Corriere ucciso, per la prima volta parla la moglie: «Vi racconto chi era il mio Nicolas, nessuna pietà per gli assassini»
Le parole della vedova del corriere derubato e ucciso sull’Amiata: trasportava borse Gucci per un valore stimato di mezzo milione di euro
AMIATA. «Voglio che gli assassini di mio marito finiscano in galera». A parlare – per la prima volta – è Carolina Alegre: la vedova di Nicolas Matias Del Rio, il corriere argentino quarantenne il cui corpo era stato ritrovato in fondo al pozzo della villetta di Case Sallustri (nel Comune di Arcidosso) dove è stato tenuto sotto sequestro dopo la rapina al suo furgone (poi dato alle fiamme) che trasportava borse Gucci per un valore stimato di mezzo milione di euro.
Riavuto il corpo del marito, a indagini ancora in corso, ricorda l’ultima volta che ha parlato con lui: «Era molto affettuoso e sempre presente. Quel giorno era felice di andare a lavoro, ci siamo sentiti spesso con messaggi e telefonate fino alle 16,30. Poi, più niente».
Da quel momento settimane e poi «mesi di apprensione» in cui «la comunità si è stretta con amore e cura attorno a me e a nostro figlio». Malgrado ciò, inevitabilmente, «mi sono sentita molto sola; ma ho dovuto essere forte per il bambino, ed essere lì per lui sempre e comunque».
A tenerla informata sugli sviluppi della vicenda, oltre all’avvocata Stefania Vichi (Foro di Siena) il suocero, presenza fissa al suo fianco.
Oggi, però, senza più nulla che la leghi all’Italia, Paese che non sente più suo, ha deciso di fare ritorno in Argentina; terra dalla quale era arrivata insieme a Del Rio e dove tutt’oggi vivono le rispettive famiglie di origine oltre a quella che il marito aveva formato prima di incontrarla.
«Mi sento male nel corpo, nelle emozioni e nei pensieri. Mi sento senza speranza», confessa, aggrappandosi al sogno sudamericano per quel futuro migliore che il marito le aveva promesso quando si era trasferito da lì fin sulla vetta dell’Amiata: «Voglio dare a nostro figlio, che è nato lì (ha la doppia cittadinanza) la possibilità di crescere con i suoi parenti e di continuare gli studi».
Il suo obiettivo è quello di rientrare nelle prossime settimane: «Entro novembre, se ci riusciremo». I soldi, però, sono agli sgoccioli: «In tutto questo ho dovuto lasciare il lavoro. Le spese fisse, però, ho dovuto continuare a sostenerle».
Il cuore grande dell’Amiata, della Maremma, di mezza Italia e di un pezzo di Argentina non ha mai smesso di battere per lei e per il piccolo. E lei ringrazia tutti, ancora una volta, per il sostegno ricevuto: «I vicini di casa, i genitori dei compagni di scuola, l’azienda dove lavorava Nicolas, il Comune, il consolato e tanti altri ancora. Dalle piccole alle grandi cose c’era sempre qualcuno accanto a noi pronto ad aiutarci».
La raccolta fondi che ha fatto capo alla parrocchia di Abbadia San Salvatore ha permesso alle due famiglie di tirare avanti: al tavolo del sindaco Niccolò Volpini, con il parroco don Antonio e il suo omologo di Piancastagnaio, don Gian Pietro, con il consenso di Alegre si è deciso di ripartire il denaro tra la ex moglie con le due figlie («a cui Nicolas inviava sempre dei soldi», sottolinea la vedova) da un lato e Alegre stessa con il figlio dall’altra; con una parte “vincolata” per garantire l’educazione di quest’ultimo.
Ma oggi ulteriori spese, tristemente, si aggiungono: «Voglio che Nicolas sia cremato e portare le sue ceneri con me in Argentina. E devo acquistare i biglietti aerei».
E ancora una volta ci si è mobilitati, con il primo cittadino che si era offerto, a nome della comunità, di compartecipare alle spese del funerale; una funzione che rappresenta anche una simbolica chiusura del cerchio della quale un’Amiata intero tutt’altro che abituato a simili fatti di sangue sente di avere il bisogno, una funzione particolarmente sentita anche in seno all’arcidiocesi di Siena-Colle di Val d'Elsa-Montalcino fin nel cuore dello stesso cardinale Augusto Paolo Lojudice. Allo stesso modo «il consolato si era interessato dell’acquisto dei biglietti», conferma Alegre.
Un funerale che, però, rischia di essere celebrato altrove proprio a causa della condizione economica della vedova; che una cosa, in effetti (e tutt’altro che secondaria), ancora lega all’Italia: il procedimento penale destinato ad aprirsi al termine delle indagini in cui sono coinvolte – a vario titolo – otto persone: «Non ho mai visto né conosciuto nessuno di loro. Voglio solo giustizia per Nicolas e che i responsabili finiscano in galera; e che ci rimangano», ribadisce Alegre.
Un auspicio condiviso e sentito fortemente su un territorio in cerca della pace perduta.
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