Manager morto a Isola del Giglio, due medici patteggiano un anno
Scelta effettuata a indagini aperte, nessun riconoscimento di responsabilità
ISOLA DEL GIGLIO. Hanno scelto di patteggiare ancora prima della richiesta di rinvio a giudizio, cioè ancora con le indagini aperte. Nessuna ammissione di responsabilità, nessun riconoscimento giudiziario di errore, nessuna condanna. Una scelta difensiva, formalizzata davanti al giudice delle indagini preliminari, che ieri mattina, 25 febbraio, ha ritenuto congruo l’accordo raggiunto tra il sostituto procuratore Carmine Nuzzo e gli avvocati Carlo Valle e Patrizia Fabiani: un anno la pena, con il beneficio della sospensione.
Così ha deciso la giudice Cecilia Balsamo in merito al fascicolo che riguarda la morte di Fabio Attilio Cairoli, il manager di Igt Global Lottery deceduto a 58 anni nel luglio 2023 al porto del Giglio, su un’imbarcazione, durante un periodo di vacanza, dopo che nelle ore precedenti vi era stata una visita al Pronto soccorso di Orbetello. Nelle vesti di indagati per omicidio colposo in cooperazione colposa per responsabilità medica, i due medici in servizio quella sera proprio al Pronto soccorso del San Giovanni di Dio, il dottor Alessandro Tosi e la dottoressa Giulia Casini: avrebbero male interpretato i sintomi di Cairoli, ne sarebbe derivata un’errata diagnosi, non sarebbe stato applicato il protocollo dolore toracico, la morte era poi avvenuta per fibrillazione ventricolare subentrata in un soggetto già sofferente per una grave malattia coronarica. Il fascicolo di fatto è chiuso, dal momento che per gli altri indagati iniziali è stata chiesta da tempo l’archiviazione.
Quanto avvenuto ieri mattina è, in altre parole, una scelta in conseguenza delle indicazioni emerse dagli accertamenti eseguiti dai professori Marco Di Paolo, Michele Edmin e Lorenzo Ghiadoni (rispettivamente di medicina legale, di malattie cardiovascolari e di medicina interna), incaricati dal pm di far luce sulle eventuali responsabilità degli indagati a partire dai primi interventi sanitari, fino al decesso. E i tre esperti – dopo aver ripercorso gli avvenimenti di quella notte e i passaggi che avevano caratterizzato la sequenza degli eventi – avevano di fatto attestato che «il comportamento dei medici di Pronto soccorso si è discostato in maniera netta dalle raccomandazioni delineate nel protocollo "interno", sincrone alle linee guida nazionali ed internazionali del settore». E secondo le conclusioni degli specialisti, non vi sarebbero state responsabilità per gli altri indagati iniziali (cioè gli altri sanitari che in qualche modo erano venuti a contatto con Cairoli e il personale del 118 intervenuto al porto del Giglio).
Invece, al Pronto soccorso, potrebbe esserci stata una mancata aderenza al protocollo interno alla Asl: sarebbero stati necessari «il prolungamento dell’osservazione del paziente, la ripetizione di un ulteriore saggio di troponina e l’attivazione di una consulenza cardiologica, cui avrebbe potuto seguire il ricovero e la presa in carico della sindrome coronarica, questo anche nel caso improbabile ma non impossibile di una concomitanza di infezione da Herpes Zoster (il fuoco di Sant’Antonio, ndr) diagnosticata dai sanitari come unica causa della crisi stenocardica».
In caso contrario, sarebbe stato attivato il percorso di gestione del paziente con dolore toracico stabilito dalle linee guida del settore. Quella sera era risultato un unico valore alterato, quello della troponina, 19 invece di 14, di poco superiore al minimo. I tre luminari erano stati del parere che vi siano stati dei fattori che avrebbero predisposto a una cardiopatia ischemica. E poi le conclusioni: «È nostra impressione che un medico chirurgo strutturato in un ambiente di Pronto soccorso debba necessariamente conoscere e seguire i protocolli e le linee guida di gestione del dolore toracico. Per questo motivo, il mancato rispetto di quanto previsto da questi parrebbe suggerire l’ipotesi di "negligenza" ma anche di un profilo di imprudenza per avere ceduto alla presunzione della diagnosi alternativa». Sulla fondatezza delle conclusioni degli esperti nominati dal pubblico ministero non ci sarà comunque nessun dibattimento, proprio in conseguenza della scelta del patteggiamento. Non erano presenti i due indagati né i familiari di Cairoli individuati come parti offese e seguiti da studi legali di Roma, Milano e Varese.