Morte di Ramy, la perizia: l’inseguimento dei carabinieri non causò la caduta dallo scooter
La posizione del carabiniere, attualmente indagato per omicidio stradale in concorso, potrebbe modificarsi alla luce della consulenza
Non sarebbe stato il comportamento del carabiniere alla guida a causare la caduta dello scooter su cui viaggiava Ramy Elgaml.
È la conclusione, da quanto si apprende, a cui sarebbe giunto il consulente nominato dalla Procura di Milano, Domenico Romaniello, nella perizia cinematica sull’incidente del 24 novembre al termine di un inseguimento durato 8 chilometri.
Il militare alla guida della Giulietta avrebbe frenato in tempo e l'urto con lo scooter T-Max guidato dall'amico di Ramy, Fares Bouzidi, sarebbe avvenuto prima della caduta e non all'angolo fra via Ripamonti e via Quaranta.
Il carabiniere alla guida della gazzella che inseguiva Ramy Elgaml ha frenato "il più energicamente possibile per cercare" di fermare l'auto in corsa nel poco "spazio a disposizione". Se "la distanza" fra militari e lo scooter in fuga fosse stata "maggiore" si sarebbe potuto fermare, l'inseguimento della notte del 24 novembre a Milano però non è un "normale incidente stradale" ma "un'operazione di pubblica sicurezza" in cui il militare si è attenuto "alle procedure previste nei casi di inseguimenti di veicoli".
Così il consulente dei pubblici ministeri di Milano Marco Cirigliano e Giancarla Serafini, ingegner Domenico Romaniello, nelle 164 pagine di consulenza tecnica sulla dinamica dell'incidente che ha provocato la morte del 19enne egiziano del quartiere Corvetto. Per Romaniello, il vice brigadiere si è trovato di fronte a una "manovra improvvisa ed imprevedibile" del conducente della moto, Fares Bouzidi, che ha visto il "taglio della propria traiettoria". Elementi che emergerebbero dalla "analisi cinematica" e la visione dei "video" di sorveglianza. La posizione del carabiniere, attualmente indagato per omicidio stradale in concorso, potrebbe modificarsi alla luce della consulenza.