Parte la maxi-richiesta danni per le protesi d’anca al cobalto
Saccardi, assessore regionale alla sanità: azione legale contro le aziende produttrici degli impianti. «Escluse conseguenze gravi sulla salute dei pazienti, ci siamo mossi appena saputo dei rischi»
VIAREGGIO. La Regione chiederà i danni per le migliaia di protesi d’anca al cobalto impiantate sui pazienti toscani, 250 dei quali all’ospedale Versilia, tra il 2003 e il 2011. Perché studi medici hanno dimostrato che quelle stesse protesi possono essere dannose per la salute. Anche se – afferma l’assessore regionale alla sanità Stefania Saccardi – «ci sentiamo di escludere conseguenze gravi sulle persone che le hanno ricevute». L’azione legale sarà contro le aziende produttrici delle protesi e si annuncia imponente, visto che la Toscana ha già stanziato una cifra «tra i 900.000 euro e il milione per fare il richiamo sanitario dei pazienti interessati», spiega l’assessore. Per questo motivo, ma non solo, la Regione «non è che può chiedere i danni: deve farlo», sottolinea Saccardi.
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La questione protesi. Le protesi all’anca al cobalto erano finite nel mirino già nel 2012. Ma si trattava di un modello specifico, quello realizzato dalla casa De Puy, ritenuto difettoso e ritirato. In Versilia, così come nel resto della Toscana, le cosiddette protesi metallo-metallo (cromo-cobalto) sono state utilizzate solo dal 2003 al 2011: la decisione di non impiantarle più era legata a motivazioni tecniche, perché si ritenevano migliori e più efficienti i prodotti ceramica-metallo. Cioè quelli usati oggi per gli interventi di chirurgia protesica. Nel frattempo, parliamo degli anni 2015-16, sono emersi studi scientifici realizzati da medici ortopedici. Dove si parla di rischi per la salute dovuti alla conformazione stessa dell’impianto metallo-metallo, definito anche Mom. Che provoca, in alcuni casi, un’infiammazione simile a una carie dell’osso. Ma anche altri guai, dovuti al rilascio dei metalli (cromo e cobalto) nel sangue. Il timore è che questi elementi possano provocare danni all’organismo, fino all’insorgere di tumori benigni. Anche se al momento la cosiddetta letteratura medica esclude una correlazione tra patologie tumorali e le protesi Mom impiantate.
I rischi. L’assesspre regionale Saccardi, a questo proposito, tende ad escludere «conseguenze gravi sulla salute provocate da questi impianti. Questo non significa che il problema non ci sia, altrimenti non avremmo fatto il richiamo sanitario. Il nostro obiettivo è garantire al massimo la sicurezza dei pazienti ed è per cautela che ci stiamo muovendo, tra l’altro i primi a livello nazionale assieme alla Regione Emilia-Romagna».
Smentiti i ritardi. E sui tempi di reazione della Regione? La pericolosità di queste protesi al cobalto sarebbe emersa già da due anni. «Ma io non credo che abbiamo perso tempo – afferma Saccardi – bisogna considerare che siamo venuti a sapere dei rischi di questi impianti grazie a studi recenti di medici ortopedici. Gli accertamenti sui potenziali danni o difetti delle apparecchiature sono sempre più accurati e hanno riguardato anche altre questioni in sanità: è successo, ad esempio, per un reagente in esami ematologici. Appena siamo venuti a conoscenza del problema abbiamo agito; non era possibile fare altrimenti. Se avessimo avuto prima informazioni in questo senso, è ovvio che non avremmo mai acquistato questi impianti. Così come non li avrebbero acquistati altre Regioni. Ci siamo mossi, quindi, con tempi che definirei fisiologici».
Ora i richiami. In Versilia saranno richiamate circa 200 delle 250 persone con protesi al cobalto, perché le altre cinquanta sono già state sottoposte a controlli. I richiamati dovranno fare una visita ortopedica con una valutazione dei dolori e del rumore articolari. Poi dovranno sottoporsi a un esame, la “ionemia”, che serve ad accertare la presenza di cobalto e cromo nel sangue. Verranno eseguite anche radiografie ed ecografie dell’anca. Nel caso in cui si accerti la presenza di un problema verrà eseguita anche la risonanza magnetica. Tutte le prestazioni saranno a ticket zero per il paziente. I soldi li metterà la Regione. In attesa di chiedere il risarcimento alle aziende produttrici delle protesi finite nel mirino.