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L’intervista

Empoli, il presidente Corsi senza filtri: «Pronti a cedere un nostro gioiello, ma solo per un’offerta giusta...»

di David Biuzzi

	Il presidente dell'Empoli Fabrizio Corsi
Il presidente dell'Empoli Fabrizio Corsi

La squadra, la salvezza, il mercato, lo stadio, il possibile socio. Il massimo dirigente fa il punto della situazione e affronta tutti i temi più caldi

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Secondo Fedor Michajlovic Dostoevskij soffrire e piangere significa vivere. E la lezione del grande scrittore e filosofo russo, considerato uno dei più grandi romanzieri e pensatori di tutti i tempi e padre di immortali capolavori come “Delitto e castigo” e “I fratelli Karamazov” sembra racchiude molto dello strano e per certi versi pazzesco 2024 vissuto dall’Empoli e da chi ha l’azzurro nel cuore e nell’anima. Un anno solare aperto e chiuso da sconfitte incassate al Castellani, dallo 0-3 col Milan del 7 gennaio all’1-2 col Genoa del 29 dicembre, ma pieno di tanto altro. Con le luci a sostare nettamente le ombre, alla resa dei conti, ma anche con cadute più o meno rovinose e la sofferenza come costante compagna di viaggio. In sostanza 366 giorni (era bisestile) intensi, conditi da 42 punti complessivamente conquistati in Serie A, inclusi i 19 dell’odierna classifica, in 37 partite. Di cui una già entrata nei libri di storia. Ovviamente quella del 26 maggio scorso, il 2-1 sulla Roma che ha regalato una notte indimenticabile e il primato della terza salvezza. Tanta roba. Anche per chi di soddisfazioni se ne è tolte molte come il presidente Fabrizio Corsi, che al timone di comando c’è da dall’ormai lontano luglio del 1991. «Nel libro dei ricordi – conferma il massimo dirigente azzurro – sicuramente troverà posto la foto di quella serata, una delle più belle di sempre. L’apice di una stagione, la scorsa, difficile ma che alla fine ha portato a vivere una gioia immensa».

E in generale il 2024 come è stato?

«Simile. Nel senso che ci ha portato la salvezza in Serie A che era ed è la cosa più importante. Però attraverso un cammino complicato e anche l’estate non è stata semplice».

L’estate della rivoluzione e dei tanti addii…

«Già. Alcuni non proprio banali e sofferti anche a livello personale. Ormai non sono più il ragazzo che diventò presidente (aveva 31 anni, nda) e sento anche di avere meno energie».

Poi, però, le cose non sono andate malissimo…

«Tutt’altro. Sono andate bene anche se queste tre sconfitte consecutive non ci permettono di salutare l’anno nuovo come avremmo voluto e potuto».

È preoccupato?

«Lo sono sempre. Anche quando vinciamo. Ma non mi ritengo pessimista, semmai realista. Per noi stare nella parte sinistra della classifica di Serie A non è normale, il nostro habitat è un altro. Anzi in molti ritengono che proprio il massimo campionato non lo sia. Il posto, però, ce lo siamo conquistato e mantenuto con merito. E questo vogliamo fare ancora. L’importante è che tutti se ne rendano conto».

In che senso?

«Che non dobbiamo cullarci sugli allori quando le cose vanno bene. È un rischio che non possiamo permetterci di correre».

Secondo lei oggi l’Empoli sta pagando questo?

«No, spero di no. È normale che a livello inconscio possa esserci un minimo di rilassamento. Niente di clamoroso, ma per stare dove vogliamo stare a noi serve che tutti diano il massimo e forse anche un pochino di più. E quando dico questo non mi riferisco solo alla squadra ma a tutto l’ambiente. Il nostro è fantastico, eccezionale, e negli ultimi anni per fortuna tanti giovani si sono avvicinati e appassionati all’Empoli. È un dono, sia chiaro, ma chi ha qualche anno in più, come me, sa bene che la Serie A per l’Empoli non è scontata. Dobbiamo meritarcela non solo in ogni partita ma ogni giorno».

La ribadirete anche alla squadra?

«Coi ragazzi parliamo tutti i giorni e sul gruppo posso mettere la mano sul fuoco. È sano. Poi sta a me, al direttore Gemmi e al tecnico D’Aversa passare i messaggi giusti, far capire che anche il minimo appagamento non ci porta né mai ci porterà nessun vantaggio. Detto questo non possiamo neanche dimenticare quello che questo gruppo sta affrontando e facendo».

Cosa intende?

«Che oggi saremmo salvi e già questo potrebbe bastare. Ma non è tutto qui. In questa prima parte di stagione abbiamo affrontato una serie di gravi infortuni che di solito non capitano neanche in 3 stagioni. Sono già 5 i giocatori che dall’inizio della preparazione di sono dovuti operare (Perisan, Sazonov, Haas, Pellegri e Solbakken, nda) e altri 2 lo stesso hanno fatto verso la fine e dopo la fine dello scorso campionato (Ebuhei e Zurkowski, nda). È chiaro che un prezzo prima o dopo avremmo dovuto pagarlo ed evidentemente in questa chiusura d’anno un po’ meno brillante c’è anche questo».

Però ora si riapre anche il mercato.

«Qualcosa dobbiamo fare e qualcosa faremo. Sicuramente finora sono stati bravi i ragazzi a sopperire alle assenze e ai problemi, così come è stato eccezionale mister D’Aversa che ogni settimana o quasi si è dovuto inventare qualcosa. Ma non possiamo lasciare tutto sulle loro spalle. I rinforzi servono e cercheremo di farli arrivare».

Eppure il mercato potrebbe aprirsi con la cessione di Fazzini.

«Fazzini ormai è pronto per fare un salto di qualità o almeno per provarci. Anche nello spezzone giocato contro il Genoa lo ha dimostrato. Alle qualità tecniche e fisiche che ha sempre avuto ha aggiunto anche maturità e personalità. È un giocatore importante, insomma, ma se arriverà l’offerta giusta non potremmo trattenerlo. Anche perché la storia dell’Empoli e la mia personale da presidente ci insegnano anche quando lo abbiamo fatto si è sempre rivelato un errore».

Salvezza, stadio, socio: il 2025 sarà l’anno delle “3S”?

«Me lo auguro. Molto dipende dalla prima S, la salvezza. Il resto poi potrebbe essere una conseguenza. Per i lavori allo stadio e l’ampliamento del centro sportivo già alla fine di gennaio dovremmo avere le idee più chiare sui tempi e iniziare, spero, il prima possibile. Per quanto riguarda la società posso solo dire che le manifestazione d’interesse ci sono, anche più che semplici chiacchiere, ma in ogni caso ci saranno tanti ragionamenti da fare con il bene dell’Empoli, e non quello di Fabrizio Corsi, sempre al primo posto. E comunque vi siete dimenticati di un’altra S».

E cioè?

«Sofferenza. Non bisogna dimenticare mai chi siamo e da dove veniamo. Per ottenere qualsiasi cosa dobbiamo passare da lì, farlo tutti insieme e continuare a saperlo fare come è stato finora».

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