Il Tirreno

Pianeta informazione

Rai, aperti gli Stati generali in Senato

di Francesca Ferri

	La presidente della Commissione di vigilanza Rai, Barbara Floridia (foto LaPresse)
La presidente della Commissione di vigilanza Rai, Barbara Floridia (foto LaPresse)

Canone, qualità dell’informazione, intelligenza artificiale, riforma: a Roma la due giorni sul servizio pubblico

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ROMA. «Parlare di “partiti fuori dalla Rai” al Senato è come parlare di ludopatia a Las Vegas». Partono con una battuta al vetriolo di Geppi Cucciari gli Stati Generali del servizio pubblico di informazione, voluti dalla presidente della Commissione di vigilanza Rai, Barbara Floridia, il 6 e 7 novembre a Palazzo Giustiniani, la “casa” del presidente del Senato, a Roma. La platea ride, un po’ a denti stretti, sotto i maestosi affreschi della sala Zuccari. «Una location umile», dice ancora Cucciari.

In vista dell’entrata in vigore ad agosto dell’European Media freedom act, voluto dall’Unione europea per garantire un’informazione indipendente negli Stati dell’Unione, la riforma della Rai – su cui si discute da anni – non è più rinviabile. E la storica spartizione dei partiti per garantire il proprio peso all’interno del principale strumento informativo italiano. A partire dalla cancellazione della nomina dell’ad da parte del governo, come introdotto dalla riforma Renzi nel 2015. Ma non solo quello. L’elezione di Trump solleva nuove urgenze su come gestire le nuove tecnologie nel campo dell’informazione e arginare il loro potere di modellare le opinioni. E poi c’è il tema del finanziamento del servizio pubblico.

In apertura la presidente Floridia legge il messaggio di saluto del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, che mette in guardia dal confondere il pluralismo con la spartizione, ricorda che la responsabilità del servizio è rivolta «soltanto» verso i cittadini che «lo sostengono pagando il canone» e si augura che gli Stati Generali siano «un’occasione di confronto non artificioso». Augurio raccolto da Floridia, secondo la quale gli Stati generali «servono a trovare una quadra» e «accendere un faro sul servizio pubblico. Il servizio pubblico è un bene comune e dobbiamo preservarlo, dobbiamo fare in modo che siano garantite risorse certe e stabili e che venga ridefinito il concetto oggi di servizio pubblico nell'ecosistema digitale».

E come servizio pubblico il presidente del Senato, Ignazio La Russa, porta ad esempio il maestro Manzi, e le sue lezioni di Italiano a un Paese analfabeta. Figura, quella di Manzi, che sarà evocata diverse volte nella mattinata.

Primo punto della riforma è garantire entrate certe. «Non dobbiamo parlare più di canone o fiscalità generale. Qui il problema è fare in modo che le risorse siano certe e stabili, quindi che non siano più gestibili necessariamente dal governo di turno in ogni legge di bilancio», dice Floridia. Ma di quali cifre si sta parlando?

Il comparto audiovisivo ha avuto «un valore di produzione che, nel 2023, ha superato i 2 miliardi, come ha evidenziato l'ultimo rapporto APA. Un mercato che la Rai sostiene per 1/3 degli investimenti complessivi, con un investimento totale audiovisivo nell'ultimo triennio di oltre un miliardo e 200 milioni», ha detto l'ad Rai Giampaolo Rossi nel suo intervento. «Il Servizio Pubblico, sostenuto da risorse pubbliche a garanzia della sua autonomia e della sua indipendenza, deve dunque restare un modello solido, in grado di garantire un'offerta di alta qualità e molteplice -prosegue Rossi- finalizzata alla costruzione della nostra identità nazionale e del nostro immaginario di convivenza civile, che la sola dinamica di mercato non potrebbe mai assicurare». Rossi ha anche invitato a «non mostrare sudditanza verso modelli europei», aggiungendo che «per offerta internazionale la Rai è seconda solo alla BBC».

Sempre a proposito di finanziamenti, di necessità di «trasparenza sulla contabilità separata» ha parlato il sottosegretario Alberto Barachini. Ma la Rai non sono soltanto numeri. «Non è soltanto Auditel  – ha ricordato Alberto Angela – ma anche “Qualitel”», indicatore della qualità dell’offerta. E il tema di qualità dell’informazione è stato anche al centro dell’intervento del ministro della Cultura Alessandro Giuli. Che non ha risparmiato un accenno al «ritorno disinformazione violenta» _ a una settimana dalle polemiche roventi innescate dall’inchiesta di Report, e ha parlato anche dell’intelligenza artificiale, nuova frontiera per l’informazione e la gestione del patrimonio culturale, e sulla quale invita a non nutrire preconcetti: «La ritentiamo una forza da regolamentare e non qualcosa da cui proteggerci».

Intelligenza artificiale sulla quale lo stesso ad Rossi ha detto che in Rai «si sta iniziando a ragionare». A movimentare le acque di una mattinata scivolata via in modo tranquillo è stato l’intervento di Aldo Grasso. Giornalista, critico televisivo, saggista, «docente per 35 anni di storia della televisione», ha sottolineato lui stesso. Prima ha tolto via un po’ della patina autocelebrativa del servizio pubblico: «Il controllo dei media nelle democrazie che sono state ex dittature si chiama “servizio pubblico”» e citando l’esempio degli Stati uniti che «non avendo avuto sistemi dittatoriali non hanno bisogno di avere un servizio pubblico» di informazione. Poi ridimensiona l’esempio del maestro Manzi: «La sua trasmissione era di nicchia» mentre «l’unificazione linguistica dell’Italia è avvenuta con “Lascia e raddoppia” di Mike Bongiorno, vera trasmissione di massa» come «di massa è la tv».

Infine, una nota su Rai Storia: «Mi spiace che l’ad sia andato via subito perché gli avrei chiesto: perché avete buttato nell’etere Rai Storia che è l’unico programma su cui la Rai fa servizio pubblico?». Riflessione non gradita da molti in platea. «L’unico  no», sbotta Paola Severini Melograni, giornalista e saggista. E con lei altro, tanto che Grasso poi riformula la frase: «Volevo dire: se c’è una rete che viene immediatamente qualificata come servizio pubblico è Rai Storia».

A margine dell’evento, la polemica innescata da Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Fi  e membro della Commissione di Vigilanza Rai, firmatario di una delle proposte di modifica della governance Rai. «Le interferenze del governo sono state introdotte dal Partito democratico e da Renzi, allora Presidente del Consiglio. Le proposte di Forza Italia, quindi, ripristinano la corretta interpretazione costituzionale, che tutela il pluralismo e impedisce le spartizioni governative volute da Renzi e dal Pd», ha dichiarato. E poi ha rivelato: «Come si sapeva chi avrebbe vinto negli Stati Uniti, io so già chi sarà il presidente della Rai, però lascio che decidano da soli».

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