Restyling di via Cavour, l’archistar Casamonti: «Sì agli aranci in centro. Basta con la città mummificata»
Firenze, tante voci favorevoli al progetto ma non mancano pareri contrari. Lo storico Cardini: «Lì non servono le piante, ci sono già i palazzi a fare ombra»
FIRENZE. Una scelta «condivisibile» ma soprattutto simbolica perché si contrappone «all’idea di una città mummificata, immobile dove niente può mai cambiare», mette nero su bianco l’archistar fiorentino Marco Casamonti. Gli fa eco l’urbanista e professore universitario, Fabrizio Rossi Prodi: «Mi sembra un'idea coraggiosa e positiva, anche alla luce della minaccia del cambiamento climatico». Di tutt’altro avviso invece lo storico Franco Cardini che si dice «molto perplesso, non abbiamo bisogno di cose del genere» ed evoca tutte «le piccole transazioni, donazioni o accordi dietro alle scelte sugli arredi urbani che sono venuti fuori in più di un’occasione». Mentre l’architetta ed ex funzionaria della Sovrintendenza, Fulvia Zeuli, difende la proposta: «Non ho una cattiva opinione e ho fiducia nelle capacità della direzione Ambiente». Non si placa la battaglia sugli alberi di arancio in via Cavour, una novità che prenderà forma da settembre con i primi cantieri grazie all’investimento complessivo di 4,9 milioni di euro.
In principio verranno allargati i marciapiedi e una volta rifatta la carreggiata verranno inserite le aiuole con le piante. Successivamente, nel 2026, con la realizzazione della tramvia per Bagno a Ripoli la strada verrà lastricata e pedonalizzata con l’eccezione del transito dei bussini elettrici.
Ad accendere il dibattito cittadino degli ultimi giorni è stata la lettera, firmata da 49 tra docenti, professionisti ed intellettuali – tra cui l’ex direttore degli Uffizi, Antonio Natali e l’ex assessore Franco Camerlinghi – che bolla la piantumazione di 50 aranci nella strada che collega il Duomo a piazza San Marco come «un intervento del tutto incongruo rispetto alla storia urbana di Firenze» auspicando uno spostamento in periferia.
Un progetto di riqualificazione, annunciato il mese scorso da Palazzo Vecchio con il giudizio favorevole della Soprintendenza fiorentina e di una parte dei residenti, che il sindaco Dario Nardella ha da subito difeso di fronte al crescente coro di critiche. «Il canto degli aranci esiste da secoli, in pieno centro, vicino a via Ghibellina, con buona pace di chi sostiene che la storia di Firenze non abbia niente a che fare con gli agrumi e non vuole piante in centro storico», torna a ribadire Nardella facendo riferimento all’angolo a due passi da piazza Santa Croce dove nel Medioevo i poeti si riunivano d’estate per misurarsi in dispute di versi improvvisati.
Niente di così diverso dalla discussione sulle nuove alberature divampata in settimana che si arricchisce giorno dopo giorno di voci a favore o contro. «Non credo affatto nella contrapposizione tra città della pietra e città del verde, devono coesistere e l'ambiente deve trovare il suo spazio», chiarisce Casamonti dello studio Archea. «Mi sembra la classica polemica estiva, specialmente nel centro storico dove per ogni minimo cambiamento c'è sempre una levata di scudi. Sono sicuro che tra 30 anni nascerà un comitato per proteggere gli aranci piantati oggi o addirittura per impedire una futura sostituzione con altro».
Il fondatore dello studio Rossiprodi associati condivide la scelta «che affonda le radici nella passione dei Medici e poi dei Lorena per gli agrumi» ma vede in maniera diversa il dibattito pubblico sul tema: «É stimolante e dimostra l'affezione dei fiorentini per la loro città».
Non è convinto invece lo storico Cardini secondo cui «il verde non dà mai fastidio ma il centro è discretamente attrezzato. E l’arancio è una bellissima pianta ma non esattamente un albero tipico di Firenze o della Toscana, li avessero messi a Palermo non avrei avuto niente da ridire». E poi, per quanto riguarda la collocazione: «Via Cavour è profondamente urbana, se ne può fare anche a meno, tranquillamente. E non si tiri fuori il discorso delle ombre perché i palazzi sono alti e oscurano il sole. Senza contare che con l’eccezione della primavera le piante in inverno saranno scheletriche. Una decisione insomma che lascia il tempo che trova».
La vede in maniera opposta invece l’ex funzionaria della Soprintendenza Zeuli: «Sono alberi già presenti nei giardini storici di Firenze, non raggiungono grandi dimensioni e non si corre il rischio che divengano troppo invasivi. Per la possibilità di sopravvivenza in un clima rigido ho la massima stima e fiducia nelle capacità di scelta della specie giusta da parte della direzione ambiente del Comune». E sul dibattito riprende il punto di vista di Casamonti: «Ritengo che le città non vadano per sempre bloccate nelle loro condizioni attuali».
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