Il Tirreno

Livorno

La sentenza

Autoproduzione nei porti, Gnv vince in tribunale: salgono i timori a Livorno

di Stefano Taglione
Una veduta del porto labronico (foto d'archivio)
Una veduta del porto labronico (foto d'archivio)

A Genova i giudici danno ragione alla società e non ai portuali: «Per alcune operazioni in nave possono usare i propri dipendenti»

4 MINUTI DI LETTURA





LIVORNO. «Questa sentenza non è molto chiara: a mio parere, in futuro, può dare adito a mettere in pratica quel tentativo che molte compagnie di navigazione vorrebbero realizzare, ovvero far svolgere le operazioni al proprio personale di bordo, a danno dei portuali».

A parlare – commentando una sentenza del Consiglio di Stato che su una vicenda genovese ha dato ragione a Grandi navi veloci – è il presidente della Compagnia portuale di Livorno, Enzo Raugei. Il provvedimento amministrativo riguarda una disputa fra Gnv, una cooperativa di portuali della città e l’Autorità di sistema portuale del mar Ligure occidentale e potrebbe scatenare un effetto domino sulle banchine italiane, Livorno compresa. L’azienda italiana si era appellata alla sentenza pronunciata dal Tar della Liguria che aveva bocciato la richiesta della compagnia di poter agire in regime di autoproduzione sulle proprie navi, senza avvalersi delle prestazioni dei portuali per le operazioni di rizzaggio e derizzaggio. Il Consiglio di Stato, riformandola, scrive che «la norma va letta nel senso di imporre i limiti all’autoproduzione solo ove qualora si parli di imprese di navigazione che non risultino già assistite da apposito titolo autorizzativo ex articolo 16, comma 3, della legge 84 del 1994. Qualora, invece, tale titolo sia stato rilasciato, la norma non impedisce che esso venga utilizzato dall’impresa anche per le operazioni da compiersi a bordo delle proprie navi in porto, quindi con proprio personale, ossia in regime di autoproduzione senza incorrere nei limiti e nelle condizioni applicative imposti».

In pratica Gnv potrà agire in regime di autoproduzione, bypassando il personale di terra. Che cosa cambia per Livorno? Al momento nulla, visto che non ci sono compagnie di navigazione che qui hanno questa autorizzazione. «In ogni caso – sono le parole di Raugei – un’impresa autorizzata deve avere a libro paga dei lavoratori che vengono pagati con il contratto collettivo nazionale di lavoro dei portuali. Queste operazioni, infatti, non possono certo essere svolte dai marittimi, ma da personale formato per questo, che dovrebbe essere alle dipendenze della compagnia».

È chiaro, quindi, che se una compagnia di navigazione, in futuro, volesse fare così anche a Livorno dovrebbe prima assumere propri portuali, ricorrere alle loro opere per queste operazioni interne alla nave mentre per le altre non cambierebbe nulla. «Ai costi attuali sarebbe poco conveniente», prosegue il presidente della Compagnia portuale». «Le sentenze numero 1393/2024 e 2775/2024 del Consiglio di Stato – è invece la nota del direttore generale dell’Associazione nazionale compagnie imprese portuali, Gaudenzio Parenti – non mutano la situazione attuale. Viene anzi ribadita la puntuale regolazione e i controlli della Port Authority in sede di eventuale autorizzazione all’autoproduzione, esplicitati nei commi 4-bis e 4-ter dell’articolo 16 della legge speciale numero 84/94, e la fattispecie che il personale marittimo adibito per l’autoproduzione deve essere esclusivo e aggiuntivo alla tabella di armamento, come da nota del comando generale del corpo delle capitanerie di porto, e che per lo stesso devono essere applicate le stringenti norme sulla sicurezza e del contratto collettivo nazionale di lavoro di riferimento».

In primo grado, uno dei punti su cui si erano concentrati i giudici del Tar ligure, riguardava la sicurezza. Secondo i giudici del Consiglio di Stato, tuttavia, il rispetto delle «prioritarie ragioni di sicurezza», espresse dal tribunale regionale amministrativo della Liguria nella motivazione della sentenza poi riformata, «trovano comunque adeguata copertura attraverso il meccanismo delle due autorizzazioni, quella ex comma 3 e quella ex comma 4-ter sempre dell’articolo 16 della legge 84/1994, quest’ultima specificamente dedicata alla situazione (che, tuttavia, non ricorre nella presente fattispecie) della compagnia di navigazione che intenda svolgere le operazioni portuali in regime di autoproduzione. Nel caso di specie, venendo in considerazione operazioni portuali (rizzaggio e derizzaggio di veicoli sulle navi in porto) che pacificamente non rivestono interesse economico generale, ben l’impresa già autorizzata ai sensi dell’articolo 16, comma 3, della legge 84 del 1994 può procedere a svolgerle, sulle proprie navi, con proprio personale, e ciò proprio in conformità alla clausola iniziale di cui al comma 4-bis del citato articolo 16. Non vi è dunque luogo ad interpellare la Corte di giustizia dell’Unione europea in sede di questione pregiudiziale, per la sostanziale irrilevanza delle limitazioni imposte dal menzionato comma 4-bis, non applicabili, per quanto poc’anzi chiarito, alla presente fattispecie». Una sentenza che quindi potrebbe scatenare un effetto domino nei porti italiani, Livorno compresa, considerando che verrebbe fortemente ridimensionato il ruolo dei portuali, personale da sempre utilizzato dagli armatori per le operazioni che si svolgono all’interno delle navi traghetto che ormeggiano nei terminal dello Stivale». l

Stefano Taglione

Maurizio Campogiani

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Primo piano
Sos sicurezza

Rosignano, esce con il cane e viene aggredita: grave imprenditrice. Il racconto choc

di Ilenia Reali
Sportello legale