Alluvione a Livorno, dopo la condanna in primo grado Nogarin ha fatto ricorso in appello
L’udienza si svolgerà a Novoli in data ancora da fissare, la difesa chiederà l’assoluzione. L’ex sindaco è stato ritenuto responsabile per omicidio colposo plurimo delle 8 vittime
Livorno Filippo Nogarin ha fatto appello contro la condanna a tre anni di reclusione. L’allora sindaco di Livorno, ritenuto responsabile in primo grado per il reato di omicidio colposo plurimo, attraverso la sua avvocata Sabrina Franzone lo aveva annunciato fin da subito. E nelle scorse settimane, dopo che ad aprile erano state depositate le motivazioni della sentenza pronunciata quasi un anno fa dal giudice Ottavio Mosti, è arrivata l’ufficialità del ricorso. L’udienza, a Novoli, deve essere ancora fissata e la difesa chiederà la sua assoluzione.
«Le vittime si potevano salvare»
La colpevolezza in primo grado di Nogarin, secondo il tribunale, ruota attorno alla mancata attivazione dell’alert-system, l’avviso automatico che viene inviato alla popolazione in caso di rischi imminenti, quale un’alluvione.
La riorganizzazione precedente della protezione civile, un altro punto contestato dalla procura secondo cui l’ex primo cittadino l’avrebbe indebolita, è un elemento non alla base della decisione del giudice. Lo si evince in più passi della sentenza pronunciata lo scorso 14 ottobre, sei anni dopo la tragedia.
«L’esondazione del rio Maggiore e del fosso dell’Ardenza era inevitabile – si legge –. Era invece evitabile, mediante una corretta attività di prevenzione, il decesso delle otto vittime. È un dato di immediata percezione che lo sforzo operativo prodotto dal servizio di protezione civile comunale sia stato largamente deficitario».
E ancora: «Filippo Nogarin, autorità di protezione civile, avrebbe dovuto fare ben di più di uno scambio rapido di messaggi con persone che sapeva prive di un adeguato bagaglio di esperienza e di competenza: Luca Soriani, che non era un meteorologo e che mai era andato oltre il proprio ruolo di esecutore di direttive altrui, e Riccardo Pucciarelli, appena insediato come dirigente della protezione civile e proveniente da anni di esperienza professionale in un ambito diverso – si legge ancora –. Tanto più che i feedback sui quali poteva contare, in merito all’immediata funzionalità dell’ufficio, non erano rassicuranti. Sapeva (doveva sapere) anzitutto delle ferie di Riccardo Stefanini (uno dei funzionari in servizio all’epoca ndr). E doveva essere attivato l’alert-system: se della necessità di ricorrervi nel pomeriggio o nella sera di sabato 9 settembre 2017 può discutersi, davvero non è sostenibile la legittimità della scelta di non farne uso nelle ore successive, quando il fronte del temporale si è spostato in direzione sud, aggiungendo concretezza al rischio, già preventivato, di tenuta del reticolo idrografico minore».
I risarcimenti
Nel complesso, il tribunale, ha disposto provvisionali per circa due milioni di euro come risarcimenti ai familiari delle vittime. Gianfranco Tampucci, Roberto Vestuti, Martina Bechini, Raimondo Frattali, Glenda Garzelli, Simone, Filippo e Roberto Ramacciotti, i cui eredi sono assistiti dagli avvocati Carlo Golda, Massimo Manfredini, Paola Bernardo, Cristiano Spadoni, Danilo Adoncecchi e Lorenzo Mini.
Alcuni dei legali di parte civile, dopo la sentenza di assoluzione in rito abbreviato per l’ex responsabile della protezione civile e comandante della polizia municipale Riccardo Pucciarelli, avevano invece presentato appello limitatamente ai capi civili della sentenza pronunciata in camera di consiglio nel gennaio del 2022, sempre alla corte d’appello di Firenze.
Rischio “al lupo al lupo”
Mosti, nella sentenza, spiega anche perché la protezione civile non avrebbe attivato l’alert-system. «La ragione per la quale non è stato attivato già nella giornata di sabato 9, quando è stato preannunciato dal Centro funzionale regionale lo stato di allerta arancione per 24 ore a partire dalla mezzanotte, una finestra temporale tale da rendere presumibile in anticipo e in ogni suo aspetto la maggiore difficoltà di intervento nel caso in cui il pericolo si fosse concretizzato in orario notturno – scrive – è stata ricostruita dall’imputato e dalla difesa, anche tramite una consulenza tecnica soltanto ex post, con riferimento all’inopportunità di innescare un effetto di desensibilizzazione dell’avviso (“al lupo al lupo”) e, più in generale, alla necessità di valutare costi e benefici dell’azione secondo il “metodo Augustus”».
«Si tratta, in realtà – continua la sentenza del tribunale –, di valutazioni non compiute dal Nogarin nel frangente in cui gli erano richieste, o che comunque sono rimaste implicite nel suo “non facere”, senza essere supportate da alcuna analisi tecnica del rischio e delle sue possibili conseguenze. Sappiamo, infatti, che il processo decisionale del sindaco si è esaurito nello spazio dei pochi messaggi scambiati con Soriani e Pucciarelli, con i quali non si è entrati nel merito di nulla e che i tre, ognuno a modo suo lontano dalla competenza necessaria a gestire la criticità, non hanno fatto altro che darsi reciproco avallo per l’avvio, sulla carta, di determinate procedure».l
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