Firenze, il David sovrano e intoccabile: ecco qual è la rivista condannata
Condannata la rivista che ne mise l’immagine in copertina senza autorizzazione. I giudici: «Svilito il simbolo dell’identità nazionale, asservito a un utilizzo pubblicitario»
FIRENZE. L’immagine è iconica, ma non gratuita, né alterabile. Se si decide di mettere il David di Michelangelo sulla copertina di una rivista a tiratura nazionale senza un’autorizzazione scritta, e pure con una tecnica che ne modifica l’effetto visivo, allora si finisce in tribunale. E con un esito svantaggioso per chi sceglie di pubblicare la foto.
Nella causa civile per violazione del diritto all’immagine avviata dal Ministero per i Beni e le Attività culturali e per il Turismo contro Edizioni Condè Nast Spa, il tribunale ha accolto le ragioni dello Stato condannando la società editrice del magazine GQ a pagare un risarcimento di 50mila euro di danni (30mila non patrimoniali, 20mila patrimoniali).
La storia risale all’estate 2020. Uno scambio di mail tra i vertici del mensile e la direttrice della Galleria dell’Accademia che ospita il capolavoro di Michelangelo, non erano stati sufficienti a chiarire autorizzazioni e impaginazione.
La direzione di GQ scrive alla direttrice Cecilie Hollberg spiegandole che l’obiettivo è «un lavoro di copertina dedicato all’idea di un nuovo Rinascimento italiano. Un fine lavoro di cartotecnica lenticolare, con effetto morphing, tra la statua simbolo del Rinascimento ovvero il David di Michelangelo e il modello maschile più famoso del mondo, Pietro Boselli». In un’altra mail del direttore di GQ, viene inviato «un prototipo di copertina che spostando lo sguardo alla pagina fa apparire il modello e scomparire il David». Peggio che mai. È quello che la Galleria dell’Accademia rifiuta proprio come concetto che stravolge l’opera d’arte.
Due giorni dopo la direttrice risponde al responsabile del magazine chiarendo che non avrebbe autorizzato l’uso che si voleva fare dell’opera d’arte, «in quanto sarebbe stato bello avere il nostro David in copertina doppia pagina redazionale all’interno, ma non al costo di un David alterato». Chiaro il messaggio contrario ai desiderata della rivista.
La risposta della direttrice viene ignorata. Nel numero 241 di luglio-agosto di GQ il David di Michelangelo appare come lo aveva annunciato il direttore «avendo piena consapevolezza della illiceità del proprio progetto editoriale e della sua incompatibilità con la destinazione culturale del David» si legge nella sentenza. E fa saltare sulla sedia Cecilie Hollberg che aveva negati l’uso dell’immagine del David, ritenuta alterata con la cartotecnica lenticolare, e anche per una finalità commerciale.
È l’inizio della causa civile vinta dal ministero. Ascoltando le ragioni delle parti, il giudice ha considerato illegittimo l’utilizzo dell’immagine del David “modificata” e senza il consenso di chi custodisce la scultura. «La società , con la tecnica lenticolare, ha insidiosamente e maliziosamente accostato l’immagine del David di Michelangelo a quella di un modello, così svilendo, offuscando, mortificando, umiliando l’alto valore simbolico ed identitario dell’opera d’arte ed asservendo la stessa a finalità pubblicitarie e di promozione editoriale» scrive il tribunaledi Firenze, che aggiunge altre contestazioni alla società editrice: «Ha omesso di chiedere il consenso all’amministrazione ai fini della riproduzione; dolosamente impedito all’ente preposto di valutare la compatibilità tra l’uso dell’immagine del David e la destinazione culturale della stessa; anzi, ha dolosamente utilizzato l’immagine del David con una modalità (quella della cartotecnica lenticolare) sulla quale si era già pronunciata la direttrice della Galleria dell’Accademia, chiarendo che trattavasi di alterazione dell’immagine del bene culturale, che, in quanto tale, non avrebbe potuto trovare autorizzazione». Rifiuti però ignorati dai vertici della rivista che andò lo stesso in edicola con il David “cangiante” che si trasforma in un modello. Secondo il tribunale, come viene garantito, ai sensi dell'articolo 2 della Costituzione, il diritto alla identità personale, inteso come diritto a non veder alterato e travisato il proprio patrimonio intellettuale, politico, sociale, religioso, ideologico e professionale, così occorre tutelare, ai sensi dell'articolo 9, il diritto all’identità collettiva dei cittadini che si riconoscono come appartenenti alla medesima Nazione anche in virtù del patrimonio artistico e culturale che è parte della memoria della comunità nazionale.
Già nel 2017 il tribunale di Firenze accordò, con un ordinanza cautelare, tutela all’immagine del David di Michelangelo inibendone l’uso illecito a fini commerciali. «Un altro grande traguardo – è il commento di Cecilie Hollberg–. Ormai è stato affermato un principio che esula dal singolo caso».
Un plauso alla sentenza è arrivato anche dal ministro della cultura Gennaro Sangiuliano: «Apprezzo la sentenza del tribunale di Firenze sul David di Michelangelo, che riconosce il principio di un diritto all'immagine per i beni culturali». Per il presidente della Regione Eugenio Giani si è trattato «di una sentenza storica e innovatrice e la sua grande forza risiede nel fatto che si fonda sulla nostra Costituzione». Proprio ieri, sulle pagine de Il Tirreno, Cristina Acidini, invitata a dare un suo parere sulla campagna “Open to Meraviglia”, ha ricordato il suo impegno, quando era soprintendente, a contrastare le manipolazioni delle opere d’arte. A questo proposito, ha detto, .