Sudore di rospo, cos’è e cosa provoca droga sequestrata in Toscana e l’ombra dei riti di purificazione
Secondo i carabinieri sulla costa sarebbero andate in scena delle “messe” con l’utilizzo di sostanze allucinogene
CASTIGLIONCELLO. L’imprenditore di Castiglioncello Bernardo Bartoletti, dal 2 settembre nel carcere delle Sughere in regime di custodia cautelare, secondo l’accusa avrebbe ordinato per posta o fatto viaggi fra l’Italia e il Sudamerica (in particolare verso Perù e il Messico) facendosi spedire o portandosi dietro nel bagaglio foglie di coca, mescalina, kratom (principio attivo della “mitragyna”) e ayahuasca (letteralmente “liana degli spiriti”, detta in gergo “changa”). Sostanze che avrebbe utilizzato, sempre a giudizio della procura, anche per «riti di purificazione», insieme ad altre persone, sia a casa sua che nel Nord Italia. «Un’eventualità, quella dei riti sciamanici – ha spiegato ieri, nel corso della conferenza stampa organizza al comando dell’Arma di Livorno, il comandante provinciale Piercarmine Sica – che non possiamo escludere».
Sudore di rospo
I carabinieri del nucleo investigativo di Livorno, guidati dal maggiore Guido Cioli, a casa del «gelataio» – così viene definito in alcune intercettazioni telefoniche da un altro degli arrestati, il sessantasettenne livornese Bruno Bugliesi – durante la perquisizione del 2 settembre hanno sequestrato anche del veleno, detto “sudore di rospo” (leccare la pelle di questo animale, il “Bufo alvarius”, provoca già di per sé effetti allucinogeni). «Sul punto – spiega il tenente colonnello Rocco Taurasi, a capo del reparto operativo – sono in corso analisi per l’inquadramento normativo». Sempre dalle indagini, l’uomo, è accusato di aver spacciato hashish a un rosignanese, fra il settembre e il dicembre dell’anno scorso, e in più occasioni avrebbe acquistato la stessa sostanza da Bugliesi.
La telefonata
Inoltre, secondo gli investigatori, oltre al pacco mai recapitato perché sequestrato all’aeroporto di Parigi Charles de Gaulle di fine maggio dell’anno scorso, l’imprenditore si sarebbe fatto spedire altri due scatoloni: uno il 25 marzo del 2023 dal peso di 3,54 chili e l’altro, l’11 maggio successivo, da 2,26 chili. Stesso mittente della mescalina trovata nel plico che ha dato impulso all’inchiesta, secondo quanto appurato dalla direzione centrale servizi antidroga. Nel dicembre dello stesso anno, infine, Bartoletti avrebbe telefonato per due volte al centralino di Poste italiane reclamando la mancata consegna di un altro pacco fermo alla dogana di Milano per la mancata attestazione del mittente sul suo contenuto: gli inquirenti, che lo stavano ascoltando, hanno così ispezionato l’ordine in giacenza scoprendo come all’interno della scatola vi fossero una confezione di mescalina da 82 grammi e cento sigarette «contenenti sostanze vegetale – si legge negli atti – dal peso di 247 grammi», poi risultata sempre mescalina dalle analisi di laboratorio disposte dalla procura.