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Pietrasanta, bagnino colpito da legionella. Negative le analisi per il bagno. L’esperto: «Ecco dove si nasconde il batterio»

di Donatella Francesconi

	(foto d'archivio)
(foto d'archivio)

L’Asl ha effettuato controlli anche nella abitazione. L’ingegnere chimico Giovanni Casiello: «Resiste anche alla disinfestazione, attenzione alle nuvole di acqua spruzzata». Il caso dei 5 turisti a Forte dei Marmi

19 luglio 2024
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VIAREGGIO. Infezione da “Legionella pneumophila” per un bagnino della spiaggia di Pietrasanta. La malattia – è bene ricordarlo – non si trasmette da persona a persona. Gli addetti dell’Azienda sanitaria Toscana Nord Ovest hanno effettuato analisi sia nello stabilimento balneare dove il bagnino lavora, che nell’abitazione dello stesso assistente bagnanti. E le analisi allo stabilimento balneare sono risultate negative.

«Prima il batterio “Legionella pneumophila” non si cercava, ed erano tutte polmoniti e basta», spiega l’ingegnere chimico Giovanni Casiello, che è anche consulente di Cna provinciale: «Da due anni a questa parte c’è stata esplosione di casi, perché oggi in mezz’ora i medici individuano il batterio».

Del quale Casiello parla nel dettaglio, ponendo a chi lo ascolta più di un dubbio sull’acqua con la quale veniamo in contatto quotidianamente. A iniziare dal fatto che il batterio in questione ha la proprietà di nascondersi molto bene. Dove è presto detto: «Nei tubi incrostanti soprattutto se si tratta di tubazioni vecchie, arrugginite. E in quelle tubazioni dove l’acqua rallenta ed è facile che le tubazioni si incrostino. Con la conseguenza che si forma il biofilm che anche con il cloro a dosaggi medio-alti è difficile da eradicare». Come nascosta in una caverna che è il biofilm. Prima bisogna pulire con una soluzione specifica e poi cloro è efficace. Biofilm che è una aggregazione complessa di microrganismi contraddistinta dalla secrezione di una matrice adesiva e protettiva, e spesso anche da adesione a una superficie. «Un ambiente che funge da “caverna” in cui stare nascosto per il batterio della legionella», continua l’ingegnere chimico. Quindi, per rimettere in funzione le tubature ed essere sicuri che non siano veicolo dell’infezione, «bisogna pulire con una soluzione specifica, e solo dopo il cloro è efficace».

Alla domanda su quali azioni mettere in atto quando si hanno strutture pubbliche (hotel, camping, stabilimenti balneari, palestre e altro) Casiello risponde: «L’acqua stagnante è sempre pericolo di proliferazione del batterio. Se una doccia è rimasta a lungo ferma, bisogna aprirla per tempo e far scorrere acqua calda e acqua fredda per un quarto d’ora per svuotare tutto l’accumulo. E se è necessario verificare aereatori e soffioni delle docce».

Tra ciò che è bene sapere ci sono anche le informazioni rispetto alle temperature dell’acqua: «Fino a 20 gradi il batterio della legionella non si moltiplica. Tra i 40 e i 55 gradi è il suo habitat naturale. Oltre i 60 gradi la legionella non si moltiplica». Ma poiché è impossibile farsi una doccia con acqua a 70 gradi, gli impianti – anche quelli degli stabilimenti balneari – dovrebbero essere dotati di «terminali di miscelazione, installati nel muro prima del rubinetto, che fanno in modo che l’acqua non esca a più di 40 gradi».

Nell’estate in corso che vede esploso sulle spiagge della Versilia il “caso docce”, insomma, decisamente meglio la doccia fredda in riva al mare, appena terminati i tuffi e le nuotate.

Il batterio della legionella si annida anche negli impianti di areazione e perfino – lo sottolinea l’ingegnere Giovani Casiello – in quelle nuvole di acqua spruzzata su alcuni bus turistici o in alcuni bar per ottenere l’effetto refrigerante: «Se c’è la legionella è la situazione perfetta affinché il batterio arrivi nei polmoni. E le casistiche ci dicono il batterio si annida anche nelle fontane, nell’idratazione dei giardini, e negli idromassaggi».

C’è una vicenda, ancora sospesa all’attenzione dei magistrati della Procura di Lucca: cinque turisti francesi che si sono ammalati, in maniera pesante, mentre erano in vacanza, ospiti in un hotel di Forte dei Marmi. Il fascicolo a carico dei gestori dell’hotel è stato aperto per lesioni gravi colpose. E poteva anche andare peggio visto quanto sono stati male i cinque turisti, non giovanissimi. Ma l’albergo, esaminato da cima a fondo, non ha dato traccia di presenza del batterio. E, allora, il dubbio: dov’è che 5 turisti dello stesso gruppo di vacanzieri può essere stato in contemporanea, al punto di ammalarsi tutti insieme? Nel bus. Dotato proprio del sistema di aerazione a spruzzo. L’ultima parola sarà quella della Procura di Lucca. Ma è un esempio evidente di quanto sia complesso il tema infezione da “Legionella pneumophila”. 


 

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