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Firenze, violò il lockdown e aprì il ristorante: il tribunale assolve Momi El Hawi

di Matteo Leoni
Firenze, violò il lockdown e aprì il ristorante: il tribunale assolve Momi El Hawi

La giudice: «Ha agito così perché rischiava il fallimento del locale»

11 maggio 2023
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FIRENZE. Era finito a processo con l’accusa di aver ripetutamente rimosso i sigilli apposti al suo ristorante, “Da Tito” in via Baracca, tenendo aperta la sua attività durante il lockdown. Adesso il ristoratore Momi El Hawi, tra i fondatori del movimento “IoApro”, è stato assolto dal tribunale di Firenze, che lo ha giudicato «non punibile per particolare tenuità del fatto».

«In un palazzo grigio, in un giorno grigio, dopo due anni neri per la storia dei diritti umani – ha affermato Momi El Hawi in un post su Facebook –, portiamo a casa una grande vittoria. Ho rimosso dieci volte i sigilli alla mia attività, perché sicuro di stare rispettando le regole della Costituzione ma soprattutto del buonsenso». «Hanno fatto di tutto – ha detto ancora – per mettermi i bastoni fra le ruote, farmi chiudere e rinchiudermi in galera buttando la chiave. Ma se quello che fai è giusto, che la strada è quella, devi fare solo una cosa: continuare a camminare! Il giudice del tribunale ordinario mi assolve in formula piena. E ora, comincio a giocare io la mia partita, non pensate di cavarvela così finché giustizia non sarà totale. Per me e per i milioni di discriminati che avete fatto fallire! IoApro c'è e ci sarà sempre». Nel processo il ristoratore era difeso dagli avvocati Lorenzo Nannelli e Sigfrido Fenyes.

Nella sentenza, la giudice Paola Belsito afferma che «nel caso di specie possa pervenirsi ad una pronuncia assolutoria». «Milita in tal senso – aggiunge – la consapevolezza che ci si trovi in presenza di situazioni e comportamenti eccezionali, e conseguentemente di reazioni che sono frutto di un momento storico di grave emergenza sanitaria, che costituiscono l’espressione del disagio e della conflittualità innescati da una situazione complessiva quantomeno straordinaria» quale fu quella provocata dalla pandemia da Covid 19.

In questo contesto, argomenta la giudice, si può ipotizzare che il ristoratore abbia agito spinto dallo stato di necessità, come argomentato di recente dal giudice di pace in una sentenza che ha portato all’annullamento di una delle multe comminate alla pizzeria per essere rimasta aperta durante il lockdown.

I provvedimenti adottati per contenere la pandemia, precisa la giudice Belsito, «se miravano a per quanto possibile dalla diffusione del virus, nel contempo impedivano l’esercizio di molti diritti fondamentali, compreso quello di lavorar e per vivere». «Una condizione grave – si legge ancora nella sentenza –, che non è stata puntualmente provata nel caso che ci riguarda, ma di cui vi è traccia nel provvedimento recentemente emesso dal giudice di pace di Firenze, che motiva anche sul fatto che l’imputato avrebbe avuto n grande debito connesso con l’affitto del locale, aveva preoccupazione per i propri dipendenti, e si era venuto a trovare sull’orlo del fallimento e della chiusura del locale». Una situazione, argomenta ancora la giudice, «che rende meno grave la condotta posta in essere» da Momi El Hawi.

«Si tratta di una vittoria molto importante per Momi e per il movimento Io Apro in generale – commenta l’avvocato Lorenzo Nannelli –, il tribunale pur non condividendo interamente la linea di questa difesa, ha comunque riconosciuto che l'imposizione della chiusura dell'esercizio operata dai vari Dpcm costituiva una sorta di “condanna a morte» per il ristorante.


 

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