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Pelletteria, anche l’Amiata ora è in crisi: le “tre sorelle” ricorrono alla cassa integrazione

di Matteo Scardigli
Un’addetta del comparto al lavoro in un’azienda del settore della pelletteria.  (foto d’archivio)
Un’addetta del comparto al lavoro in un’azienda del settore della pelletteria. (foto d’archivio)

Il contesto, secondo il sindacati, è tutt’altro che prevedibile: «Gucci parla di probabili segnali di ripresa a partire dalla primavera»

27 settembre 2024
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MONTE AMIATA. Alla fine, la crisi del settore moda ha colpito anche l’Amiata grossetano; che tuttavia guarda con speranza proprio alle prossime ore.

Figlio del “caro-materiali”, dei conflitti internazionali (il mercato russo, tradizionalmente ricco, è in pratica off limits; ndr) e del surplus produttivo accumulato in pandemia, il declino aveva già toccato il versante senese della montagna mesi fa e di riflesso le medie e piccole aziende lato maremmano, non poche delle quali si erano trovate costrette a ricorrere agli ammortizzatori sociali. Ma oggi, con le tre “sorelle” Garpe, Gpa e Gt che hanno attivato la cassa integrazione, l’effetto domino ha preso ancora maggiore velocità; destando parimenti preoccupazione.

«Arcidosso, Castel del Piano, Castell’Azzara, Santa Fiora e Seggiano. Sono decine i dipendenti che ogni giorno passano la vetta per andare a lavorare per le imprese della galassia Gucci, e decine quelli impiegati sul proprio territorio, dove vengono eseguiti tutti (o quasi) i passaggi del ciclo di produzione; principalmente preparazione, cucitura, assemblaggio e tinteggiatura dei prodotti sui quali poi viene impresso il grande marchio. Sono le “braccia” del comparto», premette Gian Luca Fè, segretario Femca Cisl per Siena e Grosseto.

«Proprio in questi giorni stiamo aiutando altre aziende nel percorso di attivazione degli ammortizzatori sociali», spiegando che «in un contesto di cassa integrazione i lavoratori sono impiegati per due dei cinque giorni feriali previsti dal contratto, con una copertura Inps più vicina al 65 per cento che al 70». In questo contesto Fè loda Gt, che «si è adoperata per colmare la differenza, in modo tale che i suoi circa 70 dipendenti non perdano un euro», ma avverte: «La questione più pressante è quella delle piccole realtà (si parla comunque di una ventina di lavoratori ciascuna), che hanno una capacità minore di accesso agli ammortizzatori e, avendo contratti dell’artigianato, anche tutele più basse».

Mettersi in proprio – a queste condizioni – non sembra un’opzione praticabile: vorrebbe dire riconvertire una linea concepita e strutturata a servizio delle grandi firme.

Il contesto, secondo il segretario, è tutt’altro che prevedibile: «Gucci parla di probabili segnali di ripresa a partire dalla primavera, le stesse rassicurazioni che ciclicamente ci vengono date ogni tre mesi circa: abbiamo la netta impressione che si vada a tentoni». Da considerare anche la recente ridefinizione degli assetti apicali della maison, che – non è da escludere – potrebbe comportare variazioni anche per la catena di produzione.

Fè, tuttavia, vuol vedere il bicchiere mezzo pieno: «Il mercato ha subito una flessione che sfiora il 25 per cento: non siamo di fronte a una catastrofe, ma a un segnale preoccupante sì. Per fortuna le tempistiche degli ammortizzatori sociali sono scandite dalla normativa: il rientro in Gt avverrà tra il 20-21 dicembre».

Solo pochi giorni fa il segretario aveva esortato ufficialmente i sindaci di Abbadia e Piancastagnaio ad adoperarsi per costituire il “distretto della pelletteria”: fra i territori dei due Comuni, infatti, il comparto riunisce una trentina di imprese che nel complesso contano oltre 2mila occupati. Garpe, in particolare, è un’azienda totalmente acquisita da Gucci nel 2018 dopo un’associazione temporanea con la Arte e Pelle di Virgilio Brogi, durata sette anni.

Quella del distretto è un’idea di cui si parla da almeno cinque anni. Fè l’ha messa su carta, Filctem Cgil l’aveva presentata a maggio 2022 ad Abbadia alla presenza di Marco Niccolai (presidente della commissione istituzionale per il sostegno, la valorizzazione e la promozione delle aree interne della Toscana) e di Leonardo Marras (assessore regionale alle attività produttive, economia, credito e turismo), e poi nel luglio scorso a Santa Fiora alla presenza del presidente della Regione Toscana, Eugenio Giani.

La questione della maternità dell’idea aveva generato un piccolo attrito fra le due sigle appena qualche giorno fa, ma entrambe convergono su un punto fermo: la costituzione di un distretto potrebbe essere la soluzione – almeno nel medio periodo – per gestire la crisi occupazionale del settore.

Una svolta, tuttavia, potrebbe arrivare proprio nel breve – brevissimo – periodo. I due sindaci del Senese hanno intessuto nei giorni scorsi dei colloqui con il primo cittadino di Santa Fiora, Federico Balocchi, e con il ministero del Made in Italy per attivare progetti in grado di garantire un certo margine di autonomia proprio per smarcarsi dai brand. Sullo scacchiere, che si allarga anche al Fiorentino (come la crisi stessa), stanno poi mettendo le banche del territorio.

Ed è notizia di ieri un incontro al dicastero presieduto da Adolfo D’Urso, che dovrebbe andare a dama nei prossimi giorni.


 

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