la difesa aveva chiesto al tribunale la revoca della misura cautelare, che però è stata respinta: «Il mantenimento – così hanno scritto i giudici motivando il rigetto – continua a doversi considerare necessario ai fini della verifica dell’effettività della limitazione cautelare, specie tenuto conto della limitata distanza geografica fra le abitazioni dell’imputato e della persona offesa».

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