Fabiola Capresi, le indagini: c’è un’ipotesi choc. Il compagno: «Sì, l’hanno uccisa»
Montescudaio, non c’è solo l’auto pirata tra i filoni sull’inchiesta sulla morte della 57enne: sentite persone vicine alla donna. Percorreva la Provinciale a piedi anche due volte al giorno: nessun segno di frenata. Il nostro video che ripercorre cosa sappiamo della tragedia
MONTESCUDAIO. C’è un nuovo filone d’indagine che i carabinieri della compagnia di Volterra stanno portando avanti, insieme al principale dell’omicidio stradale, per la morte di Fabiola Capresi, 57 anni, morta falciata da un’auto in corsa lungo la Provinciale di via Tre Comuni venerdì pomeriggio. Non solo verifiche sull’omicidio stradale ma anche su un possibile omicidio volontario.
L’ipotesi choc
Si ipotizza che il conducente dell’auto che ha investito la donna di spalle volesse ucciderla e non si sia trattato di un incidente. A far propendere per l’omicidio volontario c’è la violenza dell’urto: la donna, in base alla ricostruzione degli inquirenti, è stata colpita in pieno, mentre si trovava di spalle. Le ferite farebbero pensare che una volta investita con il lato dell’auto, il corpo abbia urtato anche contro il parabrezza. Lo dimostrerebbero le profonde ferite alla testa oltre a quelle nel resto del corpo.
Un impatto, non essendoci alcun segno di frenata, che fa ipotizzare che il conducente fosse pronto a colpire la donna e a rimettersi subito in carreggiata con l’auto. In caso di omicidio stradale infatti la donna avrebbe dovuto trovarsi (per avere un impatto così violento) sulla carreggiata e non nella parte erbosa che costeggia la provinciale e consente di spostarsi con meno rischi per i pedoni.
Va considerato inoltre che per un conducente che se la fosse trovata improvvisamente davanti – ipotesi che il buio della zona rende plausibile – sarebbe stato molto difficile mantenere il controllo dell’auto.
Ad indagare a 360 gradi ci sono inoltre elementi nella vita della donna, non resi pubblici per motivi di privacy seppur noti nel paese, che rendono plausibile che tra le sue frequentazioni potesse esserci chi potesse avere dei conti da regolare.
Ma anche il fatto che gli spostamenti fossero molto prevedibili: Fabiola Capresi faceva quella strada a piedi anche due volte al giorno, più o meno alle stesse ore. Quasi un appuntamento tra lei e il suo assassino.
Le convinzioni del compagno
Ed è per questo che dopo aver ascoltato l’autista dell’autobus su cui la donna era a bordo poco prima della morte e il compagno Gianni Cavallini che ne aspettava il rientro e che ha dato intorno alle 18,30 l’allarme, si sia deciso di sentire anche altre persone vicine. Su questo, per il momento c’è il massimo riserbo. Niente trapela sui rapporti di amicizia, sulle frequentazioni della donna.
Continua invece il controllo delle immagini delle telecamere, installate all’ingresso di Guardistallo e nei negozi che si trovano lungo la Provinciale per individuare un’auto di passaggio in un periodo di tempo abbastanza ristretto, circa 15 minuti dalle 17,16 alle 17,30, senza un faro. La luce è infatti stata ritrovata nel luogo dell’impatto: i pezzi ricostruiti rendono probabile si tratti di un’auto e non di un furgoncino come inizialmente ipotizzato.
Il compagno di Fabiola Capresi, ieri (venerdì 20 dicembre), come quasi ogni giorno era al bar Lupo nel cuore di Montescudaio. In mano un biglietto con l’appuntamento dal sindaco Loris Caprai per lunedì mattina. Poca voglia di parlare. Seduto, da solo a un tavolo sul fondo del locale, la barba di qualche giorno, si è limitato a raccontare che lui e Fabiola stavano insieme da molti anni. «Quindici anni», ha detto. «Non sono riuscito neppure ad andare a vederla all’obitorio, nè voglio vederla in fotografia», ha aggiunto omettendo di rispondere a molte domande
Se gli inquirenti sospettano un omicidio volontario anche l’uomo non lo esclude. «Sì, è possibile. L’hanno uccisa», ha aggiunto a domanda precisa. Senza poi voler aggiungere nient’altro. Nulla sulla vita che facevano, nulla su eventuali sospetti. «Quello che so l’ho detto ai carabinieri». Fine della conversazione.
A Montescudaio in molti invece aspettano che, se si è trattato di omicidio stradale, prima o poi il conducente possa costituirsi. Una scelta sensata dal momento che difficilmente le immagini delle telecamere non daranno nuovi indizi agli inquirenti.