Il Tirreno

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Grande distribuzione

L’Ispettorato del lavoro: «Irritante il prodotto per la pulizia delle casse». Il caso di una lavoratrice in gravidanza

di Donatella Francesconi
Il supermercato Esselunga di Viareggio
Il supermercato Esselunga di Viareggio

Succede al supermercato Esselunga di Viareggio: l’azienda ha fatto ricorso al Tar del Lazio

23 luglio 2024
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VIAREGGIO. Il prodotto utilizzato per disinfettare il nastro di cassa, a base alcolica, è «irritante e può provocare sonnolenza e vertigine», in ragione del probabile «superamento della barriera emato-encefalica dopo assorbimento per via inalatoria». È l’esito di un controllo congiunto compiuto da Ispettorato del lavoro di Lucca-Massa Carrara e Asl al supermercato Esselunga di Viareggio. Dove l’azienda – che interpellata dal Tirreno ha scelto di non rilasciare dichiarazioni – aveva destinato proprio all’operazione di cassa per il 50% del turno lavorativo (e per il restante 50% al rifornimento leggero scaffali) una dipendente in gravidanza. Esselunga ha fatto ricorso al Tar del Lazio contro l’esito del controllo e la conseguente decisione di interdire dal lavoro la dipendente fino a sette mesi dopo il parto,

L’Ispettorato del lavoro – scrivono i giudici della sezione Quinta Ter del Tar del Lazio nel respingere il ricorso di Esselunga – «preso atto della frequenza dell’uso (in un contesto notorio, qual è quello della trascorsa emergenza epidemiologica da Covid-19), della persistenza olfattiva del prodotto anche in caso di utilizzo di “maschere facciali FFP2”, nonché della mancata fornitura da parte del datore di lavoro di maschere diverse da quelle chirurgiche, ha ritenuto che non fosse potenzialmente “irrilevante” l’esposizione degli addetti alla cassa a rischio chimico».

Tale valutazione, si legge ancora nella sentenza, «non risulta irragionevole né appare scalfita dalle argomentazioni esposte nel ricorso e dalla perizia depositata da parte ricorrente. Non appare rilevante, invero, la circostanza che il prodotto in questione potesse essere utilizzato anche nella propria abitazione dalla donna in questione. Atteso che la ricorrente (Esselunga, ndr) non ha fornito la prova che l’eventuale utilizzo casalingo del prodotto fosse paragonabile, per frequenza, a quello effettuato, di norma, dall’addetto alla cassa di un esercizio commerciale della grande distribuzione del settore food nel periodo storico in questione».

I giudici inoltre ricordano: «L’astensione dal lavoro nel periodo post partum è mezzo per garantire il pieno esercizio di diritti costituzionalmente riconosciuti quali quello alla maternità della lavoratrice in costanza del rapporto di lavoro (articolo 37 della Costituzione) e quello alla tutela della salute della puerpera e della prole (articolo 32 della Costituzione)». Senza dimenticare che «le norme che disciplinano le misure di tutela della salute delle lavoratrici durante il periodo di puerperio vanno pertanto interpretate in maniera costituzionalmente orientata e, segnatamente, in linea con il principio di prevenzione sanitaria e con quello di precauzione».


 

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