Grosseto, settant'anni dei Vini di Maremma: visite e degustazioni nella cantina della cooperativa – Video
Al Cristo la festa di primavera con la novità dell'area allestita con i cibi: «Abbiamo sentito il bisogno di farci conoscere meglio, anche dai grossetani»
GROSSETO. Settanta anni e non sentirli. Anzi, percepirli tutti per prepararsi alle nuove sfide dall’alto dell’esperienza maturata. Ad esempio la sfida dei vini leggeri, più semplici, quelli che paiono incontrare maggiormente il favore del pubblico. La Cantina cooperativa “I Vini di Maremma” al Cristo vive così questo anniversario particolare, consapevole che la storia sociale del sodalizio deve scorrere in parallelo alle scelte commerciali.
«Farci conoscere»
A festeggiare degnamente l’anno di nascita 1954 ci saranno eventi che saranno programmati in seguito. Quello che intanto interessa alla Cantina è dare inizio alla stagione, sotto nuove forme, con nuove offerte, ad esempio con il tour guidato che venerdì 5 aprile ha visto alcune decine di persone invitate a rendersi conto di persona della realtà produttiva. «Abbiamo avvertito la necessità di farci conoscere meglio – spiega il presidente Massimo Tuccio – anche da quei grossetani che magari passano qui accanto per andare al mare ma che potrebbero avere la curiosità di sapere cosa facciamo qui dentro. E anche da quelli che grossetani non sono ma che potrebbero essere interessati alla nostra produzione». Così ecco questa che il presidente chiama “festa di primavera”, un’experience che impegna la vista e l’udito e che nel finale mette a piacevole prova anche il palato. Perché da quest’anno alla Cantina ci si può anche fermare a mangiare, non soltanto a comprare: pane, salumi, formaggi, verdure di noti produttori locali, il tutto per un menu variegato accompagnato naturalmente dalle produzioni dei Vini di Maremma. Chi torna dal mare d’estate, ad esempio, può fermarsi a pranzare. L’auspicio della cantina è proprio questo: che la Maremma finisca sempre più nel bicchiere.
«Vigneti vista mare»
«Io sono qui da due anni e mezzo – fa eco la direttrice Donata Vieri –. E l’espressione che ho sentito più spesso in zona per indicarci è “la cantina dei silos”. Ecco, vorrei dire che qui dentro c’è invece un micromondo, un sistema che punta sugli equilibri sostenibili. E che mondo...». Un mondo da far conoscere anche in ragione del complesso lavoro che sta dietro alla vendita del cartone di vino. «Abbiamo 200 soci con 450 ettari di vigneti distribuiti in zone produttive che vanno dalla provincia di Livorno ai confini con il Lazio – dice ancora il presidente – Sono soci prevalentemente della fascia costiera, tanto che a noi piace dire che abbiamo dei vigneti vista mare». Il vermentino, naturalmente, ma sono tante le uve che finiscono nelle bottiglie della cantina, dal sangiovese all’ansonaca al ciliegiolo, senza dimenticare i bordolesi. «Riceviamo trentamila quintali di uva, il 75% diventa vino: quanto fa?». Ventiduemila quintali che ormai da qualche anno finiscono anche nei box, una linea di confezionamento per la quale esiste un apposito macchinario interno, un tipo di confezione che si affianca e non sostituisce le vendite in vetro, spiegano alla Cantina. «Noi pratichiamo una selezione spinta dei vigneti – dice ancore a Tuccio – Qui da noi ci sono tre selezioni di qualità sull’uva in entrata». Camminando per i locali della cantina, si può anche vedere un laboratorio di analisi per il vino, una struttura in cui la cooperativa crede e che vuole accrescere per offrire un prodotto di qualità sempre maggiore.
La spinta per il Doc
Ig Toscana, Igt Costa toscana, Doc Maremma toscana. Queste le produzioni. «Il Doc Maremma toscana è nato sotto la spinta forte della nostra cantina – rivendica con orgoglio Tuccio rispondendo alle domande dei visitatori – Adesso si va verso vini più semplici, più fruttati magari, perché è questo ciò che il mercato chiede». La produzione è attualmente sbilanciata sul bianco al 60 per cento e sì, sullo sfondo ci sono anche le bollicine, c’è anche il rosato, nel variegato mondo di etichette della Cantina. Perché il vermentino che si trova sugli scaffali del Cristo può essere di tre-quattro tipi diversi e quello della zona del tufo, ad esempio, ha tutto un altro sapore. «Noi riusciamo ad avere un marchio di tipicità – aggiunge il presidente – In questo momento le doc in difficoltà sono quelle che possono offrire meno varietà, perché hanno un disciplinare molto chiuso. Un disciplinare strutturato ma aperto come il nostro consente invece di venire incontro meglio al gusto e di diversificare l’offerta». Buona l’annata 2023, ancora migliore secondo il presidente potrebbe essere quella che uscirà dalla vendemmia 2024. Una ventina, in media, i dipendenti al lavoro.
Tra vecchio e nuovo
Tuccio, accompagnato dalla vicepresidente Assunta Cocci, passa dai locali della vecchia cantina adesso rinnovati, dalle vasche in cemento nell’edificio con i tetti coperti da pannelli fotovoltaici, parla di chiarificazioni e temperature, ricorda le aree dismesse e progetta il futuro, sottolinea che la Cantina è aperta anche ai piccoli produttori. La prima sosta, però, è quella al buio, tra le botti, davanti alla parete sulla quale viene proiettato un video di alcuni minuti, realizzato da Carlo Settembrini per l’elaborazione di Q2 Visual: campagne, vigneti, potature, germogli. Atmosfere, insomma. Si riconoscono i territori di Castiglione della Pescaia e di Manciano ma quelle immagini sono comuni a tutte le nostre zone. “Una storia sociale per il territorio”, recita la scritta. Si riaccende la luce e prende la parola la direttrice Vieri: «Questo video ha un significato ben preciso e cioè quello di ricordare che al primo piano c’è l’uomo, c’è la persona, c’è il suo lavoro. È un modo per rispettare e valorizzare tutto ciò che abbiamo intorno a noi». Manca l’applauso, o forse qualcuno lo accenna, ammirato. L’espressione del viso dei vistatori è comunque eloquente: c’è approvazione per questo made in Maremma che finisce per coinvolgere anche le altre realtà produttive del settore gastronomico.
© RIPRODUZIONE RISERVATA