Sanremo 2025, le pagelle della serata duetti e cover - Le canzoni più riuscite, gli inciampi e le regine della serata
I nostri voti scritti durante la diretta delle esibizioni della quarta serata del festival della canzone italiana
Shablo feat Guè, Joshua, Tormento e Neffa. Geniale Geppi Cucciari nel presentarli: “Tutta gente senza onomastico”. La prima parte del medley hip-hop è dimenticabile, poi Guè e soprattutto Neffa tirano fuori la perla dell’old school italiano “Aspettando il sole”. E senti come suona.
Voto 6.5, glorie hip-hop dal 1996
Bresh e Cristiano De Andrè. Il primo tentativo non va, il microfono di Bresh è muto dopo che Cristiano De Andrè – come sempre posseduto dallo spirito camaleontico del padre - intona una Creuza de mä che par proprio di sentire Faber. Al secondo take si stacca il microfono di De Andrè figlio e allora pare proprio che qualcuno dai carruggi di Genova cerchi lo scherzo situazionista anarchico. Ma i due non si perdono d’animo e portano a casa una bella cover. Ah povero Tony Effe, se solo a lui riuscisse di fare Califano come Cristiano fa il padre (ok, forse sta cominciando a essere accanimento il mio).
Voto 7, la portano a casa nonostante gli dei della tecnica li prendano di mira
Fedez e Marco Masini. Forse la cover più attesa. Emozionato nello sforzo di apparire gelido e distaccato, Fedez pare proprio dedicarla alla sua ex questa “Bella stronza” che canta con l’autore Marco Masini che gorgheggia al suo fianco. Un’altra puntata della telenovela di vita degli ex Ferragnez in diretta. Si avverte l’emotività, ma saremmo anche stanchini.
Voto 5, personale ma stanca
Brunori Sas, Riccardo Sinigallia e Dimartino. Si vede e si sente che da ragazzi tutti e tre gli artisti gli accordi di “L’anno che verrà” li avranno consumati sognando di diventare cantanti. Qualche stonatura di troppo non rende perfetta l’esibizione, ma è da apprezzare l’amore. Bello e doveroso il ricordo di Paolo Benvegnù.
Voto 6, qualche stonatura ma c’è amore
Willie Peyote, Tiromancino e Dito nella Piaga. Califano va tantissimo nel 2025 sanremese: è la crisi del maschio dopo un lustro di rinascita femminista? Una cover decorosa di un Tempo Piccolo che a suo tempo Tiromancino già aveva fatto conoscere a un pubblico più giovane di quello che la sentì ai tempi della prima incisione. Tony Effe, si fa così il Califfo: senza camaleontismi fuori tempo. Sempre niente di personale, eh.
Voto 6.5, una riproposizione rispettosa di un classico di Califano
Massimo Ranieri e Neri Per Caso. Non c’è bisogno di orchestra per questo eccezionale gruppo di professionisti, un piacere per le orecchie. Ranieri che a 73 (settantatre!) anni tiene il palco con quella freschezza, mentre qui si fatica a scrivere queste poche, insulse righe, è un manifesto all’ingiusta distribuzione dei patrimoni genetici.
Voto 7.5, impeccabili professionisti
Elodie e Achille Lauro. Achille Lauro è afflitto dalla sindrome dell’urlatore che sembra non risparmiare nessuno dei nuovi cantanti italiani, Elodie lo ingentilisce e ne esce una cover di Rino Gaetano tutto sommato accettabile. A mano a mano urleranno meno le italiche ugole maschile? Folle Città della Bertè, altra metà del medley, pare un po’ più nelle corde del duo. E c’è grande simpatia.
Voto 6, Rino Gaetano e Bertè accettabili
Olly e Goran Bregovic. Ecco il ritmo tanto agognato, anche se Olly che decide di urlare per due minuti filati sul Pescatore di De Andrè dà più l’idea del pescivendolo che piazza la sua merce che quella del misericordioso uomo che sfama l’assassino cantato nella novella del cantautore genovese. Inspiegabile il medley finale che fa con un suo pezzo.
Voto 3, Olly più pescivendolo che pescatore
Joan Thiele e Frah Quintale. L’arpa e la voce soffusa dopo due ore, e con due ore che mancano, è una cattiveria che non meritiamo. A tal punto da accogliere la sigla del Tg1 con l’entusiasmo di un beat techno.
voto 4.5, a quest’ora si può accettare solo roba con ritmo
Coma Cose e Righeira. “Sanremo sta finendo e un anno se ne va”...ma che calendario ha California? Poi entra Johnson Righeira sulle note di un sax arrogante e indossando degli occhiali che lo rendono uguale all’illustrazione del Polifemo che c’era sulla mia versione dell’Odissea per bambini vendica gli anni ‘80 da laboratorio dei The Kolors. Ben fatto.
Voto 7, gli anni ‘80 buoni
Sarah Toscano e Ofenbach. La giovane interprete avrebbe avuto i numeri per essere una queen dell’Italo Dance della fine degli anni ‘90, ma pur essendo nata troppo tardi difende l’orgoglio millenial di chi è cresciuto tra Gigi D’agostino e Prezioso.
voto 6.5, regina dell’Italo Dance
Simone Cristicchi e Amara. Tutto il misticismo che Giorgia e Annalisa erano riuscite a infondere nell’anima miscredente di chi scrive, Cristicchi ha reso polvere. Eppure cantava Franco Battiato, nell’ode d’amore più spirituale della musica leggera italiana. La speranza è che il buon Simone torni a vagare per i campi del Tennesee quanto prima e lasci stare il Maestro siciliano.
Voto 4, pomposità fuori luogo
Giorgia e Annalisa. Ecco, loro sono l’ora di religione: ascoltare in silenzio. “Skyfall” la canta Adele, una delle voci più straordinarie del nostro tempo e le due interpreti italiane non hanno nulla da invidiare. Chiudo qui, conciso, che a questa bravura c’è poco da aggiungere. E perché sto scrivendo l’ennesima lettera d’amore nei messaggi privati dell’Instagram di Annalisa. Prima o poi risponderà. O mi querelerà.
Voto 9, divine
Francesco Gabbani e Francesco Tricarico. Gabbani canta come Tricarico, Tricarico non canta. Eppure “puttana, puttana la maestra” rimane la cosa più anticonformista e liberatoria sentita in un Festival piuttosto conservativo. I bambini che salgono sul palco dopo gli epiteti alla maestraccia potrebbero far tremare i polsi al ministro all’Istruzione Giuseppe Valditara che vuole la Bibbia in classe.
Voto 6.5, i primi sottilmente politici: ora Valditara li querela
Rocco Hunt e Clementino. I figliocci di Pino Daniele gli rendono un tributo super energico, rime vesuviane veloci, taglienti, su un grande arrangiamento di “Yes i knok my way”. Ariston in piedi a scandire “Pino, Pino” meritatamente.
Voto 8, “Pino, Pino”
Marcella Bella e Twin Violins. La nuova giovinezza di Marcella Bella è così straripante che non vuole nessuno a toglierle attenzione dal palco, sceglie due quieti e discreti violinisti di bianco vestiti ad affiancarla, e va dritta e inarrestabile con un pezzo di Celentano da amorazzi maturi scritto dal fratello che avrà fatto cantare tutta Italia. One woman show.
Voto 6, immarcescibile neo-adolescente a 72 anni
The Kolors e Sal Da Vinci. Secondo me quando uno The Kolors bussa alla porta riesce a fare suonare pure il “toc-toc” anni’80. E fatevelo dire da uno che c’è nato in quel decennio: grazie, ma stiamo a posto così. Il sassofono effettato ha devastato le mie sinapsi temporali a tal punto che mi è apparso Craxi a Sigonella nell’85.
Voto 4, facciamo uscire gli anni ‘80 da Stash e i Kolors
Gaia e Toquinho. Appare Toquinho seduto con la chitarra e penso: è risorto Piero Angela! Daje de Quark, daje di egiziani e scoperte scientifiche...Poi Gaia in lamè (incantevole!), mi riporta all’amara realtà di cover fino a notte fonda. Sceglie di misurarsi con Ornella Vanoni e va così così: meglio nei gorgheggi, ma con il maestro brasiliano sembrano un po’ sfasati. Alla fine salutano Ornella Vanoni che secondo Toquinho “sicuramente ci sta vedendo”. Non vedo l’ora di sentire Ornella: “Ma io mi stavo facendo gli affaracci miei, ma che palleeeee”…
Voto 6, ma solo perché mi ha fatto piacere rivedere Piero Angela
Irama e Arisa. Per Irama potrebbe aprirsi una carriera da cantante di cover, che promette momenti più felici di quelli dei testi solitamente portati a Sanremo. Che vi devo dire? Bravi interpreti per un duettone occhi negli occhi e chiusura mani nelle mani. Mai visto prima, certo, lo so, ma ben fatto. In coda si fanno tanti complimenti puccettosi e “tu bravo, tu bravissima”. Okay, ditevelo nei camerini
Voto 7, un ottimo match molto caramelloso
Serena Brancale e Alessandro Amoroso. Rispetto al caos di suoni del pezzo in gara, Brancale porta qui una Alicia Keys sontuosa, in duetto con un’Alessandra Amoroso che nonostante il cappuccio da Savonarola non bacchetta i bigotti ma chi ascolta cattiva musica. Belle voci dalla Puglia.
Voto 7,5, soul sontuoso made in Puglia
Lucio Corsi e Topo Gigio. Il duetto swingatodi Lucio Corsi e Topo Gigio con “Nel blu dipinto di blu” è un omaggio alla tv italiana Rai. Corsi è un mimo elfico elegante e capace, Topo Gigio canta e tiene il palco meglio di Tony Effe (niente di personale, T.). Per un attimo è sembrato di accendere la tv dei nostri nonni in uno dei momenti buoni dell’Italia ingenua e speranzosa dell’immediato Dopoguerra. E ci è piaciuto.
Voto 8, nostalgia ed eleganza
Francesca Michielin e Rrkomi. Dopo Noemi e Tony Effe sono la seconda coppia in gara a duettare senza “aiuti” esterni. A me Rrkomi con quelle orecchie da Serge Gainsbourg e quell’aria da esistenzialista continua a piacere. Non la canta benissimo “La nuova stella di Broadway” di Cremonini, lei lo salva con una varietà espressiva e vocale di altro stampo. Ma tutto sommato funzionano. E Michielin che lotta con la caviglia fasciata è tenera.
Voto 6.5, teneri e ben accoppiati
Noemi e Tony Effe. Ahò, Tony, non basta esse romano per fare il Califfo. Davvero, lascia stà. La teatralità di un ciocco di legno, l’espressività musicale di un bimbo che ha appena imparato a leggere e legge il temino. Noemi con il suo graffiato regge invece il paragone con Califfo e salva con le sue parti la cover. A dimostrazione che i ruoli di genere si possono rompere anche con un’icona super macha come il Califfo.
Voto 3 Tony e 7 Noemi: è lei la vera Califfa
Clara e Il Volo. C’è tutto quello che vi potete aspettare da un pezzo cover cantato con Il Volo: magniloquenza, armonizzazione (quante stonature Clara...), potenza, vestiti da sera e quell’immagine da italiani all’estero che tanto vogliono gli americani e i miliardari sauditi. The sound of silence diventa the sound of scream. Peccato, perché le armonizzazioni iniziali erano niente male…
Voto 5, un po’ Little Italy, un po’ noia
Modà e Francesco Renga. I Modà sono lì per dimostrare che il cliché del rocker di provincia non passa mai: occhiale a goccia, giacca di pelle e camicia su petto che si allarga per fare spazio agli “Angeeeelooooo”. Il resto? Fare una cover di Renga con Renga rende tutto prevedibile, basta aprire Spotify o per i fan mettere su il disco del cantante riccio. E l’effetto è simile.
Voto 5, A questo punto metto su il disco
Rose Villain e Chiello. Battisti non tramonta, in una delle canzoni più iconiche, e i due non la fanno male ma nemmeno memorabile, rockeggiata, con qualche momento “urlato” karaeokistico di troppo. Buona coppia, il vestito di Rose che ammicca nel colore ai fiori di pesco è la chicca marketing. Ah, juventini nostalgici, Chiello non è mica Giorgio Chiellini.
Voto 6, Dimmi che è vero, Battisti attraversa le generazioni