Il Tirreno

Grosseto

Il lutto e il ricordo

Addio a Daniele “Il Fanta” Fantini, storico ristoratore maremmano: «Le sue ricette? Un canto alla vita»

di Silvano Polvani *
Il ristoratore maremmano
Il ristoratore maremmano

Moderno menestrello dell’arte culinaria, fu custode della tradizione del territorio

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FOLLONICA. Daniele Fantini, per tutti “Il Fanta”, è venuto a mancare domenica 15 dicembre. Storico ristoratore di Gavorrano prima e infine della Città del Golfo, nella vita fu broker, calciatore, cuoco, imprenditore e sindacalista.

«Il conforto di avere un amico può essere portato via, ma non quello di averne avuto uno». È questa un’espressione del filosofo Seneca che ben si addice alla scomparsa di Daniele Fantini a 72 anni. Ci eravamo conosciuti in Cgil negli anni ‘70 e subito avevamo simpatizzato. Dopo che lui, promessa del Pci di Bagno di Gavorrano, era stato inviato anche alla scuola di partito alle Frattocchie, era arrivato in Cgil. Nel sindacato prima assumerà l’incarico di segretario dei chimici e dei minatori in seguito sarà eletto segretario della Cgil delle Colline Metallifere. Nonostante nel tempo si fosse allontanato dalla politica e dal sindacato, recentemente (a novembre) nel 40° anniversario della Camera del lavoro di Follonica, malgrado la malattia lo trattenesse all’ospedale di Pisa ha voluto essere presente con un messaggio inviato all’assemblea: «Sono dispiaciuto della mia assenza dovuta alla malattia molto fastidiosa ma sono sicuro che le compagne e i compagni presenti sapranno dare il giusto rilievo a questo momento storico impreziosito dalla presenza del nostra grande segretario Luciano Lama da me fortemente voluto e ottenuto...».

Daniele Fantini, detto “Il Fanta”, era nato, il 4 luglio 1952, nella Borgata di San Guglielmo, un piccolo rione della frazione di Bagno di Gavorrano. I genitori di Daniele, Aldo e Francesca, erano originari della Romagna, e si trasferirono in Maremma proprio per lavorare alla miniera. Da ragazzo Daniele, fece varie esperienze lavorative, fra cui il fotografo e il sindacalista. È negli anni ‘90 che prese la decisione di dedicarsi completamente alla cucina, da sempre la sua grande passione. È così che Daniele aprì, in una piccola frazione di Gavorrano a Ravi, insieme alla moglie Stefania, la sua colonna, e ai figli Marco e Nicola, l’osteria il “Passo Carraio” che in breve tempo diventò un punto di riferimento della buona cucina tradizionale maremmana. Successivamente la loro attività fu trasferita nel paese di Gavorrano dove prese il nuovo nome di ristorante “Il Fanta”. Dopo alcuni anni il ristorante “Il Fanta” si trasferì in una nuova sede nell’alto di una dolce collina da dove si gode del magnifico panorama sul Golfo di Follonica e sulla campagna circostante. Alcuni anni fa la decisione di trasferirsi a Follonica nella struttura del mercato coperto per una cucina di qualità.

Ma il suo orgoglio, e questo lo posso dire con cognizione di causa per essergli stato vicino nella preparazione, è stata la pubblicazione del volume edito nel 2017 da Effigi “Acquacotta per fame e per amore”. Un libro che racconta la sua filosofia di vita e professionale. Uno di quei libri che ti conquistano sin dalla presentazione trasportandoti subito in un mondo che “sai esserci stato” ma che oggi non ha repliche capaci di darti emozioni e valori di allora. Di “Acquacotta” era solito dire che è un libro che si lascia sfogliare per soddisfare i tuoi piaceri, pronto ad accontentare la tue curiosità. Se uno cerca nella ricetta il “q.b.” rischia di rimanere deluso: le ricette del “Fanta” sono un’altra cosa, appaiono subito un canto alla vita intesa come genuinità e semplicità, sono ricette che parlano del territorio e da questo ne ricavano le essenze e i profumi.

Le sue pietanze scomodano gli etruschi, visitano i romani, si fermano nei banchetti medioevali, appaiono un originale excursus ma sempre legato al territorio per acquisirne quel gusto che non trovi da altre parti perché diversi sono il clima, l’acqua, la terra, i venti che accarezzano í frutti. Sapori e profumi forti e antichi, la Maremma selvaggia che si respira nella campagna e nei piccoli borghi prende l’orma e fragranza nelle sue ricette. Tradizione e passione, fantasia e manualità che il nostro “Fanta” ha saputo unire per un risultato che è delizia agli occhi e al gusto. Il territorio è il protagonista delle sue ricette, pietanze che tradiscono la sua provenienza da una famiglia dove il babbo era minatore alla miniera di Gavorrano. Un babbo che racconta la miniera che fa paura. Giù nelle viscere della terra, in quelle gallerie piene di fumi simili ad una nebbia traditrice rotta solo dalle opache luci rette dal carburo, in quel rumore senza tregua e assordante. Un pasto rigorosamente preparato a casa dalla moglie. Lo descrive Il Fanta, con premura e affetto. Ecco, io penso che quando Il Fanta narra la “panierina dei minatori” definendola il più grande ristorante dell’epoca, confessa la sua natura e il suo carattere.

Non era difficile incontrare Il Fanta in sala, invitato dai suoi ospiti a parlare di gastronomia e della storia di questa, ad illustrare le sue ricette, a raccontare cosa è riuscito a trovare al mercato o fra i contadini della zona, oppure il perché della preferenza di un prodotto rispetto ad un altro. Faceva tutto questo sempre nella considerazione che è nei piatti tradizionali che si custodisce la cultura di un popolo e di un territorio trasmettendone i valori storici, etici e culturali. Con “Acquacotta per fame e per amore” il “Fanta’’ si era presentato al suo pubblico come un artista, un moderno menestrello dell’arte culinaria. Oggi, assieme a una frase di Cicerone, possiamo ricordare la perdita di un amico “La vita dei morti dura nella memoria dei vivi”. Giovedì 19 dicembre, in orario ancora da stabilire, l’ultimo saluto al cimitero di Bagno di Gavorrano.

*giornalista e scrittore

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