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Livorno

L'operazione

Cocaina in porto a Livorno, l'arrestato con i 50 chili è un muratore di San Miniato

Stefano Taglione
La guardia di finanza in azione
La guardia di finanza in azione

Il presunto "corriere" è stato sorpreso dalla guardia di finanza dopo aver svuotato il container, ufficialmente di gamberi surgelati, e caricato la droga in auto

12 agosto 2023
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LIVORNO. Apparentemente, nel container, c’era solo un carico di gamberi surgelati partito dall’Ecuador. Una spedizione alimentare destinata in Toscana, peccato che fra le griglie di areazione ci fossero anche 50 chili di cocaina purissima dal valore, una volta immessi sul mercato, di 35 milioni di euro.

Ennesimo maxi-sequestro in porto della guardia di finanza di Livorno e del reparto antifrode dell’Agenzia delle dogane, con i militari che, dopo aver accertato la presenza dei 45 panetti di droga, hanno atteso l’arrivo del “corriere” toscano e lo hanno arrestato. Si tratta di un muratore di 23 anni di San Miniato, di origine albanese, Islam Kurti. Il giovane, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, nella notte fra venerdì e sabato scorsi era entrato nell’area doganale per prendere la cocaina e consegnarla a chi l’aveva ordinata ai “narcos” sudamericani e si trova ora nel carcere Don Bosco di Pisa, con il sequestro e l’arresto disposti dal pm Massimo Mannucci che sono già stati convalidati dal giudice per le indagini preliminari.

Le fiamme gialle sono entrate in azione dopo che Kurti aveva già preso la droga, nel momento in cui stava accendendo la macchina per tornare in provincia di Pisa. Per fortuna non c’è stato bisogno di usare la forza e nessuno, durante l’operazione, è rimasto ferito. Sempre della zona del Cuoio e suoi connazionali, fra l’altro, erano altri tre giovani arrestati lo scorso marzo sorpresi nel tentativo di tirare fuori oltre mezzo quintale di “polvere bianca” da un container partito sempre dal porto ecuadoregno di Guayaquil: abitavano a Empoli, San Miniato e Fucecchio e per loro, il corrispettivo pattuito con i “capi”, era di mille euro al chilo. Presumibile che la stessa somma sarebbe stata versata al ventitreenne dopo la consegna: su questo, però, il diretto interessato dopo essere stato fermato non ha detto niente, scegliendo il silenzio. Per lui, l’accusa, è traffico di sostanze stupefacenti aggravato dall’ingente quantità.

Ben 45 i panetti all’interno dei quali era confezionata la cocaina: sulle confezioni in cellophane il simbolo dell’Audi con su scritto il modello dell’auto, RS 6, una sportiva di pregio del gruppo automobilistico tedesco. Come spesso accade il rivestimento dei panetti era il linguaggio in codice per indicare che erano proprio quelli da prendere. «L’operazione – spiegano l’Agenzia delle dogane di Livorno e il comando provinciale della guardia di finanza – segna un ulteriore tassello a favore della lotta al narcotraffico sul territorio toscano e nazionale ed è il risultato di una quotidiana e metodica attività di controllo sul campo, rafforzata dall’esecuzione del protocollo d’intesa relativo ai rapporti di collaborazione tra l’Agenzia delle dogane e le fiamme gialle».

Militari e personale dell’ente hanno monitorato varie spedizioni di gamberi partite dal Sudamerica, individuando poi quella giusta. Non a caso, due settimane fa, un analogo sequestro di cocaina aveva riguardato proprio un container di crostacei salpato dall’Ecuador. Nei mesi scorsi, invece, l’organizzazione criminale (ammesso che sia sempre la stessa) aveva scelto le spedizioni di banane in cui nascondere la sostanza. Un cambio di rotta, colto subito dai finanzieri, che così sono riusciti a fermare i 35 milioni di droga.

Il sequestro, in ogni caso, conferma la centralità del porto di Livorno fra le rotte della criminalità organizzata. Che diversifica, scegliendo talvolta porti del sud del Paese, talvolta scali più grandi come Anversa o l’Europoort di Rotterdam, il più grande del nostro continente e, presumibilmente, la vera porta d’ingresso europea della cocaina. L’importanza di Livorno è per altro testimoniata dal fatto che la seconda operazione più importante d’Italia, prima dell’inizio della pandemia, avvenne proprio qui: 3,3 tonnellate di “polvere bianca” sequestrate dai carabinieri che portarono all’arresto, a Marsiglia, di due persone che nel frattempo erano arrivate per ritirare il preziosissimo carico dal valore 230 milioni di euro. l

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