Il Tirreno

La lettera

Trovato senza vita alla stazione di Cecina, il padre: «Così un sistema insensibile ha lasciato morire mio figlio»


	La stazione di Cecina
La stazione di Cecina

Giuseppe Ciarcia ha scritto una lettera al Tirreno in cui racconta la storia di dolore del figlio Francesco: «Lo piango e penso a tutti i ragazzi con dipendenze abbandonati a loro stessi»

22 agosto 2024
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CECINA. Domenica, intorno alle 5,30 del mattino, il bibbonese Francesco Ciarcia viene trovato morto davanti alla stazione ferroviaria di Cecina. Sul corpo non ci sono segni di violenza e viene trasportato all’obitorio per l’autopsia. Adesso il padre, Giuseppe Ciarcia, ex assessore comunale di Bibbona e per molti anni rappresentante del Gruppo Civico Bibbona, scrive una lettera al Tirreno per spiegare che cosa è successo.

«Mio figlio Francesco è stato abbandonato a se stesso, lasciato morire da un sistema sanitario inefficiente e insensibile, dove l’interpretazione delle norme, a mio avviso errata, è stata anteposta al senso di umanità e al minimo etico necessario per svolgere l’attività sanitaria che per sua natura le vite le deve salvare a tutti i costi.

Il sistema non funziona

Un sistema sanitario, questo, incapace di affrontare il mostro che affligge pazienti, familiari e amici che si trovano a combattere quotidianamente da soli contro patologie psichiatriche e dipendenza dalle sostanze. Francesco, che da svariati anni lottava contro i problemi di dipendenza, non aveva mai dato particolari problemi fino allo scorso mese, quando tutto è precipitato improvvisamente. Era il 13 Luglio quando Francesco è stato arrestato dai carabinieri di Cecina per essersi introdotto, arrampicandosi da una finestra, nella casa della ex compagna dalla quale era uscito pochi minuti prima. Lei non gli aveva più riaperto la porta, e lui, che voleva soltanto riprendersi le chiavi di casa e i farmaci di cui necessitava perché li aveva dimenticati dentro, aveva a quel punto perso il controllo introducendosi nell’appartamento. Francesco, recuperate le proprie cose ha atteso lì i carabinieri, seduto pacificamente in salotto, senza aver usato violenza alla ex compagna e senza aver opposto resistenza ai militari, che lo avevano arrestato e successivamente tradotto alle Sughere su disposizione dell’autorità giudiziaria. Francesco è uscito tre giorni dopo con l’applicazione di alcune misure come l’obbligo di firma alla stazione dei carabinieri di Bibbona e del braccialetto elettronico che avrebbero dovuto applicargli alla fine di agosto. Non era più lui, i suoi comportamenti avevano iniziato in un crescendo inarrestabile ad essere sempre più incontrollabili con crisi autolesionistiche, distruttive anche sulle cose.

La sofferenza di mio figlio

Un comportamento che, ogni giorno, si aggravava sempre di più attraverso comportamenti antisociali. Una situazione complessa aggravata da un disturbo borderline per il quale era in cura, con assunzione di psicofarmaci, presso la Psichiatria di Cecina. Un mix di sostanze micidiali, gli psicofarmaci, uniti all’alcool e agli stupefacenti che con le altre sostanze somministrategli dal Serd di Cecina ne aveva stravolto la personalità, con repentini cambi di umore e di atteggiamento, un lato oscuro che si palesava improvvisamente dal nulla si impossessava di lui e ne prendeva il controllo divenendo verbalmente aggressivo per poi arrecare del male fisico a se stesso con atti di lesionismo. Il 4 agosto le cose peggiorano, Francesco è in campagna a casa dei genitori e dà in escandescenza, assume massivamente tutti i farmaci della settimana affidatigli dal Serd, rompe un flacone di Rivotril e con questo si taglia, minaccia l’amico che lo assiste con il collo di una bottiglia di birra rotta sul momento per poi rivolgerlo contro se stesso iniziando a prenderlo a morsi allo scopo di procurarsi ferite alla bocca. Viene prontamente bloccato, intervengono due ambulanze, una con il medico a bordo, carabinieri, polizia locale ed infine il sindaco di Bibbona Massimo Fedeli che firma per un Tso su proposta del medico del 118.

Il mancato Tso

Francesco arriva in pronto soccorso, ma la Psichiatria non lo ritiene da Tso. Lui esce, passano alcuni giorni e tenta il suicidio alla stazione, assumendo un mix di farmaci e sostanze che lo portano ad avere quattro blocchi respiratori, viene salvato grazie a una telefonata partita dal Bar Nazionale. È la titolare dell’esercizio che lo vede accasciarsi al suolo e a chiamare l’ambulanza. Anche in questo caso il Tso non viene adottato. Gli psichiatri dopo una perizia non lo hanno ritenuto necessario, viene convinto a ricoverarsi in una struttura psichiatrica a Lucca, dove firmerà le dimissioni per tornare a casa due giorni dopo, seguono alcuni giorni di calma.

Una calma apparente dove Francesco, con tutta la sua lucidità, dice agli amici che se dovesse ripetere il gesto di suicidarsi lo rifarebbe sempre alla stazione, in un orario e con delle modalità in modo tale che nessuno avrebbe potuto soccorrerlo. E così accade pochi giorni dopo. È sabato e Francesco è tranquillo sotto al grande leccio dell’agriturismo di famiglia. Un posto bellissimo, il migliore per curarsi, gli amici vanno a trovarlo e tutto sembra tranquillo. Da una settimana esprime tutta la volontà di stare bene, di portare avanti gli impegni presi (il lunedì avrebbe dovuto iniziare delle lezioni di disegno, era diplomato al liceo artistico, uno studente modello, un artista a 360 gradi.

La stazione

Saluta gli amici per trascorrere il resto del pomeriggio con il fratello in un locale di Marina di Bibbona, dove incontra e saluta ulteriori amici. Infine decide di trascorrere la serata al bar della Stazione. La famiglia e gli amici tentano invano di dissuaderlo ma lui è tranquillo e rassicura tutti «Resto qui a fare due chiacchiere», dice. E lo fa per tutta la sera fino a tardi, continuano le telefonate con gli amici e i familiari e lui è ancora li alla stazione, tranquillo a parlare con gli amici, senza mostrare segni di squilibrio. A un amico manda un vocale dicendogli «vado a prendere l’autobus e torno a casa». Ma non lo farà. Il bar della stazione chiude, gli amici se ne vanno, non c’è più nessuno che possa disturbarlo. Assume il cocktail micidiale e aspetta la morte che sopraggiungerà di li a poco. Alle 5,30 del mattino non lo trovo in casa, lo chiamo al telefono e risponde la ragazza che, recandosi alla stazione, lo trova privo di vita.

Ragazzi dimenticati

Oggi piangiamo mio figlio. Ma quanti ragazzi abbandonati a se stessi abbiamo nel nostro territorio. Oggi nessuno si assume più una responsabilità, al Serd affidano flaconi di farmaci per tutta la settimana a persone che non sanno autoregolarsi, che tentano il suicidio più volte assumendo questi massivamente, adottando comportamenti autolesionistici e antisociali e lo psichiatra non gli convalida un Tso.

Grazie alle associazioni

Le associazioni sul territorio lavorano senza l’aiuto di nessuno. Voglio ringraziare la dottoressa Maria Cercignani e Manuela Salvadori, che hanno accolto Francesco nel Club di ecologia sociale (Acat) dove trattano i problemi legate alle dipendenze, in particolare quelle dall’alcool, e anche l’associazione “Per Mano” legata alla Comunità di San Patrignano, che a Cecina è coordinata da Valentina Vitone. Associazioni, queste, che con le proprie forze, senza risorse esterne rilevanti, combattono quotidianamente il mostro della dipendenza che affligge molte famiglie. Famiglie di cui nessuno parla più, dipendenze di cui nessuno parla più, morti di cui nessuno parla più. La televisione e la stampa si sono dimenticati della droga, dell’alcolismo e di tutte le tragedie che ne conseguono. Come quella di Francesco, caduto nella dipendenza a causa di un disturbo psichiatrico che solo grazie ad un Tso oggi avremmo potuto avere ancora qui. Ora il mio impegno si rivolge ai ragazzi in difficoltà che possono ancora uscire da questo incubo. Domani (oggi, ndr) verrà eseguita l’autopsia sul corpo di Francesco e i funerali sono fissati per venerdì alle 15,30 nella Chiesa di Santa Maria della Pietà».

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