Il Tirreno

Livorno

L’inchiesta

Riti e allucinogeni in Toscana, le intercettazioni: «Il gelataio bisogna si fermi un po’». Tutti gli indagati

di Stefano Taglione
Un cane antidroga dei carabinieri impegnato nelle attività
Un cane antidroga dei carabinieri impegnato nelle attività

Così parlava Bruno Bugliesi riferendosi all’imprenditore Bernardo Bartoletti: «Mi ha dato 300 euro, 50 li ho dati a te, ma se non smette diventa un problema»

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LIVORNO. «Il gelataio non vuole nulla?». «Eh... si è dato l’altro ieri! Ha dato 300 euro... 50 li ho presi io e 50 te li ho dati a te. Ma il gelataio ora bisogna che si fermi un po’ perché sennò è un problema eh». A parlare con uno degli indagati, uno spacciatore tunisino, è il sessantasettenne livornese Bruno Bugliesi, di Quercianella e ora in carcere alle Sughere, personaggio di primo piano nell’ambito dell’operazione “Mexal” che, lunedì scorso, 2 settembre, ha portato all’arresto da parte dei carabinieri di altre otto persone fra Livorno e provincia. Bugliesi, difeso dall’avvocato Nicola Giribaldi, è accusato di aver spacciato a Livorno cocaina, eroina e hashish, anche all’imprenditore trentottenne di Castiglioncello Bernardo Bartoletti (nella cui casa sono stati sequestrati anche allucinogeni che sarebbero stati utilizzati, secondo la procura, pure per dei riti sciamanici) al quale fa riferimento nell’intercettazione telefonica chiamandolo “Gelalaio”.

Poi è ritenuto responsabile dell’importazione, nel marzo scorso, di 31 chili sempre di hashish dalla Spagna (per questo fu arrestato e ha un procedimento penale separato) mentre, nel gennaio precedente, 20 chili della stessa droga leggera suddivisa in 200 panetti per 38.000 euro nel Ravennate. Ascoltato dai militari dell’Arma nel corso di una telefonata con un altro indagato Bugliesi si dice preoccupato dell’eccessiva richiesta di droga da parte dell’imprenditore di Castiglioncello. Un campanello d’allarme, il suo, anche se dalla conversazione il motivo è tutt’altro che chiaro.

Tutti gli indagati

In cella, oltre a Bartoletti e Bugliesi, il cinquantasettenne livornese Massimo Scotto (insieme al sessantasettenne avrebbe acquistato i 20 chili di hashish, mentre sempre con lui ne avrebbe importato altri 31 chili da Barcellona), il diciannovenne tunisino Wael Otay (per vendita di cocaina ed eroina «in più occasioni e in modo continuativo»), il suo connazionale ventiseienne Nasreddine Talbi (stesse sostanze), il ventunenne Seif Sannen (anch’egli tunisino, cessioni di hashish), il connazionale residente a Pisa Makrem Talbi (34 anni, accusato di aver spacciato cocaina e hashish) e, dalla notte fra lunedì scorso e martedì, anche il ventunenne tunisino Mohammed Alii Otay, rintracciato dai militari del nucleo investigativo di Livorno, diretti dal maggiore Guido Cioli, nei boschi senesi, dove si stava nascondendo. Ai domiciliari, invece, il sessantaseienne livornese Paolo Ceccarini, 66 anni, accusato di aver venduto cocaina «in più occasioni e in modo continuativo» a Bugliesi e ad altre persone. Obbligo di dimora nel comune di Livorno, invece, per il trentaquattrenne tunisino Ousamma Belarbi (spaccio di cocaina), per il cinquantacinquenne piombinese Maurizio Montorzi (vendita di cocaina e hashish, mentre il 18 gennaio scorso fu arrestato il flagranza di reato e poi scarcerato perché, a Riotorto, fu trovato con 100 grammi di hashish), per il ventinovenne tunisino Hamdi Mouradi (spaccio sempre di hashish), per il trentanovenne marocchino Bader Salov (cocaina) e per il trentaseienne livornese, nato a Pisa, Simone Alessandro Pini (insieme a Bugliesi e a Scotto accusato dell’importazione dei già citati 31 chili di hashish dalla Spagna). Manca all’appello solo un quindicesimo indagato, che si trova in Tunisia, per il quale le autorità si sono già mosse chiedendone il rintraccio. Non sono chiari, però, i tempi: né, nel Paese nordafricano, dove si trovi in questo momento.

Le intercettazioni

Esemplificativa l’intercettazione del 25 febbraio scorso, quando Bugliesi chiama al telefono uno degli indagati chiedendogli un piccolo rifornimento di droga. Sono le 17 quando lo contatta: «Va bene, allora mandami “gelataio” e “per me”». «Ti mando giù il bimbo così vai direttamente, poi ci vediamo domani?». L’appuntamento è in via della Bassata, vicino al liceo Enriques, dove alcuni dei coinvolti nell’operazione “Mexal” avrebbero spacciato, senza coinvolgere però gli studenti livornesi. Bugliesi, secondo l’accusa, scende di macchina e ritira la sostanza stupefacente, per poi portarla a Castiglioncello a Bartoletti, in cambio di 300 euro, almeno secondo la ricostruzione dei carabinieri. Già qualche giorno prima Bugliesi si era messo d’accordo con un pusher per rifornire, almeno secondo le sue parole intercettate, l’imprenditore rosignanese: «C’era quella del gelataio, non ti ha detto niente?», chiede il sessantasettenne. «Lo so io... ce l’ho... ho paura che ti fermino», risponde lo spacciatore nordafricano. «No no... non ti preoccupare... io quando basta che mi dai il gelataio e un chicchino piccolo per me... e 20 euro per la benzina... io aspetto una mezz’ora, quando salgo ti avviso, va bene?».

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