Il Tirreno

La tragedia

Morta a 50 anni dopo l’intervento al seno, cosa può essere successo? La risposta dell’esperto


	Helen Comin
Helen Comin

Il caso di Helen Comin, mamma di quattro figli: parla Benedetto Longo, chirurgo plastico al Policlinico Tor Vergata di Roma

14 settembre 2024
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Morire dopo la sostituzione di protesi al seno. Un intervento considerato di “routine” che si rende necessario se una protesi si rompe, se subentra una contrattura capsulare dopo anni dall'inserimento. È successo ad Helen Comin, la mamma operata il 5 settembre in una clinica privata, a Castelfranco Veneto per sostituire le protesi messe 10 anni fa. Dopo un'ora, si legge dalle prime ricostruzioni, il malore, il passaggio in rianimazione e cinque giorni dopo la morte.

Cosa può esserle successo? In questi 5 giorni in rianimazione non sono intervenuti e questa attesa è stata fatale? La paziente doveva essere riportata in sala operatoria? «Spesso la sostituzione delle protesi implica la manipolazione da parte del chirurgo della capsula periprotesica e il distacco dai tessuti. Rispetto ad un inserimento di protesi che si fa per la prima volta è un intervento in cui c'è maggior sanguinamento: si raccoglie più sangue nei drenaggi e nella manipolazione sulla parete toracica potrebbe capitare che qualche vaso nella sua recisione possa ritrarsi all'interno del torace causando un sanguinamento che a quel punto non resta nella tasca della protesi, ma si raccoglie all'interno del torace e può causare diversi problemi come un emotorace e può alterare la funzione di cuore e polmoni». È un'ipotesi, le indagini sono in corso, quella che approfondisce il professor Benedetto Longo, chirurgo plastico al Policlinico Tor Vergata di Roma, e che potrebbe dare una possibile spiegazione a cosa sia accaduto alla donna che lascia 4 figli e un marito nella disperazione. È un rischio che può avere questo intervento e che potrebbe esser sfuggito all'occhio del chirurgo e per il quale la paziente, qualora fosse stata questa la causa (al momento sono indagati l'anestesista e il titolare della clinica, ndr), doveva essere immediatamente rioperata, aperto il torace, e il vaso sanguinante bruciato. 

Come si può prevenire questo rischio? «Prima dell'intervento si devono fare esami che valutino la coagulazione oltre a quelli di routine: devo sapere - precisa Longo - se è una paziente che sanguina tanto proprio perché nel reinserimento delle protesi ho più perdite della prima volta. E poi si fanno ecografia e risonanza per valutare le condizioni delle protesi: anomalie, rottura, perdite di silicone». Il reinserimento delle protesi «è un intervento più sanguinolento - spiega Longo - proprio per la gestione della capsula (ovvero quel tessuto fibroso che l'organismo forma fisiologicamente nel tentativo di isolare la protesi percepita come corpo estraneo) che determina sanguinamento. Deve infatti essere totalmente interrotta dal chirurgo - spiega ancora il plastico - con incisioni circonferenziali e radiali che il chirurgo fa per creare un tessuto di ancoraggio e una nuova tasca alla protesi che sia idonea... è un po’ come - conclude l'esperto - ricucire un vestito e renderlo più aderente e idoneo alla nuova protesi».

In attesa delle indagini e dell'autopsia i familiari della donna chiedono «verità» e ricordano che Helen era in ottima salute.

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