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Firenze, Sant’Orsola restituita ai cittadini: la rinascita con un’apertura speciale e un grande evento

di Sabrina Carollo
Firenze, Sant’Orsola restituita ai cittadini: la rinascita con un’apertura speciale e un grande evento

Gli artisti Sophia Kisielewska-Dunbar e Alberto Ruce espongono le loro opere

01 giugno 2023
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FIRENZE. La memoria e il futuro, la conservazione e l’impermanenza. Sant’Orsola riapre le porte alla cittadinanza per il primo grande evento di una serie di appuntamenti che si susseguiranno nei prossimi due anni, durante i lavori di ristrutturazione che ne segneranno la rinascita. Lo fa allestendo un’esposizione di due artisti residenti tra la scorsa estate e questa primavera: “Oltre le mura di Sant’Orsola” è il titolo della mostra che propone i lavori creati da Sophia Kisielewska-Dunbar e Alberto Ruce. Entrambi sono partiti dal confronto con la storia e la realtà del posto, raggiungendo esiti differenti per modalità e filosofia. Ed è affascinante osservare come un medesimo luogo agisca in maniera diversa su due menti creative: psicologica, politica e storicista Kisielewska-Dunbar, poetico e introspettivo Ruce. Il risultato è un’esposizione di notevole spessore, che regala non semplicemente vita allo spazio largamente segnato dalle attività di cantiere, ma un’anima profonda.

Aperta da oggi al 2 luglio, la mostra è a ingresso libero ed è allestita nelle due ex chiese e nell’antica spezieria. È da quest’ultimo spazio, un tempo deputato alla preparazione conventuale di ritrovati medicamentosi, che è partito Alberto Ruce, artista siciliano residente a Marsiglia che ha elaborato un intervento declinato in tre contenuti, tutti di carattere effimero, ovvero non pensati per rimanere nel tempo ma per attraversarlo. Ruce ha lavorato con le persone del quartiere, riproducendone le mani al lavoro con mortaio e pestello, con erbe medicinali e trecce d’aglio, proprio come per gli antichi cataplasmi preparati dalle monache e lasciandone una suggestione sui muri della spezieria, quasi un sussurro visivo: «Dopo l’iniziale delusione nel non vedere sui muri di Sant’Orsola affreschi dal suo glorioso passato, ho pensato di ritrovare delle immagini nei muri, come se i dipinti affiorassero da dentro» ha dichiarato. Il secondo intervento si dispiega nella chiesa trecentesca che poi ospiterà la collezione permanente, il cui pavimento aperto racconta i ritrovamenti di tombe dell’epoca, tra cui anche quella di Lisa Gherardini, presunta modella di Leonardo per il suo più celebre dipinto. Tre grandi teli impalpabili, tesi sopra la superficie non calpestabile, si muovono nell’aria, riproducendo tridimensionalmente l’immagine di una madre e una figlia composta in tre strati.

Le donne, realmente madre e figlia che gestiscono un banco storico nel mercato di San Lorenzo, sono per l’artista la moderna interpretazione di Lisa e di sua figlia, suor Ludovica, che a Sant’Orsola visse da consacrata. A collegare i due ambienti, un camminamento dal cui soffitto pendono 37 chiavi di cera – altro materiale decisamente non permanente -, numero degli anni che la figlia di Lisa sopravvisse alla madre prima di ricongiungersi nell’ “Al-di-là”, titolo dell’installazione. Per Ruce, che viene dall’esperienza del muralismo e dell’arte urbana, fare arte significa soprattutto affidare il proprio lavoro ai cittadini: «L’opera appartiene più a loro, a chi abita il quartiere, sento che loro la devono vivere più di me».

Un grande trittico che parla il linguaggio dell’arte classica, anche se in chiave contemporanea, è invece il lavoro di Sophia Kisielewska-Dunbar, che ha elaborato i volti di uomini e donne dei dipinti e delle sculture di Firenze e dintorni per creare una sorta di collage capace di sottolineare con vigore quanto fossero polarizzate e differenti le rappresentazioni del maschile e del femminile nel passato. Nel trittico, uomini di Giotto, Masaccio, Donatello, Vasari, occupano i pannelli laterali, mentre al centro una figura femminile indefinita dà loro le spalle, allontanandosi.

E ancora, in altri studi di rappresentazioni, si ammirano i volti, i gesti, il linguaggio del corpo di una narrativa che da sempre vuole la donna angelicata e con un’espressione dolce e sublime anche durante la tragedia del martirio, mentre gli uomini osservano, puntando l’indice giudicante. «Mi sono interrogata sullo stato d’animo delle monache che tutti i giorni vivevano qui osservando questo tipo di soggetti nei dipinti sacri», ha commentato Kisielewska-Dunbar. Di fronte alla violenza delle immagini – e della vita – le donne dell’artista scelgono di allontanarsi, esprimendo il suo “Noli me tangere” moderno. «Questo evento è la dimostrazione di un percorso di rinascita di Sant’Orsola a luogo d’incontro e cultura», ha dichiarato Morgane Lucquet Laforgue, responsabile del museo di Sant’Orsola che aprirà con la conclusione dei lavori, nel 2025. «Un percorso che manterrà in stretto dialogo la struttura con l’arte e con i cittadini di Firenze».
 

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