La pastasciutta che resiste: la famiglia Cervi la offrì a tutti per celebrare la caduta di Mussolini
Dopo 80 anni il rito si ripete, in duemila nella casa dei sette fratelli
REGGIO EMILIA. La pastasciutta per celebrare la caduta del fascismo, come simbolo di solidarietà e di fratellanza, ma anche come gesto di riconquista dei luoghi pubblici.
Partì tutto da Reggio Emilia, esattamente 80 anni fa: la pastasciutta antifascista celebra l’anniversario dalla cifra tonda dell’iniziativa dei fratelli Cervi che la offrirono in piazza nel loro paese. Gelindo, Antenore, Aldo, Ferdinando, Agostino, Ovidio ed Ettore, erano i figli di Alcide Cervi e di Genoeffa Cocconi. La loro famiglia aveva una tradizione contadina e soprattutto antifascista e fu protagonista della Resistenza. Il 25 luglio cadde il fascismo e la notizia venne accolta con grande gioia dalla popolazione oppressa dal regime: si diffuse nella tarda serata di quel giorno e tutto l’indomani i fratelli Cervi lavorarono per organizzare un evento che ancora oggi viene celebrato in tutto il mondo, nel nome della libertà: distribuirono gratis la pastasciutta, un piatto odiato dai fascisti, in piazza a Campegine.
Ieri come allora, nel giorno dell’ottantesimo anniversario della caduta di Mussolini, si continua a tenere viva questa tradizione nel luogo per eccellenza della Resistenza: Casa Cervi, a Gattatico, fra Reggio Emilia e Parma. Oltre 2.000 persone si sono sedute a tavola per ricordare l’iniziativa dei Cervi nel luogo in cui vissero la loro quotidianità, prima che i sette fratelli fossero fucilati nel dicembre 1943.
Tra i partecipanti, il discendente della famiglia Cervi, Adelmo, figlio di Aldo, uno dei sette fratelli: «Ogni anno partecipo a tantissime “pastasciutte”. Il significato per me di questo appuntamento è il ricordo di mio padre e dei miei zii, insieme ad altri nel paese, che hanno fatto qualcosa di molto importante una volta saputo che era caduto il fascismo. Ancora oggi è altrettanto importante stare uniti contro il fascismo».
Dappertutto c’è gente che resiste: questo il messaggio gridato forte e chiaro dal palco di Casa Cervi, mentre oltre cento chili di pasta venivano serviti tra le lunghe tavolate servite da tantissimi volontari.
Tra i protagonisti della serata, il cantautore sassolese Alberto Bertoli che si è esibito in concerto a fine serata: «Sono molto contento di essere qui, la mia mamma era figlia di un comandante della 144esima brigata Garibaldi. Sono felice di essere a Casa Cervi per ribadire cosa significhi l’antifascismo. C’è molto bisogno di sottolineare i valori della Resistenza e il fatto che questa sera ci sia ancora tanta gente a questo appuntamento è un gran bel messaggio».
«Siamo qui per rendere omaggio al grande sacrificio dei Fratelli Cervi: quello che hanno fatto e tutta la loro storia rappresenta un grandissimo valore: è la nostra libertà – racconta Giulio Ambrosoli di Parma, mentre mangia la pasta da un lato e dall’altro sorregge la figlia Giovanna, 4 anni –. Ho portato qui anche lei perché voglio che fin da piccola le rimangano ben impressi i valori di antifascismo. Prima siamo stati a visitare il museo della famiglia Cervi. Siamo rimasti senza parole nell’assaporare la loro quotidianità».
Laura e Claudio Ronchetti vengono da Reggio Emilia: «Non manchiamo mai alla pastasciutta antifascista – dicono –. Siamo usciti prima dal lavoro, noi facciamo i turni in fabbrica, per onorare questa grande tradizione. Le pieghe della storia ci insegnano che il fascismo si camuffa per manifestarsi in modi inaspettati: resistere è un dovere morale». La pensano così anche Giacomo e Lorena Goldoni, che hanno percorso un bel numero di chilometri per essere qui: «Queste tavolate dimostrano che i Cervi sono un simbolo più che mai attuale di pace – affermano i coniugi –. Insieme alla liberazione di Zaki la pastasciutta è l’evento più bello e significativo degli ultimi giorni. Occorre sempre resistere per affermare gli ideali di libertà. Proprio come ha fatto la famiglia Cervi con il suo esempio immortale».