Giustizia: C. Appello Milano, processo dura meno di un anno, cresce Codice rosso
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Milano, 27 gen. (Adnkronos) - Mancano toghe e personale, ma la giustizia nel Distretto della corte d'Appello di Milano sa rispondere con risultati "ampiamente positivi" con riduzione delle pendenze finali e con indici - di ricambio, smaltimento e durata - "senz'altro soddisfacenti". Lo sostiene Giuseppe Ondei, presidente della Corte d’appello di Milano in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario. Nel settore civile il tempo che occorre per definire mediamente una causa è passato da 276 a 224 giorni contro i 533 giorni nazionali. Stabile la percentuale della tenuta delle sentenze civili pronunciate dalla Corte di Appello: solo il 4,4% è stato oggetto di un giudizio di riforma in Cassazione. "Questo prova ancora una volta la particolare attenzione che viene data alla qualità della giurisdizione". Anche nel primo grado di giudizio i dati mostrano risultati positivi, con una contrazione delle pendenze e un mantenimento della risoluzione di una causa: circa 260 giorni, "nettamente inferiore sia ai tre anni indicati legislativamente come termine di ragionevole durata del processo, sia al dato nazionale, pari a 453 giorni". Si aggrava, invece, la situazione già critica della sezione immigrazione del Tribunale di Milano a causa "dell'impressionante aumento delle procedure in materia di protezione internazionale e di asilo politico: qui si rischia ogni anno di fare la riproposizione dell'identico, le sopravvenienze in materia di immigrazione sono aumentate anche quest'anno del 100%, con conseguente incremento delle pendenze finali e del disposition time, che ha raggiunto la soglia preoccupante dei tre anni” sottolinea Ondei. La questione “è delicatissima: se il legislatore non interviene in tempi brevi, per la trattazione di queste cause, indicate come prioritarie, si arriverà a dover distogliere un numero elevato di magistrati dall'esercizio della giurisdizione ordinaria - quella che interessa tutti i cittadini comuni - con conseguente rilevante aumento dei tempi di giustizia". Sul fronte penale anche quest'anno la maggior parte dei procedimenti riguarda i reati contro il patrimonio (rapine, furti ed estorsioni), in “preoccupante” aumento (dal 29% al 35% di tutti i procedimenti), seguiti dai processi per i reati-spia indicati dal codice rosso “come quelli relativi alla libertà sessuale, ai maltrattamenti in famiglia e agli atti persecutori (pari al 10% del totale)” e di violenza contro le persone, in aumento dal 7% all'8% del totale. In crescita anche i processi contro la Pubblica amministrazione (pari al 7% del totale) in “netta diminuzione”, invece, i processi relativi ai reati fiscali (-5%). Sia in appello che in primo grado i tempi si sono “ulteriormente ridotti: la corte presenta un disposition time di 224 giorni” con tutti i tribunali del Distretto “ampiamente sotto l'anno, tranne Varese che si trova a 947 giorni ma che è in netta ripresa, dal momento che presenta una riduzione del 42% rispetto al 2019”. Con riguardo al secondo grado di giudizio, il 96% dei procedimenti pendenti è stato iscritto nel biennio 2022-2023 e il 99% nel triennio 2021-2023. Le sentenze che hanno definito il giudizio con la prescrizione sono pari al 6% di tutte le definizioni della Corte. Nel primo grado di giudizio c'è stata, nell'ultimo anno giudiziario, un'inversione di tendenza, dal momento che per la prima volta, dopo un triennio, si è registrata una diminuzione delle sopravvenienze (-8%) e un aumento delle definizioni (+15%) con conseguente riduzione delle pendenze dell'11%. Continuano, però, “ad essere in difficoltà” gli Uffici gip e gup sulla cui funzionalità “si fonda principalmente la positiva realizzazione della cosiddetta riforma Cartabia”. I dati statistici evidenziano ancora la persistenza del fenomeno “anomalo” della percentuale delle sentenze assolutorie pronunciate dai giudici del dibattimento (al Tribunale di Milano la percentuale si avvicina al 32%), mentre con riguardo all'utilizzo dei riti alternativi “purtroppo non si ravvisa alcuna variazione significativa in aumento, a parte un leggero incremento del ricorso al rito abbreviato”. Per quanto attiene, invece, all'applicazione da parte del pubblico ministero e del gup del parametro della "ragionevole previsione di condanna" introdotto dalla riforma Cartabia, gli Uffici affermano “in prevalenza che esso sembra essere divenuto criterio legale per le richieste di archiviazione e per le sentenze di non luogo a procedere in ragione dell'aumento del numero dei due provvedimenti indicati”. Infine si registra “con soddisfazione” che l'ampliamento dell'ambito di operatività della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto si è tradotto in un “promettente strumento deflattivo anche se non si può ignorare il rischio che in tal modo venga lasciata in capo al giudicante una discrezionalità troppo ampia” conclude il presidente Ondei.