Il Tirreno

Versilia

L’intervista

Forte, Jerry Calà: «Vi racconto i miei 40 anni di libidine alla Capannina»

di Cristina Bulgheri
Jerry Calà sul palco con il figlio Johnny
Jerry Calà sul palco con il figlio Johnny

Lo showman racconta il legame con Gherardo Guidi e il locale del Forte: «Fa parte della mia famiglia, ogni spettacolo che faccio qui mi migliora»

26 luglio 2024
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FORTE DEI MARMI. Ci sono incontri occasionali, che avvengono per questioni strettamente lavorative e come tali si esauriscono; ci sono incontri poi, che finiscono per trasformarsi in sodalizi e vanno oltre, sconfinando nella sfera dell’affetto e dell’amicizia, fino a diventare “fratellanza”. Passa da qui il legame che da oltre 40 anni unisce Calogero Alessandro Augusto Calà, in arte Jerry, a Gherardo Guidi, patron della Capannina. Da quei primi anni Ottanta, quando le porte del locale si aprirono, all’inizio senza neanche grande convinzione, alla troupe di Carlo Vanzina per girare “Sapore di mare”. Un rapporto che si è consolidato nel tempo.

Fu quello il primo incontro con Gherardo Guidi?

«Sì, fu proprio in quell’occasione. Mi ricordo che Gherardo era scettico circa l’idea di ospitare le riprese del film; era molto geloso del suo locale, forse spaventato da un eventuale successo o insuccesso della pellicola. Mi dissero che ci volle un po’ a convincerlo. Alla fine accettò e, vista la grande opportunità che “Sapore di mare” ha rappresentato per la Capannina e Forte dei Marmi, se non lo avesse fatto, avrebbe avuto di che pentirsi».

Non da subito ma, passato qualche anno, la sua presenza in Capannina è diventata un appuntamento fisso...

«Tutto è nato più di venticinque anni fa da un’idea dello stesso Gherardo, che aveva un’orchestra che lavorava spesso alla Capannina. Seppe che questi musicisti accompagnavano i miei live, così parlò con il capo orchestra e gli propose di organizzare una serata con me e di intitolarla “Sapore di mare” in ricordo della popolarità del film. Ed è andata bene. Il pubblico ha risposto subito e in un paio di estati la mia serata in Capannina è diventata un must. Anzi all’epoca facevamo due serate alla settimana: il mercoledì e il venerdì. Erano tempi ricchi quelli. Anno dopo anno è stato un successo crescente. E devo dire che ancora oggi quando apro quella porticina che immette al palco e sento il calore delle persone che mi applaudono e mi vogliono bene, per me è sempre commovente. Ciò mi ripaga di tante ansie e i sacrifici che questo lavoro richiede».

Un lavoro che lei declina su molti fronti: attore, regista, sceneggiatore, doppiatore, cantante, showman. Chi più ne ha, più ne metta...

«Effettivamente non mi faccio mancare niente. In realtà tutto ciò è possibile perché appartengo a quella generazione di artisti che questo lavoro lo hanno studiato da giovani e hanno fatto tanta gavetta, imparando a fare tutto o quasi tutto, quello che c’è da fare nel mondo dello spettacolo. Ho iniziato col cabaret, la musica, poi il cinema, poi ho voluto sperimentare anche la regia. Andiamo avanti così, spero».

In quale di queste sfaccettature del mestiere si sente più a suo agio?

«Sono aspetti abbastanza diversi: certo l’adrenalina che dà lo spettacolo dal vivo è impagabile. Sentire gli applausi e le risate dà gioia, dà carica. La magia del cinema però non è da meno: soprattutto quando dirigi un film, creando la pellicola inquadratura per inquadratura e poi vai in sala a rivedere la tua storia, osservando il pubblico come reagisce, devo dire che è altrettanto affascinante e gratificante».

Torniamo alla Capannina e al rapporto con Guidi: come è cresciuto, come si è consolidato nel tempo?

«È un rapporto familiare: quando mi sono sposato, ho trascorso la luna di miele al Forte offerta da Gherardo Guidi. Fa parte della mia famiglia, della mia vita, mi ha visto crescere artisticamente e invecchiare. Devo dire che la Capannina mi migliora. Noto che in ogni spettacolo che faccio in questo locale mi impegno a dare sempre di più. Siccome ci vado spesso cerco sempre di cambiare e innovarmi».

Secondo lei quale è “l’ingrediente segreto” della Capannina? Che cosa la rende così speciale?

«Il segreto è stato quello di non averla mai cambiata. I miti vanno lasciati intatti. Gherardo Guidi la tiene benissimo, ma non ne modifica la struttura portante, le caratteristiche di base. Mantenere il locale come era in origine: questo è un punto fermo. Poi c’è un’atmosfera speciale che si crea dentro: sarà lo spazio, la propensione verso l’alto; sarà il colore; sarà il legno. Sarà il profumo della storia che si annusa in ogni angolo perché ogni artista che vi ha lavorato ha lasciato una scia particolare. È un locale dove si è creata sempre una bella magia».

E stasera la Capannina ospiterà il suo show “Una vita da libidine” che sta portando in giro in questi mesi...

«Sì, è uno spettacolo che è anche un po’ autobiografico. Racconto la musica che mi ha accompagnato sia come colonna sonora dei miei film che della mia vita. Parto dai cantautori con i quali sono cresciuto, tipo Lucio Battisti, ai successi che si cantavano in pullman quando si andava in gita a scuola. Poi creo un bel momento, recuperando il lento: spiego ai ragazzi come s’invitavano le ragazze a ballare, stringendole a sé e in quel contesto inserisco monologhi».

È prevista una seconda data per una serata altrettanto speciale...

«Sì quella del 18 agosto, giorno del compleanno della Capannina, oltre a me ci saranno altre sorprese, altri ospiti e una madrina, il cui nome però è ancora top secret».
 

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