Il Tirreno

L’intervista

Cecina, il primario Stefano Masoni: «Vivo il parto ancora come una magia». La sua opinione sull’interruzione di gravidanza

di Ilenia Reali

	Stefano Masoni
Stefano Masoni

Il primario di ginecologia e scrittore di romanzi si racconta: «Vedere una vita che arriva è un grandissimo privilegio, scrivere mi aiuta a staccare»

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Ha fatto partorire migliaia e migliaia di donne. E delle emozioni delle loro vite, degli aneddoti della sua città ne ha scritto nei suoi romanzi, pubblicati e vincitori di più concorsi nazionali. Stefano Masoni, 66 anni, primario di ostetricia e ginecologia per gli ospedali di Cecina, Piombino ed Elba, ha visto nascere migliaia di bambini tra Pisa e Piombino dal 1984 quando si laureò innamorato da quella che, ancora oggi, definisce “la magìa che si compie con il parto”. Dalla sua scrivania di medico nell’ospedale di Cecina e da quella di romanziere nella sua casa di Livorno, ha visto cambiare gli usi, le abitudini, i comportamenti dei pazienti. Ma anche delle città.

Dottore, quante donne ha fatto partorire nella sua carriera?

«Migliaia di donne. Decine di migliaia».

Quante donne invece non è riuscito a far partorire?

«Purtroppo tante. E per noi è sempre un enorme dispiacere».

Come sono cambiate le gravidanze negli anni?

«Le scorse settimane abbiamo avuto un convegno a Venturina sul tema della denatalità e io ho “riesumato” dei dati di un lavoro del 1986. In quegli anni già si parlava della gravidanza attempata, le donne sopra i 35 anni erano viste con un certo sospetto. E puerpere con più di 35 anni ce n’erano davvero poche».

Solo questo?

«Non c’erano immigrate e anche la fecondazione assistita era inesistente. Perfino le patologie come il diabete e la pressione alta sembrava non ci fossero. Anche se per questo probabilmente non avevamo sistemi per individuarle con certezza. Il tasso dei cesarei era molto basso perché le gravidanze erano fisiologiche, le donne più giovani e quindi le gravidanze avevano meno rischi».

L’età media dei parti si è molto alzata?

«Oggi le gravidanze sopra i 40 anni, sono frequenti, il 6% . Il 29% a Cecina riguardano donne straniere. Questo dato mi ha colpito molto: nell’ultimo anno in ospedale abbiamo incontrato donne di 28 nazionalità diverse. Dati che ci danno il segno del cambiamento».

Come la fecondazione assistita. ..

«Le gravidanze con fecondazione assistita sono il 5% a Cecina. Oggi, rispetto al passato, ci sono meno parti ma sono molto più impegnativi. Sono di più le gravidanze a rischio. Le straniere capita spesso che non siano state seguite adeguatamente. Poi c’è l’età avanzata che determina maggiori complicazioni. Una donna che partorisce a 45 anni, richiede più impegno nell’essere seguita. La situazione è più complessa».

Che cosa le donne ignorano o non valutano con il giusto peso sia dal punto ginecologico che sessuale?

«L’importanza della prevenzione. È una cosa su cui insisto tanto. Ero responsabile per lo screening del tumore al collo dell’utero e secondo me le donne trascurano questo tipo di controlli. Non c’è abbastanza cultura. Come pure, ma per fortuna su questo si è andati molto avanti, c’è ancora da fare per la contraccezione. È un dolore quando le donne vengono per interrompere la gravidanza perché non hanno seguito corrette regole contraccettive».

Dottore, lei fa anche interruzioni di gravidanza?

«Sì, non sono obiettore».

Qual è la situazione che le crea maggiore angoscia?

«Mi dispiace quando, per fortuna ora raramente, l’interruzione di gravidanza viene presa come un metodo contraccettivo. Facciamo di tutto per far comprendere alla donna il valore di quel gesto».

Giovanissime che interrompono la gravidanze ce ne sono molte?

«Sì, qualcuna c’è. Ma ho l’impressione che la situazione sia migliorata. I dati dell’interruzione di gravidanza sono in generale in netto calo. Questo tra l’altro è il tema dell’ultimo racconto che ho scritto. In “Fiorella, la bolognese” affronto il tema di un aborto clandestino. Esperienza che indirettamente ho visto anch’io».

In che senso “ha visto anche lei”?

«Agli inizi della carriera mi capitava di vedere donne che mi confessavano aborti clandestini negli anni precedenti o si sapeva di ostetriche o medici che avevano questo tipo di attività, anche dopo la legge».

La legge dovrebbe essere cambiata? E se sì, come?

«La legge era necessaria e ha portato a migliorare la situazione. Non c’è da cambiare molto. C’è da far crescere ancora la cultura della contraccezione».

Negli ospedali, anche toscani, ci sono numerosi medici obiettori di coscienza. Secondo lei va posto un limite?

«Nei nostri ospedali per fortuna si riesce a far funzionare bene la legge mentre ci sono situazioni in cui il numero degli obiettori non ne permette l’applicazione come si dovrebbe e questo non è tollerabile. Ci sono, tra l’altro, obiettori di comodo: medici che quando uscì la legge si dichiaravano obiettori mentre procuravano aborti clandestini. Anche oggi secondo me la convinzione dell’obiezione dovrebbe essere verificata. A volte è una scelta di comodo».

Perché ha scelto di fare il ginecologo?

«Durante il corso di laurea, il professor Baisi – poi stato primario a Livorno – ci parlò della prevenzione e ci disse quante donne si potevano salvare. Inoltre mi affascinava il parto, unica specialità in cui le pazienti non sono malate. E poi continuo ancora oggi, a distanza di anni, a essere affascinato dalla bellezza del parto. La considerò una magìa. Vedere una vita che arriva lo ritengo un grandissimo privilegio».

Come ha deciso invece di dedicarsi alla scrittura?

«L’ho sempre fatto, ho cominciato a leggere da piccolissimo. Non sono mai mancati in casa libri, riviste. Leggendo tanto, scrivere è stata una conseguenza. Il professore leggeva i miei temi ad alta voce in classe. Ho sempre continuato a scrivere. Sapendo di questa mia passione un amico mi disse che cercavano racconti per pubblicarli in un’antologia ambientata a Livorno. Era il 2007. Mi mise in contatto con Raffaele Palumbo, il mio racconto fu pubblicato. Vendemmo con l’antologia quasi duemila copie. E da quel momento il gruppo che aveva mandato i racconti ha continuato a vedersi. Ci vediamo a cadenza settimanale. Abbiamo pubblicato altre 10 antologie. Ci confrontiamo, mandiamo i racconti ai concorsi».

Dal punto di vista emotivo cosa le dà scrivere?

«Tanto. Scrivere è un momento di distacco dalla vita quotidiana e di riflessione sul mondo. Mi dà l’idea grazie ai personaggi di controllare le cose. Sto bene quando scrivo».

Vive a Livorno, lavora a Cecina, Piombino, Elba. Cosa cambierebbe di Livorno, della sua provincia?

«Il punto di forza è l’approccio. Disteso, cordiale, amichevole. Abbiamo la fortuna inoltre di vivere in un ambiente bellissimo: il mare, le isole, le colline. Il vino, l’olio. Si potrebbe però migliorare la viabilità. Dover pagare l’ultimo tratto di autostrada è un balzello che proprio non mi va giù».

Qual è il suo libro preferito?

«Sono molto affezionato ai classici, quindi l’Odissea. Dentro c’è tutto e soprattutto ci sono dei valori importanti che risalgono a migliaia di anni fa. Ci sembra di essere moderni, di andare velocemente, ma in realtà i sentimenti che proviamo adesso ce li descriveva già Omero».

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