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Grosseto, riciclavano soldi del clan Casalesi: 10 indagati e 800mila euro sequestrati – Chi sono

Grosseto, riciclavano soldi del clan Casalesi: 10 indagati e 800mila euro sequestrati – Chi sono

Coinvolta anche una società che opera nel settore edile

17 settembre 2024
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GROSSETO. «La Procura della Repubblica – Direzione distrettuale antimafia di Firenze, avvalendosi di militari dei Comandi provinciali della guardia di finanza di Firenze e Vicenza, sta dando esecuzione al decreto di sequestro preventivo diretto, e anche per equivalente (cioè beni come automobili, case e altro ancora), emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale del capoluogo toscano, nei confronti di dieci indagati e di una società operante nel settore edile con sede in Grosseto, relativamente a disponibilità finanziarie su conti correnti e beni immobili fino all’occorrenza di 782.191,27 euro, per i reati di “impiego di denaro e utilità di provenienza illecita”, “bancarotta fraudolenta”, nonché per la disciplina della “responsabilità amministrati degli enti”».

L’indagine

È lo stesso procuratore Filippo Spiezia ad annunciare, tramite una nota a sua firma, il passaggio esecutivo del servizio avviato a maggio in base agli esiti delle indagini compiute dalla Dda di Firenze che videro coinvolte alcune persone indagate fra l’Argentario e Marina di Grosseto (tra poco meno di una ventina in mezza Italia) per – a vario titolo – aver costituito società, distratto beni ed emesso fatture per operazioni inesistenti allo scopo di “lavare” denaro proveniente da attività illecite. Tutto a vantaggio della Camorra, più precisamente per il gruppo criminale di Vincenzo Zagaria.

Nel fascicolo della Procura c’è il nome di un imprenditore originario della provincia di Caserta che da anni risiede nel Grossetano, che tra il 2017 e il 2018 avrebbe reimpiegato nella società edile di cui sopra denaro acquisito in modo illecito proveniente da un secondo uomo di origine casertana, che viene accostato al clan dei Casalesi.

Nell’ambito della stessa investigazione è emerso poi che l’imprenditore avrebbe contribuito, insieme ad altri fra gli indagati, al depauperamento e al fallimento (nel 2020) di una società di costruzioni con sede a Verona.

Chi sono gli indagati

A maggio la Procura della Repubblica di Firenze aveva notificato nei confronti di tutti gli indagati l’avviso conclusione di indagini. I pubblici ministeri Leopoldo De Gregorio e Giulio Monferini avevano seguito le tracce del denaro di Vincenzo Ferri, conosciuto con il soprannome di “‘o Califfo”, originario di Maddaloni (in provincia di Caserta) fino ad arrivare a Francesco Fabozzo, originario di Casaluce (sempre in provincia di Caserta) ma – appunto – trapiantato a Marina, già condannato” per “estorsione aggravata dal metodo mafioso per aver agevolato il gruppo criminale di Zagaria; e ad alcuni suoi familiari.

Gli inquirenti avrebbero documentato che, attraverso società intestate a prestanome, Fabozzo, dal vertice della srl Delfa Costruzioni di Marina di Grosseto – ritenuta “imbuto” di una serie di assegni fittizi – avrebbe reimpiegato centinaia di migliaia di euro per conto di Ferri, all’epoca imputato per autoriciclaggio e frode fiscale e già coinvolto in indagini in materia di criminalità organizzata di matrice camorristica.

Durante le indagini furono raccolti anche elementi riguardanti un’ipotesi di bancarotta contestata allo stesso Fabozzo e ad altri imprenditori, sempre vicini al clan dei Casalesi: il fallimento della società veronese, vicenda nella quale avrebbero distratto in via fraudolenta e a·favore di altre imprese riconducibili a loro stessi attrezzature e contratti d’appalto, denaro e materiali quantificabili in quasi 5 milioni di euro.

Eventuali responsabilità degli indagati dovranno essere vagliate nelle successive fasi del procedimento penale.  

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