Il Tirreno

Firenze

Il caso

I medici non fanno il cesareo: bambina nasce con gravi danni. Condannati tre ginecologi per la sequenza di errori

di Pietro Barghigiani
I medici non fanno il cesareo: bambina nasce con gravi danni. Condannati tre ginecologi per la sequenza di errori

Firenze, a Ponte a Niccheri per ore ignorarono la sofferenza del feto. La piccola è poi deceduta

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FIRENZE. Una sequenza di errori e omissioni che provocarono la nascita di una bimba con una gravissima ipossia cerebrale. Nata nel marzo 2011 all’ospedale della Santissima Annunziata di Ponte a Niccheri, la piccina morì a fine 2012 per una broncopolmonite.

Se a livello penale il caso dei tre ginecologi finiti a processo per omicidio colposo si era concluso con una sentenza di non doversi procedere per la prescrizione del reato, l’Asl Toscana Centro aveva chiuso ogni pendenza con i genitori della piccola pagando un milione e 167mila euro. Quei soldi ora la Corte dei conti, sezione d’appello che conferma la sentenza di primo grado, li chiede ai tre medici al 90 per cento dell’importo transato dall’Asl. La residua parte del 10 per cento era stata contestata alla stessa Azienda sanitaria. Il medico di guardia che non valutò i segnali anomali del tracciato cardiotografico deve versare 116mila euro, mentre i due colleghi che si occuparono della partoriente nelle ore seguenti sono stati condannati a pagare all’Asl 467mila euro a testa. Il ritardo di oltre un’ora del parto con un cesareo fu decisivo per segnare a sorte della neonata. Non solo i tempi allungati con effetti letali, ma il parto avvenne anche in modo naturale.

Le responsabilità

Il ginecologo di guardia al momento del ricovero della partoriente e fino alle 8 del mattino «non si attivava per adottare misure di emergenza per far fronte alla situazione, sospendendo alle 7,30 la registrazione delle contrazioni uterine e così determinando l’impossibilità di qualificare correttamente le decelerazioni del battito cardiaco successivamente rilevate». C’è poi il passaggio di consegne. Il ginecologo subentrato alle 8 al collega «non si attivava per disporre il parto cesareo, nonostante le gravi decelerazioni del battito cardiaco della nascitura registrate alle 8,17, 8,23 e 8,30». Infine, il terzo medico subentrato intorno alle 8,40, ginecologo di fiducia della partoriente, «non assumeva alcuna decisione per disporre il parto cesareo e così anticipare la nascita che, pertanto, avveniva, con parto naturale, alle 10,04».

Il danno

La neonata aveva diversi giri di cordone ombelicale intorno al collo ed era in stato di totale anossia. Le gravissime lesioni cerebrali, causate dalla sofferenza durante il parto, determinarono una irreversibile paralisi cerebrale infantile. La Cassazione, a fronte delle prescrizioni, nella sentenza del 2021 ha escluso «l’emergere di un quadro dal quale possa trarsi ragionevole convincimento dell’evidente innocenza dei ricorrenti». Una prescrizione che non ha messo al riparo i medici dal danno erariale da rifondere all’Asl.

Negligenze

Dopo aver terminato il turno alle 8, durante il quale i segnali di allarme per il feto erano evidenti, il ginecologo dopo un breve colloquio con il collega si allontanò dal reparto. Ricevute le consegne, nonostante fosse il ginecologo di guardia, il subentrante non visitò mai la paziente, che, intorno alle 8,40, venne presa in carico, con il consenso del primario del reparto, dal ginecologo di fiducia. In questo intervallo di tempo, il tracciato “sospetto” lasciato dal primo medico divenne rapidamente “patologico” e «ciononostante, non venne assunta alcuna decisione perché, in tale lasso di tempo, il ginecologo di guardia ed in servizio non si recò in sala parto né per visitare la paziente, né per visionare il tracciato, che, invece, secondo le consegne ricevute, doveva essere strettamente monitorato. Piuttosto, come raccontato dallo stesso ginecologo, si occupò di telefonare al primario del reparto per concordare che il caso venisse seguito da quest’ultimo».

Il cesareo non fatto

All’ultimo dei ginecologi che si sono avvicendati viene contestato dai consulenti del Tribunale di non avere disposto il parto cesareo immediatamente dopo la visita delle 8,45, e, proseguito il travaglio, di non avere applicato la ventosa alle 9,30. «Entrambe le condotte dovute, anticipando, seppure in misura diversa, il momento della nascita, avrebbero ridotto il periodo di sofferenza fetale, contribuendo a evitare o, quanto meno, a ridurre i danni a carico della neonata con un grado di certezza sicuramente pari, almeno, al parametro «del più probabile che non – scrivono i giudici contabili di appello – . La mancata attivazione del ginecologo nel senso indicato dai consulenti ed, in particolare, la mancata predisposizione del cesareo alle 8,45, cioè 15 minuti dopo l’ultima grave decelerazione, evidenziano una condotta omissiva gravemente colposa, riconducibile a negligenza ed imperizia».
 

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